Cineto Romano è un comune italiano di 587 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio.
Cineto Romano comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Massimiliano Liani (lista civica Tradizione e futuro per Cineto, il paese che VogliAmo) dal 04/10/2021 |
Territorio | |
Coordinate | 42°03′01″N 12°57′54″E |
Altitudine | 519 m s.l.m. |
Superficie | 10,37 km² |
Abitanti | 587[1] (31-8-2020) |
Densità | 56,61 ab./km² |
Frazioni | Annali |
Comuni confinanti | Mandela, Percile, Riofreddo, Roviano, Vallinfreda |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 00020 |
Prefisso | 0774 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 058031 |
Cod. catastale | C702 |
Targa | RM |
Cl. sismica | zona 2B (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 129 GG[3] |
Nome abitanti | cinetesi |
Patrono | San Giovanni Battista |
Giorno festivo | 29 agosto |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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Il centro abitato sorge alle estreme propaggini dei Monti Sabini (Lucretili) nella media Valle dell'Aniene ai piedi orientali della Cimata delle Serre (Monte Aguzzo 1.027 m). Il territorio comunale, prevalentemente collinare, è attraversato da diversi corsi d'acqua di piccola portata e con forte carattere di stagionalità, tra cui il Fosso della Scarpa[4] e il Rioscuro, le cui acque confluiscono nel torrente Ferrata, in parte sotterraneo, affluente dell'Aniene.
La conformazione geo-morfologica del territorio ha fortemente condizionato le attività umane sin dalla preistoria; i boschi ricchi di selvaggina, le sorgenti e il fiume dovettero agevolare la caccia e la pesca, documentate sui vicini Monti Lucretili dal rinvenimento di utensili in selce risalenti al Paleolitico.
Durante l'Età del bronzo dai monti scendeva la transumanza locale per immettersi sull’importante tratturo parafluviale, che, dopo Tivoli, proseguiva verso la campagna romana e il litorale tirrenico.
In età preromana il territorio cinetese era abitato dall’appendice più meridionale del popolo italico degli Equi, ma subito ad Ovest confinava con la Sabina; la villa di Orazio nella non lontana Licenza si trovava, infatti, già in Sabinis.
La più importante testimonianza archeologica del periodo equo è rappresentata dalla necropoli arcaica (VI-V sec. a.C.) in località Casal Civitella, al confine tra Riofreddo e Cineto Romano, scavata nel 1988-89, il centro più vicino era invece Trebula Suffenas, presso l’odierna Ciciliano, fulcro della comunità dei Aequi Suffenates.
Sulle sommità montane sono stati inoltre individuati abitati risalenti alla fine dell’Età del bronzo-età del Ferro e varie roccheforti (oppida) utilizzate durante la lunga guerra (V-IV sec. a.C.) che portò infine alla conquista romana con l’istituzione nel 299 a.C. della tribus Anienis e la costruzione nel 307 a.C., ad opera del censore M. Valerio Massimo, della via Valeria.
Gli antichi itinerari e la stessa Tabula Peutingeriana riportano, fra Varia (oggi Vicovaro) e la colonia di Carsioli (Carsoli), la statio ad Lamnas, luogo di sosta per i viaggiatori, che si raggiungeva, sotto Cineto Romano, al bivio di due strade: la cosiddetta Valeria vetus, un percorso inerpicantesi su Colle Cacione-Monte S. Elia, utilizzato durante la guerra come via militare e la più recente Valeria (nova), che invece proseguiva costeggiando l’Aniene per poi ricongiungersi alla vetus presso Riofreddo. La statio, perpetuata in età moderna dalle due Osterie della Spiaggia e della Ferrata, si presentava come un aggregato di edifici dislocati ai lati della Valeria, che divenne una fondamentale arteria di collegamento con l'Adriatico attraverso il Sannio.
La via favorì la diffusione di fattorie (villae rusticae) espressione della piccola proprietà contadina, basate sulla coltura di vigneti e uliveti e sullo sfruttamento del bosco. Accanto alle ville e lungo la Valeria sorgevano anche monumenti e aree sepolcrali, testimoniati dal rinvenimento di varie iscrizioni.
Nella valle è inoltre documentata l’organizzazione territoriale paganico-vicana, incentrata cioè su piccoli villaggi (vici) riuniti in circoscrizioni (pagi), dei quali il poeta Orazio cita il vicus Varia e il pagus Mandela, comprendente anche i santuari rurali, come quello in località S. Vincenzo a nord-est di Cineto Romano o il fanum della dea Vacuna a Roccagiovine.
Nel II sec. a.C.-I d.C. il fondovalle venne ulteriormente valorizzato dalla costruzione degli acquedotti Aqua Marcia (144-140 a.C.), Aqua Claudia e Anio novus (38-52 d.C.), di cui si sono rinvenuti nel territorio vari tratti di canali ipogei.
