Ciciliano è un comune italiano di 1 246[1] abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio.
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Ciciliano comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Massimiliano Calore (lista civica) dall'11-6-2017 |
Territorio | |
Coordinate | 41°57′42″N 12°56′29″E |
Altitudine | 619 m s.l.m. |
Superficie | 18,85 km² |
Abitanti | 1 246[1] (31-09-2021) |
Densità | 66,1 ab./km² |
Frazioni | Passo della Fortuna |
Comuni confinanti | Capranica Prenestina, Castel Madama, Cerreto Laziale, Pisoniano, Sambuci, San Gregorio da Sassola |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 00020 |
Prefisso | 0774 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 058030 |
Cod. catastale | C677 |
Targa | RM |
Cl. sismica | zona 2B (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 427 GG[3] |
Nome abitanti | cicilianesi |
Patrono | santa Liberata |
Giorno festivo | 18 agosto |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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Ai confini con il comune di san Gregorio da Sassola si trova la vetta della Spina Santa (m. 1059 slm) dei monti Prenestini.
Ciciliano, su un colle (m. 619 slm) in posizione strategica tra i Monti Prenestini e i Monti Ruffi, domina le Valli dell’Empiglione e del Giovenzano, affluenti dell’Aniene, che convergono ai suoi piedi al Passo di San Pietro prossimo al Passo della Fortuna (m. 471), crocevia degli itinerari delle transumanze delle antiche popolazioni appenniniche e per i collegamenti con Roma attraverso Tivoli o Palestrina.
Da rinvenimenti nel territorio risulta già nel Paleolitico la presenza sui monti di cacciatori alla ricerca di prede, specialmente cervi. La caccia di questa selvaggina proseguì nel periodo della dominazione Romana e nel medioevo alimentò la leggenda della conversione di S. Eustachio al quale sarebbe apparso un cervo con una croce tra le corna. L'ultimo cervo sui Monti Prenestini fu abbattuto nella seconda metà del secolo XIX.[4]
Al periodo del Neolitico è invece attribuibile una piccola ascia di pietra levigata a testimonianza di una più diffusa frequentazione. Ma fu nell'età eneolitica e nell'età del bronzo che la zona fu stabilmente frequentata nel corso delle transumanze, sia per la ricchezza di sorgenti e corsi d'acqua che per la facilità degli spostamenti attraverso le le valli. Al Passo della Fortuna i pastori trovavano un ideale luogo di sosta dove potevano riposare e dissetare il bestiame prima di affrontare l'ultimo tratto del loro itinerario verso la pianura.
A partire dal VI-V sec. a.C. Ciciliano, come il vicino colle detto localmente Cocciaregliu,[5] fu quasi certamente uno degli oppidum degli Equi ricordati da Tito Livio da cui controllavano il territorio ad est della latina Tivoli. Una loro comunità locale citata da Plinio il Vecchio, i Suffenates, si insediò sul Passo della Fortuna dando origine al pagus di Trebula (termine assimilabile al nostro “Casale”).
Dopo la definitiva conquista romana del territorio equo (IV sec. a.C.) e la fondazione delle colonie di Alba Fucens e Carsioli alla cittadina di Trebula dei Suffenati fu concessa la civitas sine sufragio e nel I secolo a.C. fu elevata a “Municipio” divenendo il centro amministrativo di un vasto territorio (ager Trebulanus) che si estendeva nella Valle Empolitana, nella Valle del Giovenzano e nella media Valle dell’Aniene.[6] Sull’antico ager Trebulanus, coincidente nel medioevo con la Massa Giovenzana interessata dal fenomeno dell'incastellamento ad opera degli Abati benedettini di Subiaco, sorgono oggi almeno 17 centri abitati (Ciciliano, Castel Madama, Pisoniano, San Vito, Capranica prenestina-Guadagnolo, Gerano, Cerreto, Canterano, Rocca Canterano- Rocca di Mezzo, Rocca Santo Stefano, Sambuci, Saracinesco, Anticoli Corrado, Marano Equo, Agosta).
