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Urbino (Urbìn in dialetto gallo-piceno[4]) è un comune italiano di 13 919 abitanti[1] della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche.[5]

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Urbino (disambigua).
Urbino
comune
Urbino – Veduta
Urbino – Veduta
Localizzazione
Stato Italia
Regione Marche
Provincia Pesaro e Urbino
Amministrazione
SindacoMaurizio Gambini (centro-destra) dal 9-6-2014 (2º mandato dal 27-5-2019)
Data di istituzioneXII secolo
Territorio
Coordinate43°43′30.86″N 12°38′13.92″E
Altitudine485 m s.l.m.
Superficie226,5 km²
Abitanti13 919[1] (30-6-2022)
Densità61,45 ab./km²
Frazionivedi elenco
Comuni confinantiAcqualagna, Fermignano, Fossombrone, Isola del Piano, Lunano, Mondaino (RN), Montecalvo in Foglia, Montefelcino, Montelabbate, Peglio, Pesaro, Petriano, Piandimeleto, Sant'Angelo in Vado, Sassocorvaro Auditore, Tavoleto, Urbania, Vallefoglia
Altre informazioni
Cod. postale61029
Prefisso0722
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT041067
Cod. catastaleL500
TargaPU
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[2]
Cl. climaticazona E, 2 545 GG[3]
Nome abitantiurbinati
PatronoSan Crescentino
Giorno festivo1º giugno
Cartografia
Urbino
Urbino – Mappa
Urbino – Mappa
Posizione del comune di Urbino nella provincia di Pesaro e Urbino
Sito istituzionale

Fu uno dei centri più importanti del Rinascimento italiano, di cui conserva appieno l'eredità architettonica. Dal 1998 il suo centro storico è patrimonio dell'umanità UNESCO. Data la sua importanza, la città è ricordata nella serie di sculture del Vittoriano, dedicate alle quattordici città nobili dell'Italia unita.[6]


Geografia fisica



Territorio


(FR)

«Urbin.....sur le haut d'une montaigne de moïene hautur, mais se couchant de toutes parts selon les pantes du lieu, de façon qu'elle n'a rien d'esgal, e partout il y a à monter e à descendre.»

(IT)

«Urbino.....in cima a un monte di media altezza, ma adagiantesi da ciascun lato secondo ogni piega del pendio, di modo che non ha nulla su un medesimo piano e dovunque si deve salire e scendere»

(Michel de Montaigne, Journal de Voyage en Italie / Giornale di Viaggio in Italia, 1581)

Il territorio si estende in area collinare, sulle ultime propaggini dell'Appennino settentrionale, nella zona meridionale del Montefeltro. Il territorio comunale, il secondo più esteso della regione Marche dopo Fabriano, include anche un'exclave, identificabile nella Via Fosso del Razzo, compresa tra i comuni di Vallefoglia, Pesaro, Montefelcino, Petriano e l'exclave di Montelabbate.


Clima


Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Urbino Osservatorio "Serpieri".
URBINO Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) 6,67,410,914,619,624,227,126,222,116,211,37,87,315,025,816,516,2
T. min. media (°C) 0,41,13,66,410,214,416,916,513,59,04,81,61,06,715,99,18,2
Precipitazioni (mm) 545969677058466969889966179206173256814
Giorni di pioggia 8899974669992527172493
Eliofania assoluta (ore al giorno) 3,23,74,45,97,28,410,59,07,24,62,92,83,25,89,34,95,8
Vento (direzione-m/s) SW
4,9
NE
4,5
SW
4,8
SW
4,5
SW
4,2
SW
4,0
SW
4,0
NE
3,6
SW
3,7
NE
3,9
SW
4,7
SW
5,1
4,84,53,94,14,3

Sismicità


L'intero territorio comunale di Urbino si sviluppa in un'area classificata a rischio sismico medio-alto. Nel database dei terremoti elaborato dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sono segnalati ben 65 eventi sismici che hanno interessato il comune di Urbino tra il 26 marzo 1511 e il 26 marzo 1998. Tra essi, le scosse più forti sono state quella dell'VIII grado della Scala Mercalli del 24 aprile 1741 che ebbe l'epicentro nel Fabrianese (dove raggiunse i 6,08 della Scala Richter e il IX grado della Mercalli), quella del VII grado della Scala Mercalli del 23 giugno 1781 che ebbe l'epicentro nel Cagliese (dove raggiunse i 6,23 della Scala Richter e il IX-X grado della Mercalli), quella del VII grado della Scala Mercalli del 21 settembre 1897 che ebbe l'epicentro in mare nell'Adriatico centrale e quella del VI-VII grado della Scala Mercalli del 12 marzo 1873 che ebbe l'epicentro nelle Marche meridionali (dove raggiunse i 5,88 della Scala Richter e l'VIII grado della Mercalli); sono state inoltre registrate nello stesso periodo analizzato ben nove diverse scosse telluriche che a Urbino hanno raggiunto il VI grado della Scala Mercalli.[7]


Origini del nome


Il nome Urbino (Urvinum Metaurense o Mataurense in latino) è d'incerta origine: secondo alcuni[8] Urvinum (o Urbinum) deriverebbe dal sostantivo Urvum (o Urbum), che designava il manico dell'aratro, alla cui forma assomigliava la collina del Poggio (sulla quale vi era il primitivo nucleo della città)[9]; mentre il termine Metaurense deriva ovviamente dal fiume Metaurus (o Mataurus), per distinguerla da un'altra città omonima nella medesima regione augustea, Urvinum Hortense, il cui nome pare che derivasse anch'esso dalla conformazione del terreno su cui era stata eretta quest'ultima città. Secondo un'ipotesi alternativa il toponimo Urbino deriverebbe invece dal latino urbs-urbis ('città') e farebbe riferimento alla sua natura di città doppia (urbs bina), perché sviluppatasi su due colli. Un'altra ipotesi sostiene che il nome abbia un'origine preindoeuropea.[10]


Storia



Antichità e Medioevo


Resti della Porta Belisari di epoca medievale
Resti della Porta Belisari di epoca medievale

Nel 90 a.C. la lex Julia concesse la cittadinanza romana agli Umbri, uno tra i pochi popoli alleati a non aver aderito alla Lega italica; fu in quel periodo che, per consentire ai nuovi cittadini di poter beneficiare dei diritti acquisiti, i principali centri umbri al di qua degli Appennini vennero trasformati in municipia: Urvinum Metaurense venne aggregato alla cittadinanza con l'iscrizione alla tribù Stellatina[11]. Pur citata da diversi autori latini, la città non è stata protagonista di alcun episodio storico importante nell'età antica (se si esclude l'esecuzione di Fabio Valente nel 69 d.C., che contribuì a indebolire ulteriormente il fronte vitelliano). Il primo avvenimento storicamente rilevante risale a dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, quando, durante la Guerra gotica del VI secolo, venne conquistata dalle truppe imperiali comandate da Belisario nell'inverno del 538, costringendo alla resa la guarnigione ostrogota guidata da un certo Moras. Nel 542 la città fu però riconquistata dai Goti, che con il re Totila erano passati alla riscossa, salvo poi tornare in mani imperiali con la definitiva sconfitta gota.

In età bizantina (dal VI all'VIII secolo) fece parte della Pentapoli annonaria (o montana), suddivisione dell'Esarcato d'Italia. Dovette diventare sede vescovile molto presto, ma il primo vescovo di cui conosciamo il nome (Leonzio) visse all'epoca di Gregorio Magno. Fu brevemente occupata dal re longobardo Liutprando e poi nuovamente da Astolfo; il re dei Franchi Pipino il Breve incluse Urbino fra i territori sottratti ai Longobardi da lui ceduti nel 754 al Patrimonio ecclesiastico (Promissio Carisiaca). Comunque, il dominio pontificio fu per diversi secoli puramente formale e non effettivo, e per di più fu contrastato dall'Impero, anch'esso rivendicante (e detenente) il controllo della zona (malgrado gli imperatori avessero più volte riconfermato - nel 781, 817, 962 - la donazione dell'area alla Chiesa). Nel corso del XII secolo le tradizioni indipendenti e autonome dell'antico municipio si espressero nell'istituzione della forma di governo comunale, come avvenuto nel resto dell'Italia centro-settentrionale. Secondo alcune fonti, nel 1155 il Barbarossa concesse brevemente Urbino in vicariato imperiale al conte Antonio di Montefeltro; tuttavia, gli storici attuali ritengono che tale Antonio non sia mai esistito e che la sua figura sia stata inventata nel XIV secolo (durante il governo di Antonio da Montefeltro) per dare un fondatore alla casata e giustificare il dominio feretrano su Urbino (proiettandolo quasi un secolo prima del suo effettivo inizio).[12][13]


La signoria dei conti di Montefeltro


Nel 1202 il comune cadde sotto l'influenza di Rimini, che perseguiva una politica di espansione e di egemonia nella zona; prova di questa dipendenza è che Urbino mandò milizie in aiuto dei Riminesi nella loro guerra contro Cesena (1216). Nel 1226 (ma secondo alcune fonti già nel 1213[13]) l'imperatore Federico II concesse Urbino in vicariato ai conti di Montefeltro (Buonconte e Taddeo) ma, vista l'ostilità degli Urbinati, tale ingiunzione imperiale rimase momentaneamente lettera morta. Per sbloccare la situazione, i due feretrani si sottomisero, coi loro feudi, al comune di Rimini, ottenendone la cittadinanza (1228); con ciò speravano di ottenere l'appoggio riminese nelle loro pretese su Urbino. Quest'ultima, già sottomessa all'egemonia di Rimini, doveva contemporaneamente affrontare (oltre ai conti di Montefeltro) anche l'espansione tifernate nella Valmetauro, che gradualmente stava annettendo parti del contado urbinate. L'impotenza e la scarsa importanza di Urbino in quest'epoca è provata dal fatto che Rimini e Città di Castello siglarono un accordo con cui si spartivano il contado urbinate in aree di egemonia. Nel 1234 i Riminesi e i Montefeltro riuscirono ad ottenere l'appoggio del rettore imperiale di Romagna, Carnevalario di Pavia, costringendo Urbino ad accettare finalmente la signoria feltresca. Salvo alcune interruzioni (nel 1285-1294, 1322-1324, 1368-1375 e 1502-1503) tale signoria sarebbe durata fino all'estinzione della dinastia (nel 1508).

