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Falerone è un comune italiano di 3 217 abitanti della provincia di Fermo nelle Marche.

Falerone
comune
Falerone – Veduta
Falerone – Veduta
Localizzazione
Stato Italia
Regione Marche
Provincia Fermo
Amministrazione
SindacoArmando Altini (lista civica di centro-destra) dal 26-5-2014 (2º mandato dal 27-5-2019[1])
Territorio
Coordinate43°06′27.72″N 13°28′23.88″E
Altitudine433 m s.l.m.
Superficie24,61 km²
Abitanti3 217[2] (31-8-2020)
Densità130,72 ab./km²
FrazioniBascione, Cerretino Varano, Commennà, Ferrini, Moelano, Piaggie, Piane di Falerone, Salegnano, San Paolino, Santa Margherita, Santa Rosa
Comuni confinantiBelmonte Piceno, Montappone, Monte Vidon Corrado, Montegiorgio, Penna San Giovanni (MC), Sant'Angelo in Pontano (MC), Servigliano
Altre informazioni
Cod. postale63837
Prefisso0734
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT109005
Cod. catastaleD477
TargaFM
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[3]
Cl. climaticazona E, 2 146 GG[4]
Nome abitantifaleronesi
PatronoSan Fortunato di Todi
Giorno festivo1º giugno
Cartografia
Falerone
Falerone – Mappa
Falerone – Mappa
Posizione del comune di Falerone nella provincia di Fermo
Sito istituzionale

Storia



Stemma


Lo stemma raffigurante un'armatura medievale, ricorda la dominazione del paese da parte della locale signoria di feudatari di origine franca, eredi di un popolo tradizionalmente bellicoso e votato alla guerra, che crearono un proprio stato dominando su 30 castelli della media-alta Val di Tenna, facendo di Falerone la loro capitale. Nello stemma oltre all'elmo con pennacchio agli spallacci e ai fiancali di protezione compare uno scudo sannitico. Ha al suo interno una banda rossa su sfondo blu con su scritto S.P.Q.F ricorda la grandezza e lo splendore della città romana di Falerio Picenus sorta in questo comune nel 29 a.C. non inferiore per importanza alla vicina città di Fermo.


Falerone romana, altomedievale e medievale


Nel 90 a.C. ai piedi del Mons Falarinus (poi Falerone medievale), è ricordata la sconfitta dei Romani guidati da Pompeo Strabone da parte dei socii piceni comandati da Gaio Vidacilio, Publio Ventidio e Tito Lafrenio, nel percorso delle legioni romane verso Fermo. Del 29 a.C., nella centuriazione augustea della valle del Tenna, è l'edificazione di Falerio Picenus punto di snodo fra Firmum, Urbs Salvia e Asculum. La rappresentazione grafica di Falerio Picenus nel codice Acernario del VI secolo, con le due porte, a nord verso Urbs Salvia, e a sud verso Novana e Ausculum, ci conferma l'importanza del castrum.

Nel IV e V secolo la sede del vescovo di Falerio passa a Fermo, segno evidente dell'evidente stato di decadenza della città romana già preda di orde barbariche e del conseguente spopolamento e perdita di prestigio di centri romani a vantaggio di città più grandi. Rimane a Falerone la pieve di Santo Stefano, sotto la giurisdizione di Fermo.

Nel 765 è sede di un gastaldato longobardo dipendente dal Ducato di Fermo, istituito da Re Desiderio dei Longobardi in funzione antimeridionale, contro i due ducati di Spoleto e Benevento. Il gastaldo Volveto lascia un'iscrizione sul suo sepolcro, forse in San Giovanni delle Piagge (distrutta), sovrastante le Piane di Falerone, dove è anche la chiesa longobarda di San Paolino da Nola.