Trebula, celebrata per la sua felice posizione dal poeta Marziale quale fresco soggiorno estivo da preferire a Tivoli e per la bontà dei suoi formaggi, ebbe notevole sviluppo nel corso della prima età imperiale anche grazie al favore della originaria famiglia dei Plauzi Silvani ascesa a Roma al rango senatorio e legata da amicizia e parentela con la famiglia imperiale. Marco Plauzio Silvano fu console assieme ad Augusto nel 2 a.C., combatté nei Balcani assieme al futuro imperatore Tiberio ed eresse il noto Mausoleo dei Plauzi Silvani sulla via Tiburtina presso Ponte Lucano. Sua madre, Urgulania, di regale discendenza etrusca, è ricordata da Tacito come matrona molto influente a Roma in quanto amica e confidente di Livia, moglie di Augusto; sua figlia, Plauzia Urgulanilla, fu la prima moglie del futuro imperatore Claudio che affidò ad Aulo Plauzio Silvano la conquista della Britannia. La documentazione epigrafica finora emersa attesta che più di un membro della gens Plauzia fu patronus del Municipio, che era retto da duoviri ed iscritto alla tribù Aniensis, ed anche la precoce presenza di un numeroso e attivo collegio degli Augustales a riprova della stretta vicinanza con la famiglia imperiale.
Le numerose testimonianze sinora emerse di questo importante passato fanno oggi del territorio di Ciciliano la più ampia e rilevante area archeologica del Lazio orientale dopo Tivoli e Palestrina.
Quando nel V secolo iniziarono le invasioni barbariche Trebula fu progressivamente abbandonata e probabilmente alcuni abitanti si rifugiarono sul vicino colle detto Caecilianum perché possesso dei Caecili[4] dove precedentì insediamentì sono testimoniati da resti di mura poligonali e di una villa romana.[7]
Negli ultimi secoli dell’Alto Medioevo per impulso degli Abati di Subiaco e dei Vescovi di Tivoli nel territorio circostante, dove erano presenti i resti di numerose ville romane, si insediarono diverse comunità agricole, tra cui il Villaggio di San Valerio e Civitas Noe sui ruderi di Trebula, raccolte intorno a sette chiese rurali[8] delle quali oggi restano San Pietro “in desertis posita” e i ruderi di Santa Cecilia[9], San Magno, San Giovanni e San Valerio[10] nelle località omonime.
A partire dal X secolo i contrasti tra Subiaco e Tivoli per il controllo del territorio portarono ad opera degli abati sublacensi alla nascita di rocche sulle alture circostanti,[11] Rocca Giovenzano ( o Bubarano) , Rocca d’Elci[12], Castrum Morellae[13] e all’incastellamento di Ciciliano attorno alla Rocca e alla Chiesa di Sant'Erasmo.
Dopo tre secoli di predominio dell’abbazia benedettina, nel 1357 il Castrum Cecigliani entrò a far parte dei possedimenti della famiglia Colonna che lo governò per circa duecento anni, divenendo spesso teatro degli scontri, nei primi decenni del ‘400, con la rivale famiglia Orsini e nel corso del ‘500 oggetto di varie confische papali tra cui quelle ad opera di Alessandro VI (Rodrigo Borgia) che vi fece risiedere (1500-1503) il fanciullo Giovanni, detto "l'Infante Romano", presunto figlio illegittimo di Lucrezia Borgia, di Paolo III Farnese (1541-1549) che dopo un assedio ne fece smantellare le mura, di Paolo IV Carafa (1555-1559) che lo incluse nel Ducato di Paliano dato al nipote Giovanni.[14]
Nel 1563 Marco Antonio Colonna, tornato in possesso di Ciciliano, per levarsi alcuni debiti e dotare le sorelle lo vendette assieme ai castelli di San Vito e Pisoniano, a Domenico Massimo il quale ottenne dal pontefice il riconoscimento del nuovo feudo e il titolo di Conte di Ciciliano.[15]
Al periodo Colonnese risalgono l’ampliamento della Rocca, ad impianto quadrato con torri angolari, l'edificio con archetti gotici sede sino alla seconda metà del ‘700 della chiesa parrocchiale di Santa Maria, quello con finestre bifore sormontate dallo stemma papale di Martino V (Oddone Colonna, 1417-1431), il ciclo di affreschi della chiesa di Santa Liberata, eseguiti da Maestri della bottega di Antoniazzo Romano[16], il primo impianto della Chiesa e dell'Ospedale di Santa Maria Maddalena al Passo della Fortuna,[17] riedificato nel ’600.