Nei secoli XIII e XIV i Montefeltro continuarono a mostrarsi fedeli alleati della parte imperiale. Il conte Guido fu capo dei ghibellini di Romagna (e in questo periodo comincia la secolare lotta coi Malatesta), diede a due dei suoi figli nomi in omaggio agli imperatori Hohenstaufen (Federico e Corrado), fu vicario regio nella Marca per conto di re Manfredi (anche se si ritirò a Urbino al momento della discesa angioina in Italia), sostenne la spedizione in Italia di Corradino (di cui fu vicario a Roma) e poi quella aragonese in Sicilia contro Carlo I d'Angiò (in quest'occasione sconfisse gli angioini a Forlì, nel 1282). Per tale motivo fallì il tentativo di pacificazione della Romagna voluto da Niccolò III e il nuovo papa Martino IV si decise a farla finita col conte di Montefeltro: Guido dovette affrontare le milizie papali e guelfe, che assediarono Urbino nel 1284. La città si arrese e Guido perse perciò il controllo di Urbino nel 1285 (la città per punizione fu privata del suo contado), venendo esiliato. Nel 1289 il conte Corrado di Pietrarubbia (capo di un ramo guelfo della famiglia feltresca, rivale di quello principale ghibellino), deluso per il fatto che dopo la cacciata di Guido non fosse stato nominato signore della città, cambiò schieramento e occupò per breve tempo Urbino, prima di essere rapidamente sconfitto dal rettore pontificio della Marca. Nel 1294 Guido riuscì a riottenere la signoria sulla città, sfruttando una ribellione scoppiata quattro anni prima contro il rappresentante papale e sventando un successivo assalto malatestiano; l'anno successivo ebbe dal nuovo pontefice Bonifacio VIII il riconoscimento del fatto compiuto, istituendo in città una sorta di co-dominio tra il potere papale e quello comitale.

Malgrado questa riconciliazione con la Santa Sede, la politica ghibellina fu ben presto ripresa dal figlio di Guido, Federico (uno dei principali capi della lega ghibellina degli Amici della Marca), tanto che papa Giovanni XXII bandì una crociata contro di lui; nel 1322 gli Urbinati (esasperati dalle distruzioni e dalle difficoltà causate dalla politica del loro signore) si ribellarono e uccisero il conte. L'anno seguente Nolfo, figlio di Federico, riprese però la lotta e nel 1324 riuscì a recuperare il controllo della città con un colpo di mano e a sconfiggere sanguinosamente le truppe guelfe malatestiane. Nel 1334 Nolfo fece espellere da Urbino Speranza da Montefeltro, accordatosi segretamente coi Malatesta per divenire signore della città e passare dalla loro parte; sei anni dopo fallì un tentativo malatestiano di porre Speranza a Urbino come signore.

Nel 1355 i fratelli Nolfo ed Enrico (dopo aver assistito alla sconfitta inflitta alla ben più potente signoria malatestiana dal cardinal legato Albornoz) fecero atto di sottomissione a quest'ultimo, a Gubbio. Ricevettero in cambio la conferma della signoria feltresca su Urbino e Cagli (non in forma di vicariato, ma di "custodia", il che dava al legato pontificio un ampio potere nell'amministrazione cittadina, tra cui il diritto di nominare il podestà), ma dovettero rinunciare al castello di San Marino (di cui il legato riconobbe l'autonomia comunale dai conti di Montefeltro) troppo importante strategicamente. Impossibilitati a condurre una politica autonoma come all'inizio del secolo per via della presenza di un solido potere, i Montefeltro si mantennero fedeli al legato, conducendo anche, per conto di questo, alcune campagne contro dei riottosi signorotti dell'entroterra alto-marchigiano. Ma appena qualche anno dopo, ormai morto Albornoz, il nuovo legato Anglico de Grimoard soppresse la custodia civitatis feltresca, tramite il podestà da lui nominato, Enrico da Sessa. A nulla servirono le lamentele dei Montefeltro, che col conte Paolo si erano mantenuti sempre fedeli e che ora si vedevano sottrarre il potere. Scoppiata una nuova rivolta nell'Italia centrale (Urbano V aveva nel frattempo posto nuovamente la sede pontificia a Roma), alcuni nipoti di Nolfo (tra cui Antonio) tentarono di recuperare Urbino nel 1369, senza successo. Riuscirono in ogni modo a ottenere il perdono del nuovo papa Gregorio XI.

L'opera albornoziana (che era consistita nella restaurazione del dominio pontificio nell'Italia centrale e nelle Romagne in vista di un ritorno della sede papale a Roma) andò in gran parte distrutta negli anni seguenti, quando molti signori spodestati rientrarono in possesso dei loro vecchi domini. Le ribellioni e i disordini nei territori pontifici furono causate dall'esoso malgoverno ecclesiastico e favorite dai Fiorentini e da Bernabò Visconti, timorosi di un potere troppo forte del papa in Italia che avrebbe sconvolto gli equilibri (Guerra degli Otto Santi).[14]

Il 24 dicembre 1375 il conte Antonio da Montefeltro (nipote di Nolfo) con le armi della lega fiorentino-viscontea rientrò in Urbino (da cui era fuggito il vicario Filippo Corsini), venendone acclamato signore. Qualche tempo dopo occupò anche Cagli, venendo anche qui acclamato signore. Nell'alleanza del febbraio 1376 le città di Urbino e di Cagli partecipavano al patto col signore su piede di uguaglianza come compartecipi agli impegni ed agli oneri stipulati da lui, mentre egli agiva a nome delle terre che gli ubbidivano quale dominus e capo delle milizie. Il conte Antonio inflisse una serie di sconfitte a Galeotto Malatesta, alleato del papa, riuscendo, nel 1379, ad ottenere il riconoscimento da parte di Urbano VI della sua signoria su Urbino e Cagli, in forma nuovamente di vicariato e perciò con una sostanziale indipendenza. Negli anni successivi aggiunse al suo dominio anche Gubbio (1384) e Cantiano (1393), sempre a prezzo di scontri con i Malatesta e anche con la Repubblica fiorentina, ma potendo contare sul sostegno di Gian Galeazzo Visconti, poi duca di Milano. Con il governo di Antonio può ormai dirsi pienamente nato lo Stato di Urbino, attore importante nello scenario italiano del secolo successivo.[15]

Alla morte di Antonio nel 1404, il figlio Guidantonio (ormai da diversi anni reggente in vece del padre, residente stabilmente alla corte viscontea) gli subentrò nello Stato urbinate (Bonifacio IX gli confermò il vicariato) e nel consiglio di reggenza milanese. Essendo crollato momentaneamente il potere visconteo (dopo la morte di Gian Galeazzo nel 1402), Guidantonio si alleò con l'emergente re di Napoli Ladislao d'Angiò-Durazzo, da cui fu fatto connestabile; poi, caduto anche Ladislao (ed egli aveva contribuito alla sua caduta, passando allo schieramento pisano avverso), instaurò buoni rapporti con papa Martino V, di cui sposò la nipote Caterina Colonna. Dal papa colonnese Guidantonio fu fatto duca di Spoleto e ottenne il vicariato su Casteldurante e la concessione della rosa d'oro (onorificenza solitamente concessa solo ai re). Nel 1434 Urbino fu visitata da Sigismondo, imperatore dei Romani, re d'Ungheria e di Boemia, che creò cavalieri Guidantonio e suo figlio.[16]


Il periodo di Federico da Montefeltro


Lo stesso argomento in dettaglio: Rinascimento urbinate.

Guidantonio ebbe due figli maschi: uno naturale (Federico) e uno legittimo (Oddantonio); fu quest'ultimo che succedette al padre dopo la sua morte nel 1443. Nello stesso anno papa Eugenio IV gli concesse il titolo di duca d'Urbino, mentre Federico otteneva il riconoscimento pontificio della contea dei Brancaleoni (da lui ottenuta tramite il suo matrimonio con l'ultima erede di tale casata, Gentile). Entrambi i feltreschi in questo periodo sostenevano (continuando l'atteggiamento del padre Guidantonio negli ultimi anni) la politica di Eugenio IV, rivolta contro Francesco Sforza (che dieci anni prima era riuscito ad impadronirsi delle Marche, strappandole al papa) alleato dei Veneziani, dei Fiorentini e di Sigismondo Pandolfo Malatesta, mentre il duca di Milano Filippo Maria Visconti, il re di Napoli Alfonso V e il papa costituivano la coalizione antisforzesca. Mentre Federico si trovava a Pesaro (governata da un ramo cadetto dei Malatesta nemico di quello riminese) per difenderla da Sigismondo Pandolfo, a Urbino il giovanissimo fratellastro Oddantonio cadeva vittima di una congiura (21 luglio 1444) causata dal suo malgoverno e dalle sue stranezze. Non è chiaro se Federico fosse a conoscenza di tale congiura, ma in ogni caso ne ricavò un grande beneficio immediato, visto che gli Urbinati lo proclamarono nuovo signore (dopo avergli fatto firmare alcune clausole, le quali tra l'altro prevedevano l'impunità per i congiurati).[17]

Giunto al potere (senza il titolo ducale) Federico operò una decisiva svolta nella politica feltresca: approfittando del fatto che tra lo Sforza e Sigismondo Pandolfo i rapporti fossero tesi, abbandonò la coalizione antisforzesca per passare dalla parte dello Sforza (e il Malatesta di conseguenza passò all'altro schieramento). Grazie a questa svolta Federico riuscì subito (1445) a ottenere un importante guadagno territoriale per lo Stato urbinate, la città di Fossombrone (ceduta dal Malatesta di Pesaro). In questo periodo Urbino fu sicuro rifugio di Francesco Sforza, mentre i suoi domini marchigiani erano invasi dalle milizie nemiche. Nel marzo 1446 fu sventata una congiura contro Federico (i saccheggi posti in atto dalle milizie antisforzesche avevano infatti esasperato la popolazione).

Gli anni successivi videro nuovi intricati avvenimenti e ribaltamenti delle alleanze nella politica italiana (con lo Sforza che riuscì a ottenere il Ducato di Milano), ma in ogni caso Federico (militante sempre dalla parte sforzesca e per i Fiorentini) riuscì a ottenere dal nuovo papa Niccolò V (più incline alla pace d'Italia rispetto al predecessore) il riconoscimento del suo dominio come vicario pontificio (1447). Con la pace generale di Lodi nel 1454 Federico aveva notevolmente rafforzato la sua posizione e la sua reputazione nello scenario italiano, cui faceva da contraltare l'isolamento diplomatico in cui si era ritrovato l'avversario Sigismondo Pandolfo, inimicatosi al re di Napoli.[17]

Fu proprio a quest'ultimo che Federico si rivolse per tentare di distruggere per sempre la potenza dell'odiato nemico. Fu stipulata un'alleanza e nel 1457-1459 le milizie urbinati e napoletane attaccarono con successo il dominio malatestiano; malgrado la guerra sembrasse sul punto di concludersi con la vittoria dei feltresco-aragonesi il nuovo papa Pio II si intromise come mediatore, riuscendo a imporre una tregua stipulata a Mantova. Ma Sigismondo Pandolfo mandò a monte anche questo tentativo di pacificazione, intervenendo a fianco di Giovanni d'Angiò nella sua spedizione in Italia contro il re Ferrante d'Aragona. In tal modo si inimicò definitivamente tutti gli Stati italiani (favorevoli a Ferrante) e il papa nel 1460 lo scomunicò e lo dichiarò decaduto da tutti i suoi domini (che erano pur sempre sotto la formale autorità della Chiesa). Tale Guerra di successione napoletana si concluse, per ciò che concerne Urbino, con la vittoria di Federico (vincitore nella battaglia della Marotta e nell'assedio di Fano), l'ulteriore ampliamento del suo Stato (che inglobò la Valle del Cesano e altri territori di confine) e la riduzione del dominio malatestiano alla sola Rimini (1463). Si concludeva così la lotta, durata due secoli, tra lo Stato di Urbino a guida feretrana e la casa malatestiana.[17]

Nel 1474 Federico ottenne da papa Sisto IV il titolo ducale (già concesso un trentennio prima al fratellastro Oddantonio) e continuò a rimanere un attore importante delle vicende italiane: infatti Urbino intervenne stabilmente in tutti i conflitti della Penisola dal 1463 in poi (la battaglia della Molinella, la battaglia di Mulazzano, la ribellione di Volterra, la guerra seguita alla Congiura dei Pazzi e quella di Ferrara), sempre col proposito di mantenere l'equilibrio e di evitare l'ingerenza di potenze transalpine. Desiderio di Federico negli ultimi anni di vita fu di poter condurre le forze della Lega Italica in una crociata contro i Turchi.