Villae e vici furono frequentati sino alla tarda antichità, quando anche in questa zona piuttosto lontana da Roma si affermarono vasti latifondi, quale la massa (fundorum) detta Laninas (Laminas o Lamnas) dal nome della statio viaria, donata dall’imperatore Costantino al Battistero lateranense al tempo di papa Silvestro I[5].
La vera rivoluzione si ebbe però a partire dal X secolo con la nascita dei castelli (castra), come quello di Scarpa che, avocando a sé la popolazione rurale, sancirono l’abbandono definitivo degli insediamenti sparsi.
Il borgo medievale infatti, sorse sul colle Peschiero (forse derivante da pesclum ossia "peschio" o "pesco", per indicare un "luogo alto e ripido", o anche dalla presenza di una peschiera di età romana), dopo il declino dell’antica Statio ad Lamnas, per l’aggregazione degli abitanti sparsi nelle campagne, che con l’accordo dei signori radunarono le loro abitazioni a fortificazione del castello.
Sia l’antica denominazione di Lamnae ("lame") che il toponimo successivo, avrebbero origine dalla natura morfologica del territorio ovvero dal latino scalpere ("incidere") e sculpere ("scolpire") che riguardano quindi qualcosa di "acuto", quasi "tagliente", "a punta", scosceso, e non dall'alterazione (come riportato erroneamente da alcuni autori) dell'antica città di Scaptia, più unanimemente collocata in territorio prenestino o comunque nella pianura sottostante Tivoli.
Secondo notizie tramandate, ma non documentate, il fondatore e primo possessore della Scarpa fu il conte Giovanni de Marso (o de Marsi), forse discendente da una delle famiglie abruzzesi più importanti, i Berardi, noti come Conti dei Marsi (Comites Marsorum), originati dalla gens romana Marcia (o Martia) e Mamilia Ottavia.
La prima menzione in un documento è fatta risalire al Chronicon Sublacense, dove è riportato il giuramento del 1180 con cui Raone asserisce che l’abbate Simone concede la torre del castello di Roiate a Costo e suo figlio B. di Scarpa per 10 anni. Tuttavia negli Annales Ceccanenses (Chronicon Fossae Novae), è riferito che nell’anno 1166, alla morte di Rainaldo, Theodino di Scarpa è eletto abate di Monte Cassino.
A dominio del territorio furono posti i castelli del Lago (Castrum Laci), oggi in territorio di Percile e quello di Scarpa (Castrum Scarpae) inclusi poi sotto la giurisdizione della città di Tivoli (Castra censuaria Comitatus Civitati Tiburis) per il tributo di 5 libbre.
Dal XII secolo, come diverse terre e castelli della zona (Percile, Vivaro, Licenza, Cantalupo, Vallinfreda, Riofreddo, Roviano, Anticoli Corrado, Roccagiovine) anche Scarpa era stata concessa in feudo alla nobile famiglia romana degli Orsini, i quali a seconda delle vicende patrimoniali, familiari e successorie, se ne trasmisero il possesso fra di loro per un lungo periodo.
Nella sua Istoria d'Italia, Francesco Guicciardini riferisce che nel dicembre 1526, Ascanio Colonna, conquistate diverse terre del Lazio, si diresse verso Tivoli con 2000 fanti e 300 cavalli, cercando inutilmente di occupare Scarpa, castello dell'abbazia di Farfa, seppur luogo piccolo e debole.
Nel 1535, il capitano Papirio Capizucchi, cavaliere della nobile famiglia romana, rifiutò come sospetto il campo della Scarpa che Giovanni e Vulpio Orsini avevano concesso per una contesa al suo avversario Bernardino Pierleoni perché questi era al servizio della casa Orsini.
Nel 1545 Orso Orsini, diede il campo a Scarpa per un duello tra Ottaviano Monci da Palestrina e Tontarello da Gallicano per una controversia sorta fra i due, ma sul luogo convenuto nel giorno 8 dicembre, si presentò una "trombetta di Giustizia" che consegnando un breve, costrinse l’Orsini ad allontanare i contendenti.
Riportano antiche cronache che tra il 1567-75, gli abitanti di Scarpa distruggono la strada (via Valeria) per convogliare il traffico sull’osteria del loro paese deviandolo da Ferrata.
Tra gli ultimi anni del 1500 e i primi del 1600, quando si accentuava il dissesto economico degli Orsini a causa di ingenti debiti contratti dai vari suoi membri, il cospicuo complesso di beni patrimoniali della famiglia fu soggetto a squilibri, smembramenti e passaggi nell’altrui proprietà. Sotto il pontificato di Clemente VIII e del suo successore Paolo V, gli stessi furono costretti alla vendita forzata della parte loro spettante del castello di Scarpa, in virtù di vari mandati esecutivi e nel 1611 alla cessione definitiva a Marcantonio Borghese, principe di Sulmona.