Nel 1572 il feudo, con titolo di contea, fu acquistato per la rilevante somma di 26.000 scudi romani dal nobile forlivese Gerolamo Theodoli, Vescovo di Cadice, che dal re di Spagna riceveva una pensione di 4000 scudi l'anno e che aveva già eretto un imponente palazzo, detto "del Calice", a Roma in Via del Corso e realizzato la cappella di famiglia in Santa Maria del Popolo.
Il pronipote quattordicenne, Theodolo, suo erede nel 1579 e secondo Conte di Ciciliano. concesse lo stesso anno un proprio Statuto a Ciciliano[18]; nel 1596 ottenne dal papa anche il titolo di Marchese di San Vito e Signore di Pisciano.
I Theodoli, elevati nel ‘600 al rango di Marchesi di Baldacchino che li parificava ai principi romani e contemplava, tra diversi privilegi quello di poter ospitare il pontefice, simboleggiato dall’innalzamento di un baldacchino nelle proprie dimore,[19] esercitarono i diritti feudali sulla Contea di Ciciliano sino al 1816; ad essi si deve la definizione urbanistica del centro storico: Porta di Sotto, l'Arco Valerio, il grande granaio con botteghe sottostanti che delimita un lato dell’antica Piazza del borgo al cui centro campeggia la Chiesa della Madonna della Palla (1759, pregevole opera del marchese architetto Gerolamo Theodoli),[20] Porta di Corte e la trasformazione, con vari interventi nel corso dei secoli, della originaria rocca medievale nell’attuale Castello Theodoli tuttora proprietà della famiglia.
Significative tracce della civiltà contadina, sopravvissuta a Ciciliano sino agli anni 40 del secolo scorso, sono la particolare e diffusa presenza nel territorio di “attèe”, casali per il ricovero del bestiame e la rimessa di attrezzi e foraggio, oggi in gran parte abbandonati, alcuni ristrutturati, e di “cone”, edicole sacre campestri delle quali è giunta sino a noi quella settecentesca della Madonna di Loreto, recentemente restaurata a cura dell’Associazione Comitato Articolo 9.[21]
Sul muro di un vecchio edificio al centro della “Piazza” di Ciciliano (oggi Corso Umberto I) secondo un racconto tradizionale il 13 luglio 1659 venne rinvenuto, e considerato evento miracoloso, un antico affresco della Madonna con Bambino per custodire il quale la comunità decise di edificare una piccola chiesa denominata quindi Santa Maria "de Platea" (della Piazza) che la dizione popolare mutò poi in Madonna "della Palla", nome definitivamente assunto dal nuovo elegante Tempio, che sostituì la precedente chiesetta ormai fatiscente, progettato, finanziato e realizzato nel 1759 dal marchese Gerolamo Theodoli, feudatario di Ciciliano, che se ne riservò il patronato perpetuo, per se e i suoi eredi.
Rinomato architetto, Il colto marchese, che fu anche Principe dell’Accademia di San Luca, a Roma era stato artefice, tra molte altre opere, dell’Oratorio della Divina Provvidenza (1728, odierno Residence di Ripetta), del Teatro Argentina (1732), delle Chiese di San Nicola in Arcione (1729) e dei Santi Pietro e Marcellino in via Merulana (1752), del campanile della Chiesa di Santa Maria in Montesanto a Piazza del Popolo (1758). A Vicovaro aveva progettato la chiesa di San Pietro (1755) e per migliorare il collegamento con i suoi feudi aveva edificato il Ponte degli Arci in sostituzione di quello romano fatiscente, nel feudo di San Vito le chiese di San Biagio, San Vito e S. Maria dell’Arce.