Il periodo di governo di Federico segna l'apice della città di Urbino. Egli mise mano ai problemi politici impellenti e incominciò una riorganizzazione dello Stato, che prevedeva anche una ristrutturazione della città secondo un'impronta moderna, confortevole, razionale e bella. Tutti i suoi sforzi, nei quasi quarant'anni di governo, furono tesi a questo scopo che, grazie alle sue straordinarie doti unite a una notevole fortuna, arrivò a un soffio dalla piena realizzazione. Alla sua corte, Piero della Francesca scrisse sulla scienza della prospettiva, Francesco di Giorgio Martini scrisse il suo Trattato di architettura (concludendo i lavori di ristrutturazione del Palazzo Ducale avviati da Luciano Laurana), e il padre di Raffaello, Giovanni Santi, scrisse il suo resoconto poetico dei principali artisti del periodo. La corte brillante di Federico, attraverso le descrizioni di Baldassarre Castiglione ne Il Cortegiano, introdusse i caratteri del cosiddetto "gentiluomo" in Europa, che rimasero pienamente in voga fino al XX secolo.[18]


L'ultimo Montefeltro e la parentesi borgiana


Dalla seconda moglie Battista Sforza (figlia di Alessandro, signore di Pesaro e fratello del duca di Milano) Federico aveva avuto Guidobaldo, che gli succedette alla sua morte nel 1482. La politica urbinate continua in questo periodo ad appoggiare quella pontificia e Guidobaldo I partecipò alle varie guerre in cui si ritrovò coinvolto papa Alessandro VI (nella battaglia di Soriano del 1497, contro gli Orsini, fu anche fatto prigioniero).

Ciò non impedì comunque al figlio di Alessandro VI, Cesare Borgia, nel corso delle sue campagne di conquista (1499-1503) per ritagliarsi un proprio Stato con l'appoggio pontificio e francese, di occupare anche il Ducato di Urbino. Dopo aver chiesto rinforzi al duca per le sue imprese, fece rapidamente occupare dalle sue truppe Cagli e Fossombrone, costringendo Guidobaldo a fuggire da Urbino (giugno 1502). Il Borgia assunse il titolo ducale (e Urbino in quest'occasione subì la prima delle sue numerose spoliazioni), ma la sua nuova conquista fu subito messa in pericolo da una rivolta dei suoi condottieri (i "congiurati della Magione"), la quale permise a Guidobaldo di rientrare brevemente in possesso di Urbino (ottobre-dicembre 1502). Dopo aver liquidato i capitani ribelli (uccisi a tradimento a Senigallia), Cesare Borgia poté riottenere il Ducato; questo andrà perduto, insieme a tutte le sue conquiste, con la morte del padre pontefice e la successiva fine della sua fortuna (estate-autunno 1503). Il nuovo papa Giulio II confermò il ducato a Guidobaldo (ritornato a Urbino nell'agosto 1503), lo fece gonfaloniere della Chiesa e lo ebbe a fianco nelle campagne di sottomissione di Perugia e Bologna (1506).[19]

Dalla moglie Elisabetta Gonzaga Guidobaldo non ebbe figli: alla sua morte nel 1508 a ereditare il Ducato fu perciò suo nipote (figlio della sorella Giovanna) Francesco Maria I della Rovere, già signore di Senigallia.


I Della Rovere e la parentesi medicea


Il giovane signore ereditò il Ducato di Urbino proprio nel periodo in cui era pontefice suo zio Giuliano della Rovere (Giulio II). Ciò indubbiamente costituiva un grande vantaggio sia per lui che per lo Stato: il duca fu infatti nominato capitano generale delle milizie pontificie durante la Guerra d'Italia scoppiata nel 1509, mentre lo Stato urbinate nel 1513 otteneva dal papa la cessione di Pesaro (il locale ramo sforzesco si era infatti estinto l'anno prima). Nel 1511, inoltre, il duca si macchiò dell'omicidio di un cardinale, Francesco Alidosi, con cui aveva litigato, ma grazie all'appoggio dello zio poté momentaneamente scampare alle gravi conseguenze del suo atto.[20]

Con la morte di Giulio II e l'elezione di Leone X (figlio di Lorenzo il Magnifico), fortemente nepotista, Francesco Maria I si ritrovò però in una situazione molto difficile. Prendendo a pretesto l'uccisione del cardinale Alidosi, nel 1516 Leone X citò il duca a giudizio e, vista la sua renitenza a presentarsi a Roma, lo dichiarò decaduto dal Ducato, presto occupato dalle milizie papali. Dopo la fuga di Francesco Maria, Leone X nominò nello stesso 1516 duca di Urbino suo nipote Lorenzo de' Medici (figlio di Piero il Fatuo). Dal gennaio al settembre 1517 Francesco Maria tentò la riconquista del suo Stato con una composita armata e per mesi nel Ducato infuriò una feroce guerra. Questa sembrò inizialmente favorevole ai rovereschi (che riuscirono a recuperare quasi tutto il territorio, compresa Urbino), ma alla fine entrambi gli schieramenti (prostrati dalle spese belliche) addivennero ad un accordo, con cui il Ducato rimaneva al Medici mentre Francesco Maria poteva ritirarsi con la libreria feltresca, l'artiglieria e le sue truppe (stipendiate dal papa) presso il suocero marchese di Mantova.[20]

Alla morte senza eredi maschi del duca Lorenzo (che del resto aveva visitato il suo Stato pochissime volte, risiedendo altrove) nel maggio 1519 il Ducato di Urbino fu annesso direttamente allo Stato Pontificio. Ma fu un'annessione breve: Francesco Maria tentò infatti nel dicembre 1521 (alla morte di Leone X) una nuova spedizione per riconquistare il Ducato dopo che Urbino si era ribellata e stavolta ebbe pieno successo. Il nuovo papa, l'olandese Adriano VI (ostile alle politiche nepotistiche del suo predecessore mediceo), gli restituì ufficialmente nel 1523 tutto lo Stato.[20]

Un nuovo pericolo si profilò per Francesco Maria qualche anno dopo, con l'elezione al soglio pontificio di un altro Medici (Clemente VII): questi nel 1525 investì del Ducato di Urbino Ascanio Colonna (figlio di Agnese di Montefeltro), ma alla fine preferì lasciar perdere, riconoscendo Francesco Maria. Nel 1530 il duca, in qualità di praefectus Urbi, fu responsabile della cerimonia d'incoronazione imperiale di Carlo V e nel 1538 lo stesso imperatore lo nominò comandante supremo delle milizie che si apprestavano a una crociata (mai effettuata) contro il sultano ottomano.[20]

Alla morte di Francesco Maria I nel 1538 gli subentrò il figlio avuto da Eleonora Gonzaga, Guidobaldo II. L'inizio del regno di questi fu turbato dalla questione del Ducato di Camerino, su cui egli affermava di avere diritti per via del matrimonio con Giulia da Varano; papa Paolo III per tutta risposta lo scomunicò e lo dichiarò decaduto dallo Stato urbinate, per cui Guidobaldo alla fine preferì sottomettersi, rinunciando alla successione camerte. Nel 1548 il duca sposò una nipote del papa, Vittoria Farnese, e Paolo III estese l'investitura ducale di Urbino (che fino ad allora aveva compreso soltanto la città col suo contado) a tutto il territorio amministrato dal duca (fino ad allora gestito in forma di vicariato): con ciò fu portata a compimento l'unificazione amministrativa e statuale del territorio.

Il lungo ducato di Guidobaldo II trascorse sostanzialmente tranquillo e la pace fu turbata solo da una sedizione scoppiata ad Urbino nel 1573: gravati da troppe imposte e gabelle e offesi per il fatto che la corte roveresca fosse ormai stabilmente situata a Pesaro, gli Urbinati inviarono ripetutamente ambascerie al duca, trattate con sufficienza da quest'ultimo. Gli Urbinati quindi si risolsero a chiedere aiuto al papa (di cui Guidobaldo II era pur sempre vassallo) o addirittura al granduca di Toscana, per deporre il duca; tutti i tentativi andarono male e nel marzo 1573 sulla città si abbatte l'ira del duca infuriato per la sedizione. La città fu sottoposta ad un regime di "occupazione militare", fu privata di privilegi e furono arrestati e condannati i capi della rivolta.

L'anno successivo Guidobaldo II morì e gli succedette il figlio Francesco Maria II (veterano della battaglia di Lepanto), che aveva sempre avuto un rapporto teso col padre per via del matrimonio che quello gli aveva imposto con Lucrezia d'Este.

Il nuovo duca intraprese subito un'opera di risanamento finanziario (il padre aveva sperperato le risorse dello Stato e lasciato un ingente debito) e allontanò da corte alcuni dei più influenti membri dell'entourage di Guidobaldo II, a lui avversi. Il Ducato si trovava comunque in una situazione economica difficile, aggravata dalle periodiche carestie e dalla piaga del brigantaggio, e fu perciò un sollievo per Francesco Maria il trattato stipulato con la Spagna (grazie al quale numerose compagnie urbinati poterono combattere al soldo iberico nei Paesi Bassi).

Ma ancor più che dalle difficoltà finanziarie, Francesco Maria era preoccupato dalla questione della successione: dalla non amata Lucrezia d'Este (morta nel 1598 e da cui si era separato già da vent'anni) il duca non aveva avuto eredi e pertanto cominciava a profilarsi il rischio dell'annessione diretta allo Stato pontificio. La questione preoccupava soprattutto i sudditi e perciò il duca si risolse di chiedere al popolo il decidere sul da farsi: i consigli comunali deliberarono di chiedere al duca di risposarsi. Forte di quest'appoggio popolare, Francesco Maria nel 1599 si sposò con Livia, figlia di suo cugino Ippolito Della Rovere (che a sua volta era figlio naturale del cardinale Giulio Feltrio, fratello di Guidobaldo II): da questa ebbe il sospirato erede, Federico Ubaldo.

Quest'ultimo si sposò con Claudia de' Medici ed ebbe una figlia, Vittoria, ma la sua vita sregolata e dissoluta lo portò alla morte precoce, nel 1623 (era stato duca per due anni a partire dal 1621, dopo l'abdicazione del padre). Ormai l'annessione non era più evitabile e il vecchio Francesco Maria II, tornato sovrano, dovette rassegnarsi a raggiungere un accordo con la Santa Sede per far sì che il passaggio di governo avvenisse senza incidenti. Nel 1624 fu stipulato un trattato, con cui Francesco Maria rimaneva duca ma si ritirava a vita privata, mentre il governo passava ad un legato pontificio.