Nel 977 con il sorgere di un grande Stato feudale nell'alta collina fermana-maceratese retta dalla Signoria dei Brunforte e dei discendenti di Mainardo; Falerone diventa uno dei castelli maggiori. I suoi signori, vicari di Farfa, accesi ghibellini collegati con i Montefeltro e i Visconti mantengono il predominio sui castelli vicini e su Falerone sino al 1378, quando si assoggettò a Fermo. Nel 1274, nella divisione dei beni tra Pietro e Offreduccio figli di Fallerone, il paese e i suoi abitanti sono soggetti al dominio feudale dei signori, insieme a Penna San Giovanni[senza fonte], Belluco, Servigliano, una parte di Loro Piceno, Cerreto (frazione di Montegiorgio) ecc. Non si parla quindi di Comune fino al 1378, quando i signori di Falerone, nelle persone di Stefano e Vanni (detto Vagnozzo) figli di Pietro II, dovettero lasciare la residenza faleronese e risiedere a Fermo, come condanna loro inflitta dal Consiglio Fermano per l'uccisione di Berto, figlio di Filippo, signore di Massa Fermana, compiuta durante una rissa scoppiata durante una festa locale. La condanna funse da pretesto per i Fermani per sradicare la signoria faleronese ed occupare Falerone, decretando la fine dei cosiddetti domini contadini dei nobiles locali che per circa due secoli dal XI secolo al XIII secolo avevano dato prestigio e potenza ai loro castelli e alle loro signorie. Il processo di occupazione militare fermana e distruzione delle resistenze locali finisce per coinvolgere diversi altri paesi insieme a Falerone. Le casate più nobili sono eliminate e sradicate dai loro feudi: così come Stefano e Vanni da Pietro II, anche Gentile da Mogliano è spogliato dei suoi beni, Boffo da Massa fatto fuori, i Monteverde vengono eliminati, i Brunforte dispersi e le rocche di Montappone, Massa Fermana, Penna San Giovanni[senza fonte], Sant'Angelo in Pontano, loro dimore. Il tutto si offre a vantaggio della formazione dello Stato di Fermo e della sua signoria sui castelli del suo comprensorio, entità che durerà fino all'Unità d'Italia.


Falerone dall'età moderna a quella contemporanea


L'occupazione da parte dei fermani non garantì alla popolazione faleronese anni di pace e prosperità; all'alba del XV secolo il castello fu preda di saccheggi e invasioni operate da parte dei diversi capitani di ventura e mercenari in viaggio per la Marca. Già nel 1348 Falerone si arrese a Guastafamiglia Malatesta; nel 1358 venne espugnato da Anichino di Baumgarten mentre l'anno successivo fu la volta di Corrado di Landau. Nell'ottobre del 1413 subì la presa di Carlo Malatesta mentre appartiene al maggio del 1418 la conquista operata da Braccio da Montone nel tentativo di catturare Ludovico Migliorati signore di Fermo, rifugiatosi nel castello di Falerone. Il Montone espugna la rocca e saccheggia l'abitato, imprigionando tutti gli abitanti e distruggendo l'archivio storico e gli atti pubblici della comunità, pervenuti fino a quella data. Egli riesce nel tentativo di catturare il Migliorati e pretende da lui, il pagamento di 9000 ducati per il riscatto dei suoi prigionieri. Nel giugno del 1444 si ricorda l'assalto di Niccolò Piccinino da Perugia e nell'estate del 1498 il tentativo vano di Ercole Bentivoglio.

Nel 1527 i discendenti di Pietro II, gli Euffreducci, Oliverotto da Fermo e il nipote Ludovico dei signori di Falerone, sostenuti da popolazioni fedeli nel loro e in altri 12 castelli, tentano una loro signoria su Fermo, ma sono eliminati l'uno, Oliverotto da Cesare Borgia, l'altro, Lodovico, da Niccolò Bonafede, cardinale legato dello Stato della Chiesa. Le cronache narrano che Ludovico, in contrasto aperto con i pontifici, nel febbraio del 1520 entra a Falerone con un esercito di 200 cavalli e 2000 fanti, accolto dai suoi partigiani e dalla popolazione a lui fedele. Nel marzo dello stesso anno, in seguito al rifiuto di resa da parte del legato pontificio, viene assalito da Giovanni de' Medici (Giovanni delle Bande Nere) che lo costringe ad uscire fuori dal castello di Falerone, e a darsi battaglia lungo la valle del Tenna. Lo scontro gli è fatale; le sue milizie in netta inferiorità numerica rispetto all'esercito pontificio guidato da Niccolò Bonafede, Giovanni de' Medici e Brancadoro da Fermo, vengono disperse e Loduvico rimane ucciso da un colpo di picca infertogli da Carlo d'Offida. Quest'ultimo poi, con la vittoria, entra in Falerone e si abbandona al saccheggio della località, distruggendo ulteriori incartamenti e documenti della Comunità. Con la morte di Ludovico, i beni degli Euffreducci e i diritti sul castello di Falerone, valutati intorno ai 40000 ducati, passano in possesso di Giovanni de' Medici per ordine di suo cugino, papa Leone X, come risarcimento per le spese militari affrontate insieme ad un premio di 6000 ducati per la repressione dei focolai d'insurrezione nelle Marche. Molti dei partigiani degli Euffreducci sono fatti fuori, altri fuggono a Venezia e in Romagna, per poi ritornare a Falerone sotto il cognome di Emiliani[senza fonte], assumendo così una denominazione trasformata; Fabrizio, figlio di Pietro III da Falerone[senza fonte], è il primo ad assumere dopo il suo ritorno, il cognome "Emiliano" dando inizio a una dinastia che in breve tempo ascende ai maggiori gradi della nobiltà locale, conseguendo il patriziato fermano.