La facciata della Madonna della Palla, che riproduce, con estrema semplificazione, quella della chiesa romana dei Santi Pietro e Marcellino, è ornata da due coppie di lesene in muratura lisce con basamento in pietra, il timpano angolare è impostato su una cornice aggettante, il portale, sormontato dallo stemma Theodoli, e il soprastante finestrone hanno una semplice cornice a fascia piatta, il buco della serratura inquadra perfettamente l’antico affresco. L’impianto di sobria eleganza è ad aula unica, con un unico altare perpetuo per espressa volontà del Theodoli, senza coro e con gli spazi laterali ridotti a due nicchioni, l’ordine è dorico, le modanature lineari, gli snodi angolari. L’interno è caratterizzato da un diffuso chiarore generato dagli alti finestroni e dalla stesura di due tonalità di bianco: fredda (bianco di stucco) per le membrature e i rilievi, calda (bianco travertino) per i fondi, che contribuiva a mettere in risalto, come unica nota di colore, il piccolo affresco sulla parete d’altare, inserito in una cornice di stucco dorato con raggera e in una di marmo venato rosa circondata da elementi decorativi in stucco bianco di gusto barocco. Oggi questo effetto è in parte attenuato dalla presenza di arredi moderni, funzionali al culto e, lungo le pareti, di numerosi attrezzi processionali, alcuni del XVIII secolo, di pregevole fattura artigianale, tuttora in uso nelle diverse ricorrenze religiose del paese.
Sorge sulla sommità del colle omonimo, chiamato nel medioevo “Vigilianum” o “Bicilianum” forse perché da questo luogo era possibile vigilare qualsiasi movimento lungo la valle Empolitana, dove si snodava la strada romana che collegava Tivoli a Trebula Suffenas, e la valle del Giovenzano che consentiva un collegamento con la via Valeria e l’Abruzzo. Nella sua forma attuale la chiesa deriva dalla giunzione di due corpi di fabbrica edificati in tempi diversi. Nella seconda metà del XV secolo fu eretta un’edicola con volta a botte che costituisce ora il presbiterio e che venne decorata con un interessante ciclo di affreschi, attribuiti alla bottega di Antoniazzo Romano, forse su committenza dei feudatari dell’epoca, i Colonna[16]. Sulle pareti sono raffigurate la Madonna con il Bambino, le Sante Vittoria, Anatolia, Agata, Liberata e i Santi Benedetto, Sebastiano, Gregorio, Pietro, Magno. Tra il 1653 e il 1662 (quest’ultima data si legge su una pianella del tetto) venne aggiunto il corpo rettangolare che costituisce la navata, coperta con tetto a capriate. Alla fine dell’Ottocento il Comune concesse ai Padri Maroniti, ai quali era stata affidata, di inglobare la chiesa in nuove costruzioni di loro proprietà. Oltre al ciclo di affreschi, altra opera di notevole pregio è il paliotto d’altare in scagliola, realizzato nel XVIII secolo da una bottega romana. Il fondo del paliotto è nero lavagna, al centro reca un tondo su cui è raffigurata a monocromo la scena del Martirio di S. Lorenzo; dai lati partono volute e rami policromi con fiori e foglie tra cui sono posti due uccelli esotici.
Non è nota la data di costruzione della Chiesa attuale di cui si hanno notizie documentate dalle visite pastorali dei Vescovi di Tivoli solo a partire dal 1581, tuttavia è ipotizzabile che essa sorga sul luogo della Chiesa detta di Santa Maria de Limandrilli, citata negli atti di un processo per eresia svoltosi a Rieti nel 1334[22]. In effetti dietro il complesso Chiesa-Ospedale, sempre in area di proprietà comunale, sono tuttora presenti due recinti murari che potrebbero essere stati in antico dei mandrili, recinti per il bestiame. Per quanto riguarda l’Ospedale, Giuseppe Marocco[17] afferma che fu eretto per ricovero de’ poveri passeggeri nell’anno 1400. Da un documento datato 21 Ottobre 1604, conservato nell’Archivio Vescovile di Tivoli, apprendiamo che Francesco Baldi di Ciciliano si obbliga innanzi al Vicario Generale di fabbricare l’Ospedale nel luogo stesso dell’Ospedale antico, fuori e vicino Ciciliano d’appresso la via pubblica romana.