Annessione allo Stato Pontificio


Antica pianta di Urbino(Tommaso Luci, 1689)
Antica pianta di Urbino
(Tommaso Luci, 1689)

A seguito della morte di Francesco Maria II nel 1631, papa Urbano VIII incorporò ufficialmente il Ducato di Urbino ai domini pontifici. Lo Stato fu governato, da allora, da un legato pontificio, generalmente appartenente all'alta gerarchia ecclesiastica. In seguito alla devoluzione del Ducato allo Stato Pontificio, il ricco patrimonio artistico (compresi i mobili) del Palazzo Ducale andò a costituire, in massima parte, la dote dell'ultima discendente diretta dei Della Rovere, Vittoria, andata in sposa a Ferdinando II de' Medici; successivamente queste opere costituiranno il nucleo della futura Galleria degli Uffizi. Tra le opere che furono portate a Firenze, vi fu il Dittico dei duchi d'Urbino di Piero della Francesca. Invece la celebre biblioteca, fu assorbita interamente dalla Biblioteca Vaticana nel 1657. Inoltre a Roma vennero portate anche le Tavole Ex Barberini di Fra Carnevale, prelevandole dalla chiesa di Santa Maria della Bella.


Gli Albani e l'occupazione francese


Il XVIII secolo si aprì con l'elezione al soglio pontificio (1701) del cardinale urbinate Giovanfrancesco Albani, col nome di Clemente XI. Per la città si aprì l'ultima grande stagione di splendore, soprattutto sotto il profilo artistico-culturale; grazie al finanziamento, da parte di papa Albani e dei suoi familiari, di importanti lavori di ristrutturazione di vari palazzi, chiese e monasteri della città; come: Palazzo Albani, parte della facciata del Palazzo Comunale, il Palazzo dell'Arcivescovado, la Cappella Albani (all'interno del convento di San Francesco), l'Oratorio di San Giuseppe, la ristrutturazione interna delle chiese di San Francesco, San Domenico e Sant'Agostino. Mentre furono costruiti nuovi edifici (Palazzo del Collegio Raffaello) e fu promossa la nascita di una rinomata manifattura artigiana (Fabbrica delle Spille). Inoltre il mecenatismo del Papa e della sua famiglia, si rifletté in ricche donazioni alla Cattedrale (come il nuovo altare) e agli altri enti religiosi della città. Questa nuova età di splendore per la città, terminò con la morte di Clemente XI (1721), riavviando la città a un lungo declino che si è esteso fino ai nostri giorni. Dopo la morte del papa, la famiglia Albani rimarrà la principale committente delle opere più significative, fino alla prima metà del XIX secolo, soprattutto nelle persone del cardinale Annibale Albani e del nobile Orazio Albani, quest'ultimo affiderà all'architetto Pietro Ghinelli la realizzazione del Palazzo Nuovo (sull'attuale piazza della Repubblica).

Nel 1789, a seguito del forte terremoto che aveva colpito Urbino, si verificò il crollo della cupola della Cattedrale, evento che portò al totale rifacimento della chiesa.

Nel 1798 quello che rimaneva dello Stato Pontificio dopo il Trattato di Tolentino dell'anno precedente venne occupato dalle truppe francesi, che lo trasformarono in repubblica (la Repubblica Romana). Nel 1799, col ritiro francese dovuto al formarsi della Seconda Coalizione, la città tornò al restaurato Stato pontificio. Nel 1808 quest'ultimo fu tuttavia nuovamente occupato dai francesi per ordine di Napoleone; le Marche furono di conseguenza annesse al Regno d'Italia napoleonico. Nel corso di questo periodo Urbino e il suo territorio subirono le requisizioni di importanti opere d'arte, con il loro spostamento verso Milano, nella nascente galleria di Brera. Questo evento fu un'ulteriore causa che impoverì il patrimonio artistico locale, già provato dalla perdita delle opere, a seguito della devoluzione del Ducato nel XVII secolo.[21] Nel 1814 lo Stato pontificio fu nuovamente restaurato; nella primavera del 1815 Urbino e tutta la restante parte dello Stato furono brevemente occupate dalle truppe napoletane, durante la fallimentare campagna del re Gioacchino Murat.


Il rinnovamento urbanistico del XIX secolo


Veduta di Corso Garibaldi verso piazza della Repubblica
Veduta di Corso Garibaldi verso piazza della Repubblica

Il secolo si aprì con la consacrazione nel 1809 della nuova Cattedrale, secondo il progetto dell'architetto Giuseppe Valadier; che nella città feltresca restaurò importanti palazzi, come l'antico Seminario, adiacente alla chiesa di San Sergio, parzialmente occupato dal Hotel Raffaello. Un importante ruolo, in questa prima metà del secolo, lo avrà il nobile urbinate Fulvio Corboli, definito successivamente Padre della Patria, nell'ideare un primo progetto di rinnovamento urbanistico e a intuire la necessità di risolvere l'isolamento della città rispetto alla zona costiera.

In seguito alla costruzione del Palazzo Nuovo degli Albani (1831), progettato dall'architetto Pietro Ghinelli, che diede origine all'attuale piazza della Repubblica, si andò a costituire il primo tratto del futuro Corso Garibaldi; da questo momento avranno inizio una serie di interventi urbanistici destinati a cambiare il volto della città. Partendo dalla costruzione del Teatro Sanzio (1845 - 1853); alla realizzazione di Corso Garibaldi, porticato sul lato a valle, per garantire ai frequentatori del teatro un passaggio coperto e diretto dall'attuale piazza della Repubblica, costruzione che si protrasse fino ai primi anni del XX secolo. Inoltre un'altra importante innovazione urbanistica fu l'abbattimento, nel 1868, di un tratto delle mura per realizzare una barriera daziaria, denominata Porta Nuova o Barriera Margherita (in onore della principessa Margherita di Savoia), da cui si sviluppava una nuova strada che correva lungo un tratto delle mura e si congiungeva a Corso Garibaldi; conseguente a questa nuova disposizione urbanistica si ebbe la sistemazione dell'ampio terreno sottostante il Palazzo Ducale (sul lato a valle verso la Data), che verrà denominato Pincio.

Queste ultime trasformazioni urbanistiche determinarono un cambiamento nell'accesso alla città, perché se prima si doveva passare per strette e tortuose stradine, tramite le porte della cinta muraria, ora si attraversava la più agevole Porta Nuova e la comoda strada delle mura per giungere nell'attuale piazza della Repubblica o al Palazzo Ducale (il centro della città).

Questo rinnovamento urbanistico rispecchiava molte delle idee di Fulvio Corboli ma la sua progettazione fu curata in gran parte dall'architetto Vincenzo Ghinelli.[15]


L'annessione al Regno d'Italia


Targa commemorativa dell'ingresso dei piemontesi, nei pressi della Porta di Santa Lucia
Targa commemorativa dell'ingresso dei piemontesi, nei pressi della Porta di Santa Lucia

Il giorno 8 settembre 1860 le truppe piemontesi entrarono in Urbino da Porta Santa Lucia, costringendo alla resa le ultime resistenze dell'esercito pontificio sotto il porticato del Collegio Raffaello. Ma si dovrà attendere il 29 settembre, con la presa di Ancona, per la totale conquista della regione Marche, per opera dell'esercito piemontese.

Tra il 4 e il 5 novembre si tenne il plebiscito per l'annessione delle Marche al Regno di Sardegna, conclusosi con 133 783 voti favorevoli, 1 212 voti contrari e 260 voti nulli; in particolare nella provincia di Urbino (escludendo il territorio di Pesaro) i sì furono 21 111 contro 365 no e con 29 voti nulli. Successivamente, il 10 novembre, fu esteso anche alle Marche lo Statuto Albertino, per poi, il 17 dicembre, rendere ufficiale l'annessione della regione al Regno di Sardegna con l'emanazione di un regio decreto[22].

Il nuovo governo attuò la confisca di vari beni ecclesiastici, tra cui buon parte del convento di San Francesco (dove in una parte venne realizzato un orto botanico, su progetto di Vincenzo Ghinelli), il monastero di santa Chiara, quello di san Girolamo e tanti altri.


La prima metà del XX secolo


Il secolo incominciò come si era svolto quello precedente, e perdurò così per quasi tutta la prima metà, senza particolari eventi significativi. In questo periodo è da segnalarsi la piena fioritura dell'attività artistica della Scuola del Libro (Istituto per la Decorazione e l'Illustrazione del Libro) che espresse notevoli talenti in ambito nazionale e internazionale. Oltre al grande sviluppo conosciuto dalla Scuola del Libro, in questo periodo si assiste alla crescita dell'ateneo cittadino, con l'elevazione a facoltà universitaria dell'ottocentesca Scuola di Farmacia e alla nascita della Facoltà di Magistero (1934 circa). In conseguenza dell'evoluzione dell'università, si ha un incremento della popolazione studentesca, evidenziando lo stato di totale impreparazione della città (scarsità di alloggi), tant'è che per i primi tempi molti studenti furono ospitati nelle case di privati cittadini. Il problema fu in parte risolto con l'istituzione del Convitto maschile Raffaello, agli inizi del secolo, e del Convitto femminile Laura Battiferri, nel 1926 circa.

Questo periodo fu dominato dai grandi eventi della storia nazionale e internazionale, che inevitabilmente coinvolsero Urbino. Tra questi il periodo fascista ha lasciato il segno maggiore in città, soprattutto dal punto di vista architettonico, con la scuola elementare Giovanni Pascoli (1932), eretta sull'antico Giardino di Santa Lucia; il restauro di palazzo Mauruzi-Gherardi, allora sede del tribunale; la Casa dello Studente, per sopperire alla scarsità di alloggi a seguito della grande crescita della popolazione universitaria; le case popolari per i mutilati e gl'invalidi civili nell'odierne vie Virgili e del Popolo; e infine il rinnovamento dell'acquedotto comunale.

Nel 1938, la città venne designata come sede per la neonata Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d'Arte delle Marche.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la città non subì alcun bombardamento, grazie a un segnale convenzionale dipinto sul tetto del Palazzo Ducale e al tacito accordo tra tedeschi e alleati. Anche se la città corse un grave pericolo, perché la galleria tra la stazione ferroviaria e la frazione di Trasanni (che passa sotto a una consistente parte della città) fu trasformata in un deposito di armamenti del distaccamento dell'aeronautica di stanza in Urbino. Durante la ritirata, l'esercito tedesco volle minare l'intera cinta muraria, ma gli urbinati assoldati per compiere tale lavoro, riuscirono a sabotare le mine. Furono però distrutti i collegamenti ferroviari e stradali.

Durante il conflitto mondiale è da sottolineare l'importante operazione messa in atto dall'allora Soprintendente alle Gallerie e alle Opere d'Arte delle Marche a Urbino Pasquale Rotondi, che mise in salvo circa 10 000 opere (tra cui quelle di Giorgione, Piero della Francesca, Paolo Uccello, Tiziano, Mantegna, Raffaello da tutti i più grandi musei d'Italia) dalle requisizioni naziste e dalle distruzioni della guerra. Queste opere furono nascoste tra la Rocca di Sassocorvaro[23], il Palazzo dei Principi di Carpegna, i sotterranei della Cattedrale e del Palazzo Ducale di Urbino.

