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Monumentale città barocca, nel 2002 il suo centro storico è stato insignito del titolo di Patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO, insieme con altri sette comuni nella lista delle Città tardo barocche del Val di Noto.
Geografia fisica
Territorio
Scrive così Elio Vittorini nel suo romanzo incompiuto Le città del mondo:
«La città di Scicli sorge all'incrocio di tre valloni, con case da ogni parte su per i dirupi, una grande piazza in basso a cavallo di una fiumara, e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano in più punti, come acropoli barocche, il semicerchio delle altitudini...»
Scicli dista 24 chilometri da Ragusa. Il suo territorio comunale si estende dal mare alle propaggini meridionali del tavolato ibleo. I paesaggi sono molto vari: si passa dalla costa (alternando quella bassa e sabbiosa a modeste falesie calcaree) coperta dalla macchia mediterranea ai pendii dolci di origine alluvionale dell'entroterra con