Dal complesso, chiesa, ospedale e prato antistante con pozzo, iniziava il "Sentiero dei Pellegrini", la via più breve per salire a piedi all'antico Santuario della Mentorella sul Monte Guadagnolo (m. 1218), cima dei Prenestini.
Gli affreschi nella chiesa (del XVII secolo) furono realizzati probabilmente in concomitanza con la costruzione del nuovo Ospedale. Sulle pareti adiacenti all’arcone d’accesso al coro a destra in basso S. Lucia, in alto l’Angelo Annunciante; a sinistra in basso S. Apollonia, in alto la Vergine Annunciata (datati giugno 1613, senza nome dell’autore).Nella volta del coro la colomba dello Spirito Santo e gli Evangelisti. Nel coro, sulla parete d’altare, Cristo crocefisso sul Calvario con la Madonna, S. Giovanni Evangelista e la Maddalena abbracciata alla croce; a destra la scena del “Noli me tangere”; a sinistra Maria Maddalena nel deserto[23].
La Chiesa, edificata tra il 1793 e il 1818 (anno di consacrazione), sorge a chiudere il lato corto dell’antica “Piazza” del Borgo (ora Corso Umberto I). Fu eretta in dimensioni maggiori ed in posizione più avanzata ed elevata rispetto alla precedente parrocchiale di Santa Maria, risalente al XIV secolo, il cui sito è identificabile nel sottostante edificio con archetti gotici in via Marconi (detta localmente “la selciata”). In precedenza la funzione di parrocchia era stata svolta dalla Chiesa di S. Erasmo, chiesa baronale, fondata dai benedettini dell’Abbazia di Subiaco ai quali si deve la nascita del paese tra XI e XII secolo; sconsacrata nel 1609, riutilizzata prima come granaio e poi come “stallone”, tuttora visibile a fianco della torre circolare del Castello.
Per la costruzione della nuova parrocchiale occorsero diversi anni: fu necessario un notevole impegno finanziario e molto lavoro volontario da parte della popolazione che intendeva così realizzare una propria chiesa in concorrenza con quella della Madonna della Palla, progettata ed edificata nel 1759, al centro della Piazza, dal marchese Architetto Gerolamo Theodoli il quale ne aveva ottenuto il patronato perpetuo per se e i suoi eredi.
Realizzatore dell’edificio, di stampo neoclassico nella facciata, a due ordini sovrapposti coronata da un timpano triangolare con sotto l’iscrizione dedicatoria “Mariae in coelum Assumptae”, parzialmente occultata dalla preesistente mole del granaio Theodoli (sec. XVII), fu il fabbrimurario (architetto) Domenico Spaini, romano. Sopra la porta, coronata da un timpano semicircolare, entro una cornice un’iscrizione rammenta alcune vicende della chiesa. L’interno è a pianta basilicale, senza transetto, a tre navate divise da pilastri archivoltati, di tardo gusto barocco.
Nella chiesa di notevole pregio storico-artistico sono la fonte battesimale e un’acquasantiera, entrambi del XVI secolo, provenienti dalla precedente parrocchiale; del XVII secolo è il paliotto d’altare incorniciato di serpentino con fondo alabastro; nel centro è un tondo di marmo nero in cui è intarsiata una croce raggiata in marmo giallo, proveniente probabilmente da una chiesa romana.
La pala d’altare, “Assunzione della Vergine, con donatore”, è un grande dipinto ad olio su tela della fine del ‘500, pregevole opera di Giovanni Battista Ricci detto il Navarra (Novara 1550 ca – Roma 1627) celebre pittore tardomanierista a lungo attivo a Roma; molte sue opere, soprattutto affreschi, sono oggi visibili nelle più importanti chiese della Capitale. In particolare, una tela dell’Assunta a lui attribuita molto simile a quella di Ciciliano è conservata nella Chiesa di San Lorenzo in Miranda (Tempio di Antonino e Faustina) al Foro Romano. Nel mezzo della composizione è il sarcofago, scoperchiato e vuoto, circondato dagli Apostoli. In alto, circondata da angeli, la Vergine sale al cielo. In basso a sinistra l’intensità dello sguardo del giovane donatore, di cui è raffigurato il volto, introduce lo spettatore all’interno del dipinto.