La città fu sottratta alla RSI il 27 agosto 1944, grazie all'azione delle bande partigiane delle campagne (soprattutto dalla frazione di Schieti) che, sull'avvicinarsi delle truppe alleate, decisero di convergere su Urbino. Il giorno successivo entrò in città il V Corpo dell'VIII armata inglese e il Corpo Italiano di Liberazione (l'esercito del cosiddetto Regno del Sud).[24]


Urbino e De Carlo


Ingresso principale della Facoltà di Legge (Giurisprudenza)
Ingresso principale della Facoltà di Legge (Giurisprudenza)

La seconda metà del XX secolo si caratterizzò in Urbino per la collaborazione dei principali enti cittadini (Università e Comune) con l'architetto Giancarlo De Carlo. Questo rapporto ebbe inizio nel 1951 quando Carlo Bo, allora rettore dell'Università, commissionò a De Carlo il progetto di ristrutturazione interna di Palazzo Montefeltro - Bonaventura, sede centrale dell'Ateneo. Subito dopo l'architetto genovese fu incaricato dal Comune di redigere il Piano Regolatore Generale (1958 - 1964) mirato al recupero del centro storico, che versava ormai da tempo in pessime condizioni e rischiava di perdere diversi quartieri tra cui lo stesso Palazzo Ducale per il cedimento del terreno sottostante, composto da pietra tufacea e da alte concentrazioni d'acqua; tale problema fu risolto grazie ai finanziamenti statali derivati da due leggi speciali varate per la città (nel 1968 e nel 1982).

Successivamente De Carlo realizzò vari progetti per l'ateneo cittadino tra cui i Collegi, nei pressi della chiesa dei Cappuccini fuori dal centro, un interessante esempio di come un'architettura si possa fondere col paesaggio circostante; mentre i progetti: di costruzione della Facoltà di Magistero (1968 - 1976), di ristrutturazione della Facoltà di Legge (1966 - 1968) e di palazzo Battiferri (1986 - 1999), sede della Facoltà di Economia, sono tre considerevoli esempi riguardanti l'inserimento di un'architettura contemporanea in un tessuto antico.

Gli anni settanta furono contrassegnati dalla collaborazione col Comune per la realizzazione del progetto denominato Operazione Mercatale (1969 - 1972), che comprendeva la realizzazione di un parcheggio sotterraneo multipiano nel piazzale del Mercatale (sotto i celebri Torricini del Palazzo Ducale) e il restauro della Rampa Elicoidale di Francesco di Giorgio Martini (1971 - 1975); sempre dalla collaborazione col Comune si sviluppò il progetto di ristrutturazione del Teatro Sanzio (1977 - 1982) e il progetto di recupero, molto discusso, delle antiche Stalle Ducali (i cui lavori sono ancora in corso). Inoltre, grazie allo stretto rapporto con De Carlo, la città ha ospitato un meeting del Team X (nel 1966) e per due periodi (1976 - 1981, 1992 - 1993) l'ILAUD [International Laboratory of Architecture and Urban Design], scuola internazionale di progettazione fondata e diretta dallo stesso architetto genovese.

Uno degli ultimi interventi decarliani è stata la redazione, tra il 1989 e il 1994, del Nuovo Piano Regolatore Generale.[25]


Stemma


Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma di Urbino.

Monumenti e luoghi d'interesse


 Bene protetto dall'UNESCO
Centro storico di Urbino
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturale
Criterio(ii) (iv)
Pericolonon in pericolo
Riconosciuto dal1998
Scheda UNESCO(EN) Historic Centre of Urbino
(FR) Scheda

Si riportano qui i motivi che giustificano l'inserimento del Centro storico di Urbino tra i Patrimoni dell'Umanità[26]:

«Criterio II: Durante la sua breve preminenza culturale, Urbino ha attratto alcuni dei più insigni umanisti e artisti del Rinascimento, che crearono un eccezionale complesso urbano di notevole omogeneità, la cui influenza in Europa arrivò lontano.
Criterio IV: Urbino rappresenta un vertice dell'arte e dell'architettura rinascimentali, è armoniosamente adattata al paesaggio e si fonde in maniera eccezionale con le preesistenze medievali.»

(Motivazioni per l'iscrizione del centro storico di Urbino nei beni patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO)

Architetture religiose



Chiese urbane


Gli oratori

La volta dell'Oratorio di San Giuseppe.
La volta dell'Oratorio di San Giuseppe.
Lo stesso argomento in dettaglio: Grotte del Duomo.

Le chiese extra muros


Altri edifici di culto


Architetture civili



Palazzi

Lo stesso argomento in dettaglio: Casa Santi.

Teatri storici


Le ville e le grandi residenze di campagna


Architetture militari



Mura e porte

Le mura di Urbino sono l'antica cerchia difensiva della città. Create con la città stessa, si sono contati quattro tracciati diversi, l'ultimo dei quali risale alla prima metà del XVI secolo.


Bastioni


Altro



Piazze

Si tratta di una piccola piazza, di forma quadrilatera, situata sulla sommità del colle del Poggio. Tramite tale piazza si accede all'ingresso principale del Palazzo Ducale, la cui mole domina il lato meridionale e occidentale. Mentre il lato settentrionale è dominato dalla cattedrale, il cui lato lungo, che si affaccia sulla piazza, è adornato dalla Loggia del Grano, che garantisce l'accesso all'Oratorio della Grotta. Infine sul lato orientale la piazza confina con l'adiacente via Puccinotti. Questa piazza si può considerare il "cuore" di Urbino, in quanto essa ha rappresentato il fulcro attorno al quale è nata e si è sviluppata la città; rappresentandone, per secoli, il centro politico, amministrativo e religioso. Dal 1897 al 1947, questa piazza ospitò il monumento a Raffaello Sanzio, di Luigi Belli, ora collocato in cima a via Raffaello.[42]

L'attuale piazza, di forma trapezoidale, è nata nel XIX secolo, con l'ampliamento sul lato meridionale, dovuto alla realizzazione del Palazzo Nuovo degli Albani e poi all'apertura di Corso Garibaldi. Sulla piazza confluiscono cinque vie (via Raffaello, via Battisti, via Veneto, via Mazzini e corso Garibaldi) e il suo centro è dominato da una fontana, progettata da Diomede Catalucci[39] nel 1908, eliminata nel 1927, e reintrodotta negli anni novanta. L'attuale denominazione risale al 1946, mentre la precedente commemorava l'ingresso in città dei primi soldati del Regno di Sardegna, nel 1860. La piazza, prima dell'ampliamento ottocentesco, era più stretta (una sorta di lieve ampliamento della confinante via Raffaello) ed era denominata Pian di Mercato, in quanto tale toponimo rispecchiava il ruolo che la piazza aveva come sede del mercato cittadino, che conserverà fino al XVIII secolo. Manterrà il ruolo sociale, ovvero quello di punto d'incontro per la popolazione urbinate, essendo favorita, in questo, dalla posizione; in quanto la piazza si trova sul punto più agevole, un piccolo pianoro, per spostarsi su uno dei due colli (il Poggio e il Monte) su cui poggia la città. Inoltre sulla piazza convergono quasi tutte le principali vie provenienti dalle maggiori Porte urbiche, contribuendo così a renderla il vero Centro della città.

Questa piazza nacque nel 1563, per volontà del duca Guidobaldo II della Rovere. La piazza si presenta come un lungo rettangolo in pendenza; il cui lato occidentale (lato lungo) è occupato per l'intera sua lunghezza dal prospetto del Palazzo Ducale. Mentre il lato opposto è occupato dalla chiesa di San Domenico, dall'edificio dell'ex seminario e da palazzo Petrangolini. Invece il lato meridionale è chiuso da via Saffi, affiancata dai palazzi Vecchiotti-Antaldi e Montefeltro-Bonaventura; mentre, dalla parte opposta, quello meridionale confina con via Puccinotti. La piazza corrisponde parzialmente al tracciato del Cardo Massimo, dell'antico Municipio romano. Dal XVI secolo questa piazza ospitava "il gioco del pallone" (da cui la piazza prese il suo nome originario), che era inizialmente identificabile col calcio fiorentino e col gioco dell'Aita; poi, tra XVIII e XIX secolo, passò ad identificarsi col gioco del Pallone col bracciale. Le partite di palla col bracciale vennero inizialmente proibite, nella suddetta piazza, il 18 agosto 1813, dal viceprefetto del dipartimento del Metauro. Anche se la pratica del gioco proseguì fino all'ordinanza della polizia municipale, del 15 luglio 1875. Tali limitazioni (atte a proibire tale pratica entro le mura cittadine) furono dovute per rispondere ai numerosi reclami della cittadinanza, che lamentavano danni alle persone ed agl'edifici. Dopo l'ultima ordinanza, il gioco fu spostato nel piazzale del Mercatale. Tra XIX e parte del XX secolo, si svolse in questa piazza il consueto mercato cittadino. Nella piazza è presente, verso il lato settentrionale, un obelisco egizio, dono di papa Clemente XI.

Lo stesso argomento in dettaglio: Piazza del Mercatale.

Il piazzale, dalla forma quadrilatera, fu costruito a fine Quattrocento da Francesco di Giorgio Martini. Tale piazza ricopre la funzione di principale punto d'accesso alla città, insieme a Porta Valbona. Venne chiamata così perché in origine vi si teneva il mercato del bestiame, ma veniva utilizzata anche per altri usi. Verso la fine del Novecento, la piazza fu riprogettata da Giancarlo De Carlo.


Vie e viali

È una delle principali vie del centro storico e riveste un importante ruolo nella città, in quanto mette in comunicazione i due centri, quello politico-religioso-amministrativo (piazza Duca Federico) e quello socio-commerciale (piazza della Repubblica). Inoltre questa via corrisponde approssimativamente e parzialmente a un estremo del Cardo massimo; come testimonia, su un lato della via, addossato al muro di una casa, un piccolo masso di pietra, ultimo resto di Porta Maia (molto probabilmente derivante dal latino Mayor), uno dei quattro accessi all'antico municipio romano. Questa via, dalla seconda metà del XIX secolo fino al 1922, era intitolata al medico urbinate Francesco Puccinotti; poi dal 1922 tale denominazione si è mantenuta solo per il tratto compreso tra piazza Rinascimento e il Municipio, in quanto il tratto restante è stato intitolato alla città di Vittorio Veneto, per commemorare la decisiva battaglia della prima guerra mondiale. Poco prima della congiunzione di tale strada con via Puccinotti, si apre una piccola piazzetta in decisa pendenza, chiamata in origine Piazza Farina e ribattezzata, nel 2009, Largo San Crescentino; per il piccolo monumento al Santo Patrono presente nel sito, composto da un'ara e una colonna in pietra che sostengono una piccola statua settecentesca del Santo. Sempre su largo San Crescentino si erge la facciata settecentesca del Palazzo Comunale.