Nel Codex.Dipl. il castello di Falerone risulta quindi presidiato militarmente dai Fermani; distrutti i Castelli di Bascione, Castelnuovo e Agello nel territorio faleronese.

Negli Statuti di Fermo del 1507 Falerone è tra i Castelli maggiori, ma la sua prevedibile decadenza in uno Stato Pontificio ostile, dirotta su altre città le classi dirigenti e la funzione amministrativa, quando la sede del Governatore viene trasferita prima da Falerone a Montappone, per poi insediarsi definitivamente a Montegiorgio. Decadenza visibile anche in età napoleonica: Montegiorgio è riconosciuto come capo cantone sui comuni di Magliano di Tenna, Falerone, Montappone, Monte Vidon Corrado, Francavilla d'Ete, Mogliano e Loro Piceno.

Falerone è località tra le più rappresentative del Piceno: unisce testimonianze importanti dell'età romana e altomedievale e medievale, con tradizioni persistenti della civiltà contadina e con un precoce inserimento già nel XVIII secolo delle manifatture del settore della paglia e dei cappelli, attorno al quale ricostruisce il suo distretto con Monte Vidon Corrado, Montappone e Massa Fermana.


Gli antichi Signori feudatari di Falerone


Nel Basso Medioevo, dal Mille al Rinascimento, la Storia di Falerone è tutta imperniata sulla Signoria Locale;tale dinastia numerosa si arricchì nel tempo di rami collaterali, che finirono per insediarsi nei castelli e comuni del circondario della Media Val Tenna, creando quindi una propria influenza su gran parte del territorio della Marca Fermana; sarà quindi doveroso presentare la Tavola Genealogica illustrando solo i personaggi più importanti, coloro che hanno fatto parlare maggiormente le cronache del tempo. Conviene iniziare dal suo capostipite, creato feudatario della Chiesa dal Vescovo fermano Gaidolfo e nominato conte dall'imperatore germanico Ottone I, probabilmente nel 962, quando egli sostò per alcuni giorni a Fermo. La notizia di tale nomina ci perviene dal più antico documento dell'Archivio Statale di Fermo, il codex 1030; le parole che contiene sono solenni, l'atto è del X sec.,"anno abbazia incarnatione nonagesimo septuagesimo septimo..." (977): "...Nos Gaidulphus episcopus sanctae firmanae ecclesiae....dedimus tibi Mainardo comes filii quondam Sifredi et filiis et nepotis tuis usque ad tertiam generationem ad usufruendum rem iuris sanctae firmanae ecclesiae..." "...Noi Gaidolfo vescovo della Santa Chiesa Fermana diamo a te conte Mainardo, figlio del fu Sigfrido, a ai tuoi figli e ai tuoi nipoti fino alla terza generazione, il patrimonio della Chiesa Fermana..." ...che si estende da capo "fine Alpi Montis de pede fino rigo Scave qui venit in Tenna maiore...de uno lato fluvio Aso...", "da una parte dalle vette dei Sibillini e dall'altra circa a metà della valle del Tenna (tra Santa Vittoria in Matenano e Curetta di Servigliano) e a sud del fiume Aso..." e altri punti di riferimento. Sulla nomina di Mainardo, non vi è alcun dubbio che tra la sua famiglia fosse proprio lui il primo a fregiarsi del titolo di conte, né suo padre Sifredo, né suo nonno, l'omonimo Mainardo, vengono citati con titoli nobiliari, ma solamente come semplici cittadini, mentre quando si nomina il nostro Mainardo, lo si fa sempre con il suo titolo di conte. D'altra parte è sicuro che il conte Mainardo fosse assai ricco, sia per meriti che per eredità potendo disporre, all'atto della convenzione con il vescovo fermano di oggetti d'oro e d'argento per il valore complessivo di 2000 soldi, oltre le terre date in compenso e parte in cambio di quella della Chiesa fermana, con un censo annuo di 5 soldi di corso legale.