Sulla parete sinistra, di autori ignoti, sono del ‘600 le tele “Transito di San Giuseppe” e “Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Caterina”, del ‘700 “Madonna con Anime Purganti tra San Magno e Santa Liberata” Patroni di Ciciliano.
Gli affreschi della volta e dell’abside furono inizialmente realizzati nel 1867 (come ricorda l’epigrafe in facciata) dal mediocre pittore Ceruti ma furono completamente ridipinti nel 1951, in occasione del restauro della chiesa per celebrare l’Anno Santo 1950, dal pittore e Maestro restauratore presso i Musei Vaticani Igino Cupelloni (Roma 1918-2008) che eseguì anche le tele di Sant’Antonio Abate, San Giovanni Battista e del Sacro Cuore nella navata destra. Nei primi anni ’90 del secolo scorso lo stesso Cupelloni effettuò alcuni restauri alle sue opere. Gli ultimi interventi nella chiesa che hanno ripristinato la coloritura originale dell’interno sono del 1999.
Il castello ha come nucleo originario la Rocca eretta fra il 1050 e il 1115 dall’Abbazia benedettina di Subiaco a protezione dei suoi confini territoriali verso Tivoli[18]. In questa fase era un luogo fortificato con funzione di difesa e rifugio temporaneo. Accanto alla rocca, ancora oggi stretta tra l’unica torre circolare del castello e la prima porta del paese (“la portella”), era la chiesa di S. Erasmo, sconsacrata nel 1609, riutilizzata come granaio e successivamente come scuderia (“lo stallone”). La trasformazione da fortificazione a castello è avvenuta in fasi successive. Un primo ampliamento, nel XV secolo, è opera dei Colonna, che realizzarono un impianto quadrato con torri angolari[24]. Ai Theodoli, che acquistarono il feudo di Ciciliano nel 1572, si deve la trasformazione in residenza (“il palazzo”) con il ribaltamento del primitivo ingresso al quale si accedeva dall’interno del borgo fortificato (“il castelluccio”) e la realizzazione dello scalone a ferro di cavallo che consente il collegamento con la Piazza di Corte, delimitata sul lato opposto dall’imponente granaio, la costruzione della scala cordonata che dal cortile tramite un loggiato sale al giardino pensile di S. Erasmo, con cisterna e alberi di tasso, al piccolo oratorio (ricavato nel ‘600 nel piano superiore del loggiato), alle sale del piano nobile e al giardino pensile superiore con secolari alberi di bosso dove è ancora funzionante un pozzo che attinge da una grande cisterna interrata. Sul cortile, dove è collocata un'ara romana, affacciano l’ampia cucina, un antico forno alla base della torre maestra e un torcularium per pigiare le uve inserito nella caditoia dell’antica porta. Dall’androne di ingresso si accede alle segrete dove sono ancora visibili i graffiti fatti dai detenuti. All’inizio del XX secolo risalgono gli ultimi restauri e il ripristino della merlatura guelfa.
I resti del centro storico dell’antica cittadina romana di Trebula Suffenas, in località Ospedale Santa Maria Maddalena-San Giovanni, a sud-ovest del Passo della Fortuna, si estendono, attraversati dalla moderna Via di Rocca d'Elci, nel parco di Villa Manni e nell’adiacente proprietà Terenzi dove, a cura dell’Associazione Comitato Articolo 9 in collaborazione con la Soprintendenza territoriale, sono in corso interventi propedeutici a future indagini archeologiche. Notevoli rinvenimenti archeologici si devono finora agli scavi effettuati nel 1948 dalla Soprintendenza alle Antichità del Lazio, sotto la direzione di Domenico Faccenna, all’interno della proprietà Manni[25] in seguito ai quali furono riportati alla luce un piccolo foro pavimentato a lastre di tufo e travertino, un grande e raffinato complesso termale di età antonina (150-130 a. C.), varie domus databili fra il II secolo a.C. e l’epoca tarda, affacciate su strade basolate, statue, colonne, vasi, monete, macine per il grano e numerosissime iscrizioni.
Abitanti censiti[26]
Al 31 dicembre 2013 a Ciciliano risultano residenti 141 cittadini stranieri, la nazionalità più rappresentata è quella rumena, con 97 cittadini residenti[27].