Questa via sembra quasi una sorta di prolungamento di piazza Duca Federico, in quanto su di essa si affacciano con i rispettivi ingressi: il palazzo Comunale, la cattedrale e, tramite piazza Giovanni Pascoli, il palazzo Arcivescovile. Anch'essa coincide, all'incirca, con un segmento dell'antico Cardo massimo.

Popolarmente chiamata Valbona, dato che si tratta della strada principale dell'omonima contrada. Mentre a settentrione la via confluisce in piazza della Repubblica. La strada è segnata da una decisa pendenza. Ha assunto l'attuale denominazione agli inizi del XX secolo. Questa via rappresentava, assieme alla Porta, l'ingresso d'onore della città, non a caso tutte le facciate degli edifici, che vi si affacciano, sono tra le più belle di Urbino. Secondo la tradizione tutti i nuovi arcivescovi urbinati entrano in città mediante questa via. Anticamente questa strada era la via d'accesso in città, per chi proveniva da occidente, in particolare dalla strada della Toscana. Lungo questa strada si trova l'Oratorio del Corpus Domini (o chiesa di San Francesco di Paola), i palazzi Lucciarini-Luminati (la cui architettura ha evidenti richiami allo stile di Francesco di Giorgio Martini) e Galli-Palma.

La via si caratterizza in Urbino come una delle più ripide, forse anche per questo è popolarmente denominata il Monte. Si sviluppa sul versante meridionale della collina omonima (che dà il nome alla strada). La strada era chiusa in cima dal bastione e dalla Porta urbica omonimi, demoliti agl'inizi del XX secolo; ora vi è, in posizione più avanzata rispetto alle mura, un parco al cui centro si staglia il monumento a Raffaello. Mentre in fondo, la via termina in piazza della Repubblica. Su tale strada si trovano la Casa natale di Raffaello, il palazzo di Giustizia, le chiese di San Francesco e di San Sergio (la prima cattedrale); inoltre da essa si raggiunge il parco della Fortezza Albornoz. Si tratta della via principale dell'omonima contrada.

Popolarmente chiamata Lavagine, anch'essa è segnata da una decisa pendenza, chiusa a oriente dalla porta omonima, mentre a meridione confluisce in piazza della Repubblica. Si tratta della via principale della contrada di Lavagine. In origine tale via era l'accesso diretto in città, per chi proveniva da Pesaro. Nel 1919 circa, è stata intitolata all'irredentista Cesare Battisti. Su questa via si trovano: la sede principale dell'Accademia Raffaello, all'interno di palazzo Viviani (a poco distanza dalla Porta urbica), e l'antica fonte del Leone, a metà della strada sulla biforcazione con via Sant'Andrea; si tratta di una fonte di notevoli dimensioni ricavata a ridosso di un tratto del muro di contenimento dell'Orto botanico. Inoltre, addossata sulla parte interna della Porta urbica, si trova la piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli. La via, alla sua confluenza in piazza della Repubblica, è fiancheggiata da un lato, dalla chiesa di San Francesco e dall'altro dal palazzo dell'ex collegio Raffaello.

Il tratto in lieve pendenza di questa via, è chiamato popolarmente Santa Lucia, come la Porta urbica che ne delimita l'estremità settentrionale; l'altra estremità segna la confluenza in via Raffaello. Anticamente questa strada, garantiva l'accesso diretto in città, per coloro che provenivano da settentrione. Infatti, nel 1860, le prime truppe piemontesi entrarono in città, proprio attraverso la Porta e la via omonime. Il nome Santa Lucia, deriva dall'antico monastero dedicato all'omonima Santa, che si trovava sull'angolo tra Largo Clemente XI e Via Viti; la chiesa ed il monastero non sono più esistenti. Su tale via si trovano: la chiesa di Santo Spirito, che ha il proprio ingresso su Largo Clemente XI nel quale si trova la statua di papa Celestino V (compatrono della città) e un piccolo monumento, formato da una colonna di origine romana, dono del cardinale Annibale Albani nel 1739; da questo Largo si forma una biforcazione, a sinistra la via sale fino alla Porta urbica mentre a destra si arriva davanti alla scuola elementare "Giovanni Pascoli", che sorge sul luogo dove, fino al 1932, vi era il giardino delle Delizie dei Duchi o giardino di Santa Lucia. Poco distante da Largo Clemente XI si trovano: Palazzo Albani, l'Orto Botanico e la sede centrale del Liceo Artistico Scuola del Libro.

Popolarmente chiamata San Polo, dall'ex chiesa di San Paolo, che si trova nella parte alta della via, di proprietà dell'Università che l'ha trasformata in laboratorio di restauro. L'attuale denominazione risale agli inizi del XX secolo. Rappresenta la principale strada della contrada di San Polo. La via si caratterizza in città come una delle più ripide, assieme al Monte; si sviluppa lungo il versante meridionale del colle del Poggio, scendendo da nord verso sud. La strada è chiusa a meridione dal bastione omonimo, mentre a settentrione confluisce in piazza del Rinascimento. La parte più alta, situata sulla sommità del Poggio, rappresenta una delle più antiche zone del centro storico; in essa si trovano: palazzo Montefeltro-Bonaventura, la chiesa e il monastero di Santa Caterina e l'ex chiesa di San Pietro Celestino V; mentre all'inizio della discesa, si trovano l'ex convento di San Benedetto - palazzo Battiferri (ora Facoltà di Economia) e la sopraccitata ex chiesa di San Paolo. La via corrisponde, approssimativamente, all'estremità meridionale dell'antico Cardo massimo della città romana. A metà della via, all'altezza della confluenza con via San Girolamo, si possono vedere i resti della Porta di Belisario, antico accesso meridionale della cinta muraria medievale della città. Altri monumenti di questa via sono: l'edificio decarliano dell'ex Facoltà di Magistero, nato dall'abbattimento del convento di Santa Maria della Bella, la cui chiesa sconsacrata è stata incorporata nel nuovo edificio; altro monumento è la chiesa di Sant'Agostino, che presenta all'esterno una facciata gotica mentre l'interno è frutto del rinnovamento settecentesco voluto da Papa Albani, per le principali chiese cittadine; legato a tale chiesa vi è anche l'ex convento (ora Facoltà di Giurisprudenza), che ha il proprio ingresso sul retro, verso le mura. Alla fine della via, in fondo alla discesa, vi è la casa dove abitò lo scrittore e poeta Paolo Volponi; proprio sul luogo dove sorge tale casa, vi era il passaggio che collegava San Polo all'omonima Porta urbica, non più fruibile ma ancora esistente. Questo passaggio venne chiuso nel XIX secolo, a seguito della costruzione della barriera daziaria e della nuova strada lungo le mura.

La via si sviluppa trasversalmente, sul versante sud-occidentale della collina del Monte, in posizione intermedia tra l'area soprastante della fortezza Albornoz e la sottostante via Mazzini (Valbona). Per la sua posizione, ha un andamento pianeggiante, caratterizzato solo da lievi pendenze. Il nome attuale risale agli inizi del XX secolo. Questa via riveste un'importanza prettamente storico-artistica in città. In quanto, lungo tale strada sono nati e vissuti molti uomini illustri, tra cui lo stesso Federico Barocci e i suoi fratelli, celebri costruttori di orologi (Simone, Giovanni Battista e Giovanni Maria); ma non solo: Giovan Battista Comandino (architetto militare) e suo figlio Federico (matematico), Lorenzo Vagnarelli (costruttore di strumenti matematici) e il fratello Pietro (architetto militare), Pompilio Bruni (costruttore di strumenti matematici), Marco Montano (letterato) e Pier Girolamo Vernaccia (storico). Inoltre su questa via si trova l'oratorio di San Giovanni, quello di San Giuseppe e quello delle Cinque Piaghe. Da questa strada si può godere di un'ampia veduta del Palazzo Ducale, con i suoi celebri Torricini, e della cattedrale.


Decoro urbano


Architetture di De Carlo


Sono esempi di interventi architettonici moderni equilibrati in un tessuto urbano antico, senza creare anacronismi o falsi storici. Il cui progettò fu curato dall'architetto Giancarlo De Carlo.

Situati sul colle dei Cappuccini, sono a livello mondiale considerati capolavori dell'architettura degli anni settanta, per la densità di significati che contengono (architetto Giancarlo De Carlo).


Aree naturali



Alberi monumentali

Nel territorio comunale si trovano tre alberi inseriti, dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, nell'elenco nazionale degl'alberi monumentali[47][48]:


Società



Evoluzione demografica


Abitanti censiti[49]


Etnie e minoranze straniere


Secondo i dati ISTAT al 1º gennaio 2021 la popolazione straniera residente era di 1.296[50] persone e rappresentava il 9,3% della popolazione residente. Le comunità straniere più numerose sono:[51]

  1. Marocco, 289 (22,3%)
  2. Romania, 191 (14,3%)
  3. Macedonia del Nord, 80 (6,17%)
  4. Moldavia, 76 (5,86%)
  5. Kosovo, 59 (4,55%)
  6. Spagna, 59 (4,55%)
  7. San Marino, 50 (3,86%)
  8. Cina, 40 (3,09%)
  9. Polonia, 46 (3,55%)
  10. Albania, 44 (3,40%)

La comunità giudaica

Lo stesso argomento in dettaglio: Comunità ebraica di Urbino.

Urbino è sede di una delle più antiche comunità ebraiche d'Italia, che prosperò grazie alla protezione accordatale da Federico da Montefeltro. Il ghetto fu stabilito solo agli inizi del XVII secolo quando Urbino passò sotto lo Stato Pontificio. A testimonianza della storia e della vitalità della comunità rimangono le due sinagoghe (di cui una ancora integra) e l'antico cimitero a Gadana.[52]


Istituzioni, enti e associazioni


In quanto ex capoluogo di provincia, in città hanno sede diverse istituzioni pubbliche, come la sede distaccata della Prefettura, il Tribunale, l'Agenzia delle Entrate. Inoltre, data la sua importanza culturale, la città è stata sede, prima della Soprintendenza storico-artistica regionale (1939-2014), e ora del Polo Museale delle Marche (dal 2014). È sede vescovile, l'istituzione cittadina più antica ancora esistente. Oltre a queste istituzioni, bisogna aggiungere anche il folto numero di istituzioni scolastiche e universitarie, che caratterizzano da secoli la città. Infatti, proprio per la presenza dell'università, la città ospita anche una sede dell'Ente Regionale per il Diritto allo Studio universitario (ERDIS)[53].

L'Ospedale e la R.S.A. Montefeltro.
L'Ospedale e la R.S.A. Montefeltro.

Settore sanitario

In città ha sede uno dei tre distretti (gl'altri due sono quelli di Pesaro e Fano) che costituiscono l'Area Vasta n. 1 dell'Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR), una delle cinque della Regione[54][55].

Strutture sanitarie:


Cultura



Istruzione



Università


Scuole secondarie di secondo grado

L'ITIS Enrico Mattei, opera dell'architetto Edoardo Detti
L'ITIS "Enrico Mattei", opera dell'architetto Edoardo Detti
Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola del Libro.