Con i figli di Mainardo hanno inizio due fra le dinastie più potenti e feconde che partendo dai castelli originari, amplieranno le loro dipendenze verso le medie valli, occupando con i loro discendenti ogni spazio. Offone dunque, verso Fiastra e il Chienti, Giberto nella parte centrale del Tenna, La loro denominazione dai Castelli: “domini de Moellano, domini de Monteverde, de Fallerono, de Lauro, de Smerillo” non inficia la sostanziale unità del loro sistema politico e l'azione comune che essi perseguono appoggiandosi e collegandosi. In ogni momento politico, in ogni patto di pace o conflitto, li troviamo tutti uniti e schierati con i rispettivi castelli, rappresentati da coloro che considerano i loro capi: i Brunforte, i Mogliano, i Monteverde, i Falerone, che appaiono come le diramazioni e le famiglie più potenti. Tali signori, per mezzo di matrimoni, accordi ed usurpazioni, si allargano fino a controllare tutto il Territorio della Marca Meridionale, dal Chienti al Tronto, creando un grande stato feudale retto da una fitta rete di vassalli e famiglie. Dei Signori di Falerone, successore di Giberto I è:

Dei figli di Giberto II morto intorno al 1150 sono da ricordare Rinaldo il Vecchio, Baligano di Fermo, Bernardo di Monteverde e Ruggero di Fallerone.

Dei figli di Fallerone I citiamo quindi i più noti e considerevoli di memoria:

Tra i figli di Fallerone I sono da ricordare anche due di loro, che passeranno alla storia per aver dato i loro nomi a due castelli nei pressi di Falerone (castelli che oggi sono comuni): Corrado e Guidone, che legarono il proprio titolo alla storia di Monte Vidon Corrado e Monte Vidon Combatte.

Nel maggio del 1274, i Signori di Falerone, compresi Pietro I ed Ofreduccio I, procedettero all'amichevole divisione dei loro numerosi beni: il paese di Falerone con i suoi abitanti, quali sudditi tenuti al pagamento delle imposte, il paese di Penna San Giovanni con i suoi abitanti tenuti al pagamento delle imposte[senza fonte], i paesi di Belluco e Servigliano, i proventi della chiesa di Santa Margherita di Falerone, metà del castello di Loro Piceno, essendo l'altra parte destinata ai signori di Mogliano, il villaggio di Cerreto di Montegiorgio meno la quarte parte, donata a Gualtiero da Brunforte come dote della moglie Agnese, figlia di Corrado fu Fallerone I; i castelli e il territorio di San Costanzo e Colonnalto presso San Ginesio, il villaggio di Bascione di Falerone, i proventi della chiesa di Sant'Angelo di Piane di Montegiorgio, il villaggio di Piobbico di Sarnano, i beni e i diritti goduti in Tolentino, Ascoli Piceno, Amandola, Montefortino, San Ginesio, Bolognola, Acquacanina, Fiastra e Caldarola con circa 300 vassalli, tenuti ai doveri di fedeltà e sudditanza. Altri beni ricordati nell'atto sono i molini, tra cui quello della Madonnetta a Piane di Falerone (Madonna del Molino), le fornaci di laterizi, il bestiame da cortile e da pascolo.

Con il cambiare dei tempi, il sorgere dei liberi comuni e l'affermarsi delle corporazioni, anche i Signori di Falerone videro diminuire sempre più le loro rendite, per cui furono costretti a rivedere il proprio patrimonio, cedendo e vendendo privilegi e beni alle comunità locali ed adattandosi a vivere come semplici cittadini, accettando uffici civili e cariche amministrative. La divisione dei beni fu quindi lo strumento per cominciare alla vendita dei loro cospicui beni lontani dalla residenza faleronese, determinando così il sorgere di molteplici famiglie di proprietari terrieri e nobili nei rispettivi castelli e paesi.