Il comune è interessato dalla strada provinciale 33/a Empolitana I.
Data | Sindaco | Schieramento | Note |
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2017-oggi | Calore Massimiliano | Lista Civica: Idee in Comune | |
2014-2017 | Timperi Claudio | Lista Civica: Ciciliano Insieme | Con D.P.R. del 9 febbraio 2017, pubblicato sulla G.U. n.49 del 28-02-2017, il consiglio comunale è stato sciolto per le dimissioni rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri ed il comune è stato commissariato. |
2009-2014 | D'Alessio Rita | Lista Civica | |
2004-2009 | Mattoni Amleto | Lista Civica | |
1999-2004 | Mattoni Amleto | Lista Civica | |
1995-1999 | Parlagreco Tommaso | Lista Civica |
Tra il 1816 e il 1870 amministrativamente, all'interno della Comarca di Roma, suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio, faceva parte del Distretto di Tivoli.
Ha avuto sede nel comune la società di calcio A.S.D. Ciciliano, che ha disputato campionati dilettantistici regionali.[28]
Biblioteca statale di Santa Scolastica a Subiaco, Archivio Colonna: 18 gennaio 1357, Pietro di Giordano Colonna acquista la terza parte di Ciciliano, XVIII, 43 (G/22); anno 1373, Testamento di Pietro Colonna, III BB LIV n.39; Registro delle Patenti: 1 dicembre 1562, Patente di Marco Antonio Colonna sulla nomina del parroco di Ciciliano.
Archivio storico diocesano di Tivoli, Atti delle Sacre Visite Pastorali del 1564-1576 (ora in Renzo Mosti (a cura di), Le "Sacre Visite" del '500 nella Diocesi di Tivoli. 1. Le Visite Pastorali di Mons. Giovanni Andrea Croce dal 1564 al 1576, Società Tiburtina di Storia e d'Arte, Tivoli, 1988); 4-6 aprile 1581 (trascrizione dattiloscritta inedita di Renzo Mosti); 1602, 1609, 1638, 1659, preparatoria sinodo 1681-1682 (informazione del parroco di Ciciliano don G. Rossi al Vescovo di Tivoli), 1688, 1690, 1693, 1709, 1731.
Archivio storico comunale di Ciciliano, 1583-1963 (inventario a cura di Mario Marino e Anna Cioffarelli).
Biblioteca Apostolica Vaticana: Gaetano Montanari, Lettera di notizie sullo scavo di Gerano e suo vicinato, 1793, Cod. Lat. Vat. 9486, f. 101. Giuseppe Marocco, Monumenti dello Stato Pontificio, Tomo VIII, pp. 141–149, Tipografia Boulzaler, Roma, 1835.
Giuseppe Marocco, Monumenti dello Stato Pontificio, Tomo VIII, pp. 141–149, Tipografia Boulzaler, Roma, 1835.
Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, vol. LXXV, pp. 273-276, Tipografia Emiliana, Venezia 1855.
Adone Palmieri, Topografia statistica dello Stato Pontificio, vol. II, pp 103–104, Tipografia Forense, Roma, 1857.
Luigi Maria Bruzza, Il Regesto della Chiesa di Tivoli, Tipografia della Pace, Roma, 1880.
Allodi-Levi, Il Regesto Sublacense dell’undicesimo secolo, Biblioteca della Società romana di storia patria, Roma, 1885.
Hermann Dessau, Corpus Inscriptionum Latinarum, CIL XIV, Inscriptiones Latii Veteris Latinae, cap. XXVII, Berlino, 1887.
Edoardo Martinori, Lazio Turrito. Repertorio storico ed iconografico di torri-rocche-castelli e luoghi muniti della provincia di Roma, Tipografia U. Quintily, Roma, 1932-1934.
Giulio Silvestrelli, Città, castelli e terre della regione romana, vol. I, Roma, Arti grafiche, 1940.
Domenico Faccenna, Ciciliano. Resti di una villa romana in località “Ospedale San Giovanni”, in “Notizie degli Scavi di Antichità”, Roma, 1948.