Scuole secondarie di primo grado


Archivi e biblioteche



Musei


Lo stesso argomento in dettaglio: Casa Santi.
L'Orto Botanico
L'Orto Botanico

Istituzioni culturali


In città sono nate diverse accademie, ma l'unica esistente è l'Accademia Raffaello; eccole elencate in ordine cronologico[69]:


Accademia Raffaello

Lo stesso argomento in dettaglio: Accademia Raffaello.

Nacque nel 1869 per iniziativa del conte Pompeo Gherardi. Si tratta di un'istituzione senza scopo di lucro, impegnata nella ricerca e nella divulgazione dell'opera di Raffaello Sanzio e di altri uomini illustri e benemeriti della città; oltre a effettuare e promuovere ricerche sulla storia cittadina.


Candidatura a "Capitale europea della cultura 2019"


La città si è candidata a Capitale europea della cultura per il 2019. Oltre alla città, il progetto avrebbe coinvolto l'intero territorio regionale, infatti il principale ente promotore era la Regione Marche. Il comitato promotore di tale candidatura era presieduto da Jack Lang, ex ministro della cultura francese.[74] Il 12 giugno 2013 venne presentata ufficialmente, a Roma nella sede del Pio Sodalizio dei Piceni, la candidatura della città. In questa occasione fu siglato anche un protocollo d'intesa tra la città di Urbino e quella di Sofia, anch'essa candidata, per la Bulgaria, a capitale europea della cultura 2019.[75] Il 15 novembre 2013 la città è stata esclusa dalla competizione in seguito alla decisione della giuria europea che doveva operare una selezione tra le varie città che avevano presentato la candidatura. Oltre a Urbino, tra le tante, vengono escluse Aosta, Caserta, Palermo, Pisa, Reggio Calabria, Siracusa, Taranto e Venezia.[76][77][78]


Media



Cinema

Film girati in Urbino

Film TV girati in Urbino


Televisione

Nel territorio comunale ha sede l'emittente privata TELE 2000; che trasmette, fin dal 1981, su tutto il territorio della provincia di Pesaro e Urbino, diffondendo le notizie relative a quest'area.[84]


Stampa


Musica

Urbino è sede da più di 40 anni del Festival internazionale di musica antica, che raccoglie ogni anno d'estate appassionati da tutto il mondo. Inoltre la città ospita, nella prima settimana di agosto di ogni anno, il festival Urbino Plays Jazz, organizzato dall'associazione Urbino Jazz Club e promosso dal Comune di Urbino. La città è attiva anche per ciò che concerne la musica contemporanea e la nuova scena musicale internazionale, avendo ospitato per diversi anni il Festival internazionale di musica indipendente Frequenze Disturbate.

Il 30 gennaio 2014 è stato girato presso il teatro cittadino, il video della canzone Trattengo il fiato di Emma[87].


Cappella Musicale del Santissimo Sacramento

Lo stesso argomento in dettaglio: Cappella Musicale del Santissimo Sacramento.

La Cappella nacque nel 1507 ed è sede di scuole di musica, dove è possibile frequentare corsi di canto e di vari strumenti musicali. Inoltre organizza stagioni concertistiche in autunno e in primavera. Ha la sua sede in via Lorenzo Valerio 7, all'interno dell'antico palazzo Cerioni, in cui vi risiede fin dal 1867; ma lo ha acquistato dal Comune solo nel 1936.[88][89].


Cucina


Prodotto gastronomico tipico della zona è la casciotta d'Urbino, antica varietà di formaggio che vanta l'inserimento del prodotto nell'Atlante dei prodotti tipici e la denominazione di origine, nonché il riconoscimento della DOP (Denominazione di origine protetta) da parte dell'Unione europea. Un'altra specialità tipica è la crescia sfogliata di Urbino, specie di piadina dalla quale però si differenzia perché arricchita con strutto. Altra specialità, propria delle festività pasquali, è la crescia di Pasqua, prodotto da forno che ricorda per la forma il panettone, ma è salata, con la presenza di formaggio e un po' di pepe; esiste anche nella versione dolce, con canditi e uvetta sultanina.


Eventi



Geografia antropica



Suddivisioni storiche


A cominciare dall'età medievale, la città ed il contado furono suddivisi, seguendo le delimitazioni topografiche del municipio romano, in quattro settori denominati Quadre:

La divisione in Quadre si è mantenuta per tutta l'età moderna, soprattutto in ambito amministrativo; ma progressivamente, soprattutto in ambito socio-culturale, si è affermata la divisione in contrade della città, maggiormente rispondente all'espansione urbana, anche durante il XX secolo, con la costruzione dei nuovi quartieri extra moenia. Le contrade della città antica corrispondono alle vie principali e ai vicoli vicini, risalenti in buona parte ai borghi sorti nel Medioevo fuori dalla cinta muraria romano-medievale, soprattutto a ridosso dei quattri accessi alla città presenti sulla cinta muraria. Le contrade del centro storico sono le seguenti:

La suddivisione in contrade permane ancora, ma solo con valore culturale e in occasione della Festa dell'aquilone, estendendosi anche agl'insediamenti nati al di fuori dell'antica cinta muraria. Alle contrade del centro storico, alcune non più esistenti (San Bartolo, Santa Lucia, Borgo Mercatale), in seguito allo spopolamento che ha interessato la zona dalla seconda metà del XX secolo, si sono aggiunte: Piansevero, San Bernardino, Hong Kong, Mazzaferro e la Piantata.


Frazioni


Il territorio comunale è suddiviso in 15 frazioni: Urbino, Canavaccio, Ca' Mazzasette, Cavallino, Pieve di Cagna, La Torre, Trasanni, Schieti, Forcuini, La Marcella, Pozzuolo, Paganico, Coldelce, Repuglie, Scotaneto[108].


Schieti e Ca'Mazzasette

Sono due frazioni, tra loro molto vicine (4,2 km), che si trovano in una pianura nella media valle del Foglia. Tra le due, Schieti è la più popolosa.


Canavaccio

Lo stesso argomento in dettaglio: Canavaccio.

Situata in una pianura circondata dalle colline tipiche dei dipinti di Raffaello, confina a sud con il Furlo, a ovest con Fermignano, e a nord con Urbino. È la più grande frazione del comune di Urbino e si trova lungo la valle del Metauro. Sede archeologica di valore, con tracce di insediamenti piceni. Inoltre in questa frazione, precisamente in località Pian di Lodovico, si trovano i resti di una villa (cappella, portale e viale alberato), demolita nel 1926, appartenuta alla nobile famiglia urbinate dei Mauruzi della Stacciola. Canavaccio è ricca di aziende produttive, ma anche ristorantini tipici, locande, bed and breakfast. Numerosissimi i sentieri che si inerpicano dal paese per le colline circostanti fino a raggiungere Urbino. È sede ogni anno di una gara nazionale di mountain bike che richiama centinaia di atleti da tutta Italia. Sulle colline soprastanti questa frazione, si trova un'antica torre di guardia, denominata "Brombolona"; tale toponimo deriva dai ghiaccioli (bromboli nel dialetto locale) che si formavano, nei mesi invernali, sulla campana posta un tempo sulla cima della torre. Da molti anni versa in condizioni di totale abbandono.


Località


Tutte le frazioni sono anche località secondo il Sistema Informativo Territoriale di Urbino (SIT)[108], con l'eccezione di Paganico, Coldelce, La Marcella, Repuglie e Scotaneto. Ogni frazione infatti è suddivisa in più località e tra esse vi è la località che attribuisce il nome alla frazione. Per una migliore comprensione si riportano di seguito le frazioni e tra parentesi le relative località:

Urbino (Capoluogo, Gadana, Sasso, SS. Annunziata, Maciolla, Tufo, Montesoffio, Ghiaiolo, San Marino, Crocicchia, San Donato); Ca' Mazzasette (Ca' Mazzasette, Fornace); Canavaccio (Canavaccio, Monte Polo, Cavaticci, Villa Croce); Cavallino (Cavallino, Montecalende); Pieve di Cagna (Pieve di Cagna, Cerqueto bono, Girfalco, Miniera, Rancitella); La Torre (Torre, Viapiana, Palazzo del Piano, Santa Maria delle Selve); Trasanni (Trasanni, Castelboccione, Colonna); Schieti (Schieti, Pallino); Scotaneto; Forcuini (Forcuini, Pantiere); Pozzuolo (Pozzuolo, Monte Avorio, Monte Olivo)[108];


San Marino di Urbino

È una piccolissima località situata a sud-est di Urbino. Si sviluppa totalmente sulla Strada statale 73 Bis (E78), a metà strada tra Fermignano e Canavaccio, ai piedi di una serie di colline e ai margini di un'area pianeggiante, attraversata dal fiume Metauro. In posizione più elevata, rispetto all'abitato, e più internamente tra le colline, si trova la chiesa omonima. La località dista 7 km da Urbino.


Economia



Agricoltura


Questo settore è stato quello prevalente fino agli anni cinquanta del XX secolo, poi con lo spopolamento delle campagne si è determinata una crisi del settore. Tuttavia, tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila, le campagne sono tornate a ripopolarsi grazie alla nascita di aziende e cooperative di agricoltura biologica.

La fabbrica della Benelli Armi
La fabbrica della Benelli Armi

Industria


Tra XIX secolo e prima metà del XX, nel capoluogo comunale furono presenti piccole attività, come la filanda, le varie attività connesse al Consorzio Agrario (come la lavorazione dei bachi da seta) e una fornace (proprietà della famiglia dello scrittore Paolo Volponi). Mentre nelle frazioni di Pieve di Cagna e Schieti-Ca' Mazzasette vi erano impiantate attività estrattive (miniere) dello zolfo.

Si tratta di un settore non particolarmente diffuso nel capoluogo del comune, eccetto per la presenza della Benelli Armi (metalmeccanica di precisione). Mentre le frazioni con un'alta concentrazione industriale sono quelle di Canavaccio e Schieti - Ca' Mazzasette. Invece Urbino è circondata da molti comuni a vocazione artigianale e industriale, e in particolare Fermignano, che, insieme alla frazione di Canavaccio, costituisce la "zona industriale" della città feltresca e che – pur separata sul piano amministrativo – è piuttosto integrata su quello economico, al punto che la Banca d'Italia identifica un'unica "piazza" quella formata dalle agenzie bancarie dei due comuni limitrofi.


Artigianato


La Stella Ducale di Urbino
La Stella Ducale di Urbino

Questo è stato un settore abbastanza fiorente, nel capoluogo comunale, fino alla prima metà del XX secolo; grazie a piccole attività con una solida tradizione. Dal XV, fino al XVII secolo, in città prosperarono importanti botteghe dedite alla lavorazione della ceramica; facendo di Urbino, assieme a Casteldurante e a Pesaro, uno dei principali centri di produzione della maiolica dell'antico ducato, ed uno dei più noti a livello nazionale. Nel XVIII secolo, grazie alla munificenza di Papa Albani, nacque in Urbino la fabbrica delle Spille, le cui produzioni furono di notevole qualità. Infine, con la nascita della Scuola del Libro (1861) e della Scuola d'Arte e Mestieri (anni venti del XX secolo), si ebbe un miglioramento e un rafforzamento di alcune attività artigiane, portandole ad avere un'ultima grande stagione di splendore e di rinomanza internazionale. Queste attività, connesse con l'attività delle due scuole, sono: la legatoria, la lavorazione dei metalli, la ceramica, la lavorazione del legno, l'illustrazione e la decorazione dei libri. Molto importante infine la Stella Ducale di Urbino, un oggetto divenuto vero e proprio simbolo della città, realizzata artigianalmente su disegno di Leonardo unicamente nella Bottega d'Arte Vittoria Gulini Sorini della città.

Permangono alcune di queste ultime attività, con l'aggiunta del restauro di opere d'arte (quadri, libri, ecc.); ma il settore è in forte declino per la mancanza di un ricambio generazionale.

Inoltre, sono ancora diffuse e attive le antiche arti del ricamo e della tessitura, finalizzate alla realizzazione di tappeti e di coperte di lana, che sono impreziositi da temi e da motivi richiamanti il mondo pastorale.[109]


Servizi


La Casa dello Studente
La Casa dello Studente

Questo è divenuto, soprattutto nella seconda metà del XX secolo, il principale settore della città, con la crescita quantitativa dell'Università degli Studi di Urbino e del turismo di massa. Urbino è fortemente caratterizzata dalle pubbliche amministrazioni e non solo. Sono presenti anche diverse attività commerciali legate all'esigenze ed ai bisogni della popolazione universitaria (affittacamere, copisterie, abbigliamento, bar, pub, agenzie immobiliari, ecc.), maggioritaria rispetto alla popolazione dell'intero Comune. Inoltre in città sono presenti i servizi erogati, per la popolazione universitaria, dall'ERDIS; come gli alloggi e la mensa, sia nel centro storico (Casa dello Studente e Casa della Studentessa) che fuori (Collegi universitari). Nella periferia vi sono tre supermercati. Tra il 2012 ed il 2014 sono stati aperti, in prossimità del centro storico, due centri commerciali; prima il Consorzio poi Porta Santa Lucia, entrambi dotati di un supermercato e di altre attività commerciali legate alla grande distribuzione.


Turismo


Urbino, essendo una città d'arte, si rivolge a un turismo culturale.


Infrastrutture e trasporti


Le infrastrutture e i trasporti sono sempre state questioni molto problematiche e complesse per Urbino. Le cause sono determinate dalle asperità del territorio e dalla mancanza di arterie stradali e ferroviarie che rendano il collegamento con la città più comodo e veloce.


Strade


Anticamente la strada più agevole per raggiungere Urbino era la via Flaminia, che passa a poca distanza dalla città, costruita dai Romani per collegare Roma con l'antica Ariminum (l'attuale Rimini) il cui tracciato è perdurato nei secoli, con necessarie modifiche, fino ai giorni nostri. Le strade migliori per raggiungere la città sono: la SS 423 da Pesaro o la Superstrada E78 da Fano. Altrimenti si può arrivare ad Urbino da sud (Roma) seguendo la SS n.3 Flaminia (E78) e da ovest (Firenze) passando per la E45 fino all'uscita di San Giustino per continuare sulla SS 73 bis attraversando il passo appenninico di Bocca Trabaria.

L'ex stazione ferroviaria
L'ex stazione ferroviaria

Il casello autostradale più vicino, quello di Pesaro-Urbino sull'A14, dista 37 km dalla città di Urbino.


Ferrovie


Lo stesso argomento in dettaglio: Progetto di ferrovia Subappennina, Ferrovia Fano-Urbino, Ferrovia Urbino-Fabriano e Stazione di Urbino.

La città è stata raggiunta da una linea ferroviaria diretta nel 1898, mediante il prolungamento del tratto Fabriano - Pergola; successivamente, il tratto ferroviario sarebbe dovuto proseguire fino a Santarcangelo di Romagna, ma i lavori rimasero incompiuti. Nel 1915 venne realizzato il collegamento con Fano. Nel 1944 fu chiuso il collegamento con Pergola. La tratta ferroviaria Urbino - Fano rimase in funzione fino al 1987.


Mobilità urbana


Il servizio di trasporto pubblico nel Comune è espletato tramite autobus e taxi. È presente anche un ascensore pubblico dal Piazzale del Mercatale a Via Giacomo Matteotti, all'interno dell'edificio della Rampa elicoidale.


Amministrazione


Fa parte dell'Unione montana Alta valle del Metauro.

Lo stesso argomento in dettaglio: Sindaci di Urbino.

Gemellaggi


Urbino è gemellata con:


Sport



Calcio


Lo stadio Montefeltro
Lo stadio Montefeltro
La piscina Mondolce
La piscina Mondolce

Già nel XVI secolo si praticava il calcio fiorentino nell'attuale piazza Rinascimento. Per quanto riguarda il calcio moderno, la principale squadra di calcio della città è l'A.S.D. LMV Urbino 1921, nata nel 1921, che milita in Eccellenza.

Diverse sono le realtà minori: Schieti e Vis Canavaccio militano in Seconda Categoria mentre Pieve di Cagna e Torre disputano la Terza Categoria.

Nel calcio a 5 è presente il Futsal Urbino, fondato nel 2001 che milita nel campionato di serie C1 nazionale. L'altra squadra della cittadina è lo Sparta Urbino C5 che gioca invece nella Serie D del campionato di calcio a 5.


Ciclismo


Urbino è stata per sei volte sede di una tappa del Giro d'Italia di ciclismo:

Tappe del Giro d'Italia con arrivo ad Urbino:

Tappe del Giro d'Italia con partenza da Urbino:


Pallavolo


Il PalaCarneroli
Il PalaCarneroli

Aveva sede nel Comune la Robur Tiboni Urbino Volley, era una società pallavolistica femminile che militava nel campionato di Serie A1. Fra i maggiori risultati ottenuti si cita la Coppa CEV.

Nella stagione 2014-15, a seguito dell'ultimo posto in classifica, retrocede in Serie A2; in seguito la società cessa di esistere.


Impianti sportivi


Nelle frazioni:


Note


  1. Bilancio demografico anno 2022 (dati provvisori), su demo.istat.it, ISTAT.
  2. Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
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  5. Urbino, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  6. I Simboli della Repubblica - Il Vittoriano, su quirinale.it, https://www.quirinale.it. URL consultato il 17 gennaio 2019 (archiviato il 17 gennaio 2019).
  7. http://emidius.mi.ingv.it/DBMI04/consultazione/terremoto.php?visualizzazione=svg Archiviato il 17 aprile 2009 in Internet Archive. Stucchi et al., DBMI04, il database delle osservazioni macrosismiche dei terremoti italiani utilizzate per la compilazione del catalogo parametrico CPTI04, Quaderni di Geofisica, INGV, 2007
  8. Franco Mazzini, Urbino - i mattoni e le pietre, Urbino, Argalia Editore, 2000, pp. 9-10, ISBN 88-392-0538-1.
  9. June Osborne, Urbino: The Story of a Renaissance City Archiviato il 13 settembre 2016 in Internet Archive. p.22 - University of Chicago Press; 2003
  10. Ulrico Agnati, Per la storia romana della provincia di Pesaro e Urbino Archiviato il 23 gennaio 2019 in Internet Archive. pp. 21-22 - "L'ERMA" di BRETSCHNEIDER; 1999
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  12. "Montefeltrano", in Dizionario Biografico Treccani
  13. URBINO su Treccani, enciclopedia
  14. Urbino su Treccani, enciclopedia
  15. Franco Mazzini, I mattoni e le pietre d'Urbino, Urbino, Argalia, 1982
  16. Montefeltro, Guidantonio di su Dizionario Biografico Treccani
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  19. Guidubaldo I da Montefeltro in Dizionario Biografico Treccani
  20. Francesco Maria I Della Rovere, duca di Urbino in Dizionario Biografico Treccani
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  22. Raffaele Molinelli, Urbino 1860, catalogo della mostra il Contributo urbinate al Risorgimento, Urbino, STEU, 1961
  23. LA STORIA DELL'ARCA DELL'ARTE - Sassocorvaro -Montefeltro (PU), su themarcheexperience.com, http://www.themarcheexperience.com. URL consultato il 17 gennaio 2019 (archiviato il 17 gennaio 2019).
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  28. Bramante Ligi, le Chiese Monumentali di Urbino, Urbania, 1968.
  29. F. Negroni, Appunti su alcuni palazzi e case di Urbino, Urbino, Accademia Raffaello, 2005, pp. 96-97
  30. F. Mazzini, I mattoni e le pietre di Urbino, Urbino, Argalia editore, 1982, p. 500
  31. Nel segno di Barocci, Federico Motta editore, 2005
  32. F. Mazzini, I mattoni e le pietre di Urbino, Urbino, Argalia editore, 1982, p. 494
  33. Giuseppe Cucco e Anna Rita Nanni, Oratori e Confraternite di Urbino, Urbino, Comune di Urbino assessorato alla cultura, 1995
  34. Bramante Ligi, Le chiese monumentali di Urbino, Urbania, Scuola Tipografica "Bramante", 1968
  35. F. Negroni, Appunti su alcuni palazzi e case di Urbino, Urbino, 2005, p. 74
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  37. A Urbino il nuovo santuario dedicato al Sacro Cuore, su famigliacristiana.it, 2 settembre 2021. URL consultato il 6 settembre 2021.
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Bibliografia



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[de] Urbino

Urbino [urˈbiːno] ist eine italienische Gemeinde (comune) mit 14.106 Einwohnern (Stand 31. Dezember 2019) in der Provinz Pesaro und Urbino, Region Marken. Sie ist Sitz der römisch-katholischen Erzdiözese Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado. Urbino ist wegen Architektur und Kulturgeschichte Teil des Weltkulturerbes. In der Renaissance erlebte die Stadt eine Blütezeit, in die unter anderem auch die Gründung der Universität (1506) fiel. Der bedeutendste Herrscher des Herzogtums Urbino war Federico da Montefeltro. Urbino trägt den Ehrentitel einer Stadt.

[en] Urbino

Urbino (UK: /ɜːrˈbiːnoʊ/ ur-BEE-noh;[3] Italian: [urˈbiːno] (listen); Romagnol: Urbìn) is a walled city in the Marche region of Italy, south-west of Pesaro, a World Heritage Site notable for a remarkable historical legacy of independent Renaissance culture, especially under the patronage of Federico da Montefeltro, duke of Urbino from 1444 to 1482. The town, nestled on a high sloping hillside, retains much of its picturesque medieval aspect. It hosts the University of Urbino, founded in 1506, and is the seat of the Archbishop of Urbino. Its best-known architectural piece is the Palazzo Ducale, rebuilt by Luciano Laurana.

[es] Urbino

Urbino es un municipio italiano de la provincia de Pesaro y Urbino, en la región de Marcas. Su población asciende a unos 14 468 habitantes.

[fr] Urbino

Urbino (en français : Urbin) est une commune de la province de Pesaro et d'Urbino dans la région des Marches en Italie centrale.
- [it] Urbino

[ru] Урбино

Урби́но (итал. Urbino) — город на востоке Италии, исторический, культурный и образовательный центр региона Марке. Население — 15,6 тысяч человек (2009). Почти столько же (13 тысяч) учится в Урбинском университете.



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