Il feudo di Scarpa rimase poi sempre a questa famiglia fino alla rinuncia di tutti i diritti e pesi baronali per il motu proprio del papa Pio VIII nel 1816.
Con la successione apertasi nel 1886 per la morte del principe Marcantonio Borghese, il fondo di Scarpa passò ad uno dei figli, il Principe di Vivaro Don Camillo, che a sua volta, con atto del notarile del 13 giugno 1905, lo vendette a sua sorella Lodovica Borghese Ruffo principessa della Scaletta, quando era ormai cambiato in Cineto Romano. Il comune infatti, a seguito della deliberazione del Consiglio del 28 marzo 1884, che ravvisava l'opportunità di tale modifica, ("per la bruttezza e viltà del nome di Scarpa") a far data dal 1º maggio di quello stesso anno[6] assunse tale nome, in riguardo del profondo cratere carsico, singolarità geologica del luogo, tramandato dall’antichità col nome di Cineto (alterato volgarmente in Cinetto)[7].
Lo stemma di Cineto Romano è stato riconosciuto con decreto del 18 maggio 1913.[8]
«D'argento, alla pantofola di nero, foderata di rosso, sostenuta da due orsi ritti di nero, linguati di rosso, affrontati, sostenuti dalla pianura di verde, con la stella a dieci raggi di azzurro, posta all'altezza del capo. Ornamenti esteriori da Comune.» |
Il gonfalone, concesso con decreto del presidente della Repubblica del 2 agosto 2007, è un drappo di azzurro.[9]
Abitanti censiti[12]
La minoranza etnica più numerosa è costituita da rumeni. Al 31 dicembre 2013 a Cineto Romano risultano residenti 86 cittadini stranieri[13].
La comunità di Cineto Romano celebra la festa del patrono San Giovanni Battista il 29 agosto. Per antica tradizione inoltre vengono celebrati la compatrona Sant’Agata il 5 febbraio e San Rocco il 16 agosto. La venerazione dei santi protettori del paese è documentata principalmente dal “Libro delle offerte fatte dei devoti del popolo di Scarpa a S. Rocco” a partire dal 1775. Attraverso i resoconti delle adunanze delle confraternite e del popolo, veniva stabilito di nominare un priore della compagnia e due assistenti (camerlenghi) che avevano anche il compito di disciplinare la festa e la solenne processione. Inoltre erano estratti a sorte quattro confratelli per il trasporto della “macchina”, uno per il crocifisso e due per i “lanternoni”. Dal 1787 è attestato l’uso di indire un’offerta pubblica, per la designazione di un “signore” della festa o “festarolo” che aveva diritto a tenere in casa per un anno la statuetta della Santa nonché trasportarla processionalmente e organizzare i festeggiamenti per il successivo anno. Venivano inoltre stabiliti due “camerlenghi” e un “vicario” estratti a sorte. L’adunanza per l’organizzazione della festa di S. Agata avveniva solitamente il 1º gennaio e l’offerta il 6 febbraio, mentre per S. Rocco il 25 luglio e l’offerta il 16 agosto. L’usanza dell’offerta in onore di S. Agata è documentata fino al 1838, tradizione invece sopravvissuta fino ai tempi presenti per quanto riguarda l’aggiudicazione e l’organizzazione delle celebrazioni in onore di S. Rocco. Le assemblee si svolgevano per la maggior parte nella casa del “festarolo” in carica, ma in tempi di ristrettezze, quando cioè nessuno assumeva l’onere dei festeggiamenti, anche nella casa della Comunità, che in varie occasione si dovette far carico dei festeggiamenti. Di più recente istituzione invece le celebrazioni abbinate a quelle patronali: il 6 febbraio Santa Dorotea e il 30 agosto la Madonna del Carmine.
Nel mese di marzo si svolge, da più di trent'anni, la Sagra della polenta, organizzata dalla locale Associazione Pro Loco.
In ottobre invece ha luogo la sagra del piatto tipico locale: le "sagne di farro", ovvero delle fettuccine alla farina di farro guarnite da sugo aglio e olio.
La natura, l'amenità del paesaggio, la salubrità dell'aria e delle sue numerose sorgenti, fanno del paese apprezzata meta di villeggiatura.
Il "Sentiero Coleman", da cui è possibile raggiungere anche le suggestive Cascate di Rioscuro, è una delle più ricercate attrazioni turistiche.
Fino alla fine degli anni '50 del '900 era in funzione la stazione di Cineto Romano sulla ferrovia Roma-Sulmona-Pescara, inaugurata nel 1888. La stazione ferroviaria oggi più vicina è quella di Valle dell'Aniene-Mandela-Sambuci, collegata alla Stazione di Roma Tiburtina.
Tra il 1816 e il 1870 amministrativamente all'interno della Comarca di Roma, suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio, faceva parte del Distretto di Arsoli.
Nel 1884 Scarpa cambiò denominazione in Cineto Romano.
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