In tale operazioni, i fratelli Pietro e Ofreduccio cedettero i beni siti in Cerreto e Villa Colle al Comune di San Ginesio, vendendo altresì i diritti e i beni goduti presso il castello di San Costanzo; cedettero al comune di Amandola le loro porzioni di proprietà sul Colle Agello e sul Monte Amandola, compresi vassalli e pertinenze, e con i soldi ricavati comprarono dai loro parenti il castello di Castelnuovo di Falerone. Nunzio (o Nuccio) di Pietro vendette i beni e i diritti in contrada Aiello al comune di Penna San Giovanni.

La divisione di tali beni inoltre, permise l'espansione del paese di Falerone, con la costruzione di un nuovo asse viario verso il borgo di Santa Rosa e l'inclusione dentro la nuova cinta muraria del Convento francescano e della Piazza di San Fortunato. L'espansione del borgo verso Ovest, favorì l'apertura di un nuovo accesso al Castello (Porta Santa Rosa) e la costruzione di una nuova strada verso la frazione di Piane detta di Castelnuovo, riferibile al nuovo Castello.


Società



Evoluzione demografica


Abitanti censiti[5]


Cultura



Feste


Il patrono è san Fortunato di Todi (benché probabilmente sia una contaminazione avvenuta nel XV secolo che portò a sostituire l'originario patrono San Fortunato di Montefalco) famoso per i numerosi miracoli compiuti a Falerone. Il santo è festeggiato dal paese il 1º giugno, con una grande festa e con una processione accompagnata dal corpo bandistico "Città di Falerone".

Il Lunedì dell'Angelo, nel "Parco San Paolino" (dell'omonima contrada), in cui è presente una piccola chiesa dedicata al Santo, si svolge un gioco tradizionale simile alle bocce detto "Totu". Inoltre sono presenti stand per mangiare.

Continuando c'è la festa di San Giovanni Battista a giugno a Piane di Falerone e la castagnata ad ottobre.


La 'Nzegna


La seconda settimana di agosto viene festeggiata la festa della "Nzegna" (da non confondere con la Nzegna di Carovigno) dove le otto contrade del paese realizzano dei carri allegorici fatti solo di grano ed altri derivanti. Insieme ad essi vengono scritte delle piccole "Veglie" dove si usano costumi dell'inizio del Novecento. La prima domenica viene svolto "Il ballo della Nzegna" nel quale ogni ballerino deve far girare una bandiera di 3 kg sotto le proprie gambe e resistere 5 minuti facendo toccare meno volte la bandiera per terra. Racconta la leggenda che quando San Fortunato evitò l'invasione un contadino si mise a ballare con lo stendardo che rappresenta il patrono inventando il gioco. Essendo nata Falerone dall'antica colonia romana di Falerio Picenus, al di là della leggenda, probabilmente si tratta del salto della bandiera, famoso tra i legionari romani e rimasto vivo in altre poche comunità Italiane che traggono origine da colonie romane. La seconda domenica invece si effettua la sfilata dove tutte le persone vestite in abiti di inizio novecento sfilano dietro i carri.


Cucina


I prodotti tradizionali del paese sono:


Sagre



Arte


La forte presenza francescana a Falerone è documentata fin dal XIII secolo, mentre l'attività monastica e la presenza di monaci e piccole abbazie su queste terre, risale all'epoca longobarda. Un primo convento di monaci sorgeva in contrada Piagge, in prossimità di un'antica chiesa longobarda detta di San Giovanni (oggi distrutta), poco distante dal luogo dove ancora oggi, sorge la millenaria Chiesa di San Paolino anch'essa di età longobarda. Inoltre, erano edifici abbaziali, oltre ad essere luoghi di culto, le Chiese di Santa Margherita e di Santo Stefano; la prima dipendeva dai monaci di San Pietro in Ferentillo, la seconda rappresentava la Pieve principale dell'antica diocesi di Falerone (oggi scomparsa insieme alla pieve). È chiaro quindi che il monachesimo faleronese deriva in gran parte dall'influsso dei Benedettini che dall'Umbria emigrarono su queste terre, fondando conventi e introducendo il culto per i loro santi (il culto di San Fortunato da Montefalco sostituito con il santo da Todi patrono di Falerone fu importato dall'Umbria in epoca antichissima). I primi Francescani si stabilirono a Falerone a metà del XIII secolo, fondando un loro monastero sul colle del Cimitero costruendo la loro Chiesa dedicata al patrono del Paese (da qui la denominazione del luogo: colle San Fortunato). Solo nel 1292 i Francescani si inurbarono dentro le mure trasferendosi presso la Chiesa di Santa Maria ribattezzandola nel 1352 Chiesa di San Fortunato, anche se ancora oggi i faleronesi la chiamano di San Francesco. È della stessa epoca la costruzione del monastero annesso. La Chiesa sul colle rimase tale finché non venne abbattuta per l'erezione della cappella del Cimitero; il titolo di San Fortunato venne trasferito alla Chiesa di San Francesco che ancora oggi è ricordata come Tempio di San Fortunato detto di San Francesco. Nel 1542, alcuni monaci appartenenti all'ordine dei Clareni abbandonarono il convento delle Piaggie e fondarono una Chiesina su un colle presso il Paese, dedicandola alla Madonna degli Angeli e costruendovi una residenza annessa (Da notare l'affresco interno alla chiesa sopra l'altar maggiore; opera di Vincenzo Pagani). Nel 1568 l'ordine dei Clareni venne fuso con quello dei Frati Francescani e la Chiesa sul colle e il piccolo monastero annesso, entrarono nelle proprietà del Convento del Paese; mentre solo intorno al XVI secolo anche il monastero delle Piagge fu abbandonato e i pochi frati lì rimasti si trasferirono in San Francesco. Rimasero sue rovine fino agli inizi del Novecento, oggi sono scomparse del tutto. Resta in piedi la Chiesa della Madonna degli Angeli che dal 1860, in seguito alla vendita dei beni ecclesiastici passò in mano ai privati ed ancora oggi appartiene a una facoltosa famiglia faleronese.


Amministrazione


Periodo Primo cittadino Partito Carica Note
21 giugno 1985 18 maggio 1990 Remo De Minicis Partito Comunista Italiano Sindaco [6]
18 maggio 1990 24 aprile 1995 Remo De Minicis Partito Comunista Italiano
Partito Democratico della Sinistra
Sindaco [6]
24 aprile 1995 14 giugno 1999 Luciano Fagiani Lista civica Sindaco [6]
14 giugno 1999 14 giugno 2004 Massimo Bertuzzi Lista civica Sindaco [6]
14 giugno 2004 7 giugno 2009 Massimo Bertuzzi Lista civica Sindaco [6]
8 giugno 2009 26 maggio 2014 Giandomenico Ferrini Lista civica Sindaco [6]
26 maggio 2014 27 maggio 2019 Armando Altini Lista civica di Centro-destra Sindaco [6]
27 maggio 2019 in carica Armando Altini Lista civica di Centro-destra Sindaco [6]

Sport



Calcio a 11


Sono tre le società di calcio, la ASD Piane di Falerone, il Falerone Social Club militante in terza categoria e l'Union 2000 che cura il settore giovanile.


Calcio a 5


Il paese ha anche due squadre di calcio a 5, la Folgore Falerone C5 e la Folgore Piane di Falerone che giocano i campionati CSI.


Atletica


Da citare è anche il grande staffettista Michelino B. (in arte Michel) che tanta gloria ha dato al suo paese natale nella specialità della 4x100. Era noto per la sua partenza a razzo, per questo spesso si diceva di lui arrivava prima lui del suono dello sparo dello starter (citando il dialetto : va veloze cume lu proiettole dulu sparatore)[senza fonte]


Note


  1. In quota Forza Italia.
  2. Dato Istat - Popolazione residente al 31 agosto 2020 (dato provvisorio).
  3. Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  4. Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  5. Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28-12-2012.
  6. http://amministratori.interno.it/

Bibliografia



Voci correlate



Altri progetti



Collegamenti esterni


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На других языках


[de] Falerone

Falerone (im lokalen Dialekt: Falleró oder Faleró) ist eine italienische Gemeinde (comune) mit 3262 Einwohnern (Stand 31. Dezember 2019) in der Provinz Fermo in den Marken.

[en] Falerone

Falerone is a town and comune in the province of Fermo, in the Italian region of the Marche, southeast of Urbisaglia.

[es] Falerone

Falerone es una localidad y comune italiana de la provincia de Fermo, región de las Marcas, con 3499 habitantes.

[fr] Falerone

Falerone est une commune italienne située dans la province de Fermo, dans la région Marches, en Italie centrale. En 2019, elle comptait environ 3 250 habitants.
- [it] Falerone

[ru] Фалероне

Фалероне (итал. Falerone) — коммуна в Италии, располагается в регионе Марке, в провинции Фермо.



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