Esquilio Calvari, Pomponia Grecina (i Plauzi Silvani) in “Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte”, 24, Tivoli, 1951.
Lily Ross Taylor, Trebula Suffenas and the Plautii Silvani, in “Memoirs of the American Academy in Rome”, XXIV, pp. 7-30, Roma, 1956.
Vincenzo Federici, L’unità del bacino dell’Aniene, in “Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte”, 34, Tivoli, 1961.
Renzo Mosti, L’eresia dei fraticelli nel territorio di Tivoli, in “Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte”, 38, Tivoli, 1965.
Cairoli Fulvio Giuliani, Forma Italiae, regio I, volumen tertium, Tibur, pars altera, Unione Accademica Nazionale, De Luca Editore, Roma, 1966.
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Lorenza Berni Brizio, Ritrovamenti in località “Ospedale San Giovanni” presso Ciciliano (Roma), in Atti Ce.S.D.I.R., Cisalpino, Milano-Varese, 1969-1970.
Franco Sciarretta, Un’epigrafe da Ciciliano e la definizione topografica di Trebula Suffenas, in “Atti e memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte”, 43, Tivoli, 1970.
Giovanni Censi, Gerano tra Tivoli e Subiaco, in “Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte”, 44, Tivoli, 1971.
Lorenza Berni Brizio, Una dedicatio delle imagines di Gaio e Lucio Cesari da parte degli Augustales di Trebula Suffenas, in Atti Ce.S.D.I.R., Cisalpino, Milano-Varese, IV, 1972-1973.
Pierre Toubert, Les structures du Latium medieval. Ecole Française de Rome, vol.I, Roma, 1973.
Franco Sciarretta, Trebula Suffenas. La città dei Plautii Silvani (presso l’odierna Ciciliano), Tiburis Artistica ed., Tivoli, 2013 (1ª ed. 1974).
Paolo Delogu, Lucia Travaini, Aspetti degli abitati medievali nella regione sublacense, in “Archivio della Società romana di storia patria”, 101, pp. 17-34, Roma,1978.
Lucia Travaini, Rocche, castelli, viabilità tra Subiaco e Tivoli intorno ai confini territoriali dell’abbazia sublacense (secoli X-XII), in “Atti e memorie della Società Tiburtina di Storia e d’Arte”, Tivoli, 1979.
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Giorgio Moscatelli, Castello Theodoli a Ciciliano. Tra le antiche mura del borgo medievale, in «Annali dell'Associazione Nomentana di Storia e Archeologia onlus», pp. 72-74, 2016, .
Lucrezia Rubini, I portali antichi del centro storico di Ciciliano, in «Annali dell'Associazione Nomentana di Storia e Archeologia onlus», pp. 75-78, 2016.
Giovanni Minorenti, Storie di Ciciliano tra il 900 e il 1900, ed. fuori commercio, 2017.
WORKSHOP
Ciciliano, Castello Theodoli, 12-20 Ottobre 2013: The Theodoli Castle in Ciciliano. Method of analysis and future outlooks, 2ème Atelier croisé: Cité de l’Architecture e du Patrimoine, École de Chaillot, Paris, France - Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio, Sapienza Università di Roma, Italie, professeurs Florence Batics, Benjamin Mouton, professeurs italiens Giovanni Carbonara, Daniela Esposito, a. a. 2013-2014. Premio Speciale Didattica Internazionale 2017 nell’ambito del Premio Internazionale “Domus Restauro e Conservazione”, promosso dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara.
Ciciliano, Castello Theodoli, 23-29 Ottobre 2016: Leggere il tessuto storico, direttore: Prof. Daniela Esposito, comitato scientifico: prof. Lia Barelli, prof. Giovanni Carbonara, prof. Daniela Esposito, Sapienza Università di Roma, Facoltà di Architettura, Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio, a. a. 2015-2016.
Ciciliano, Theodoli Castle, September 10th-16th, 2017: Reading The Historic Framework, scientific direction: Prof. Daniela Esposito, scientific committee: Prof. Lia Barelli, Prof. Giovanni Carbonara, Prof. Daniela Esposito, Università di Roma, Facoltà di Architettura, Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio, academic year 2016-2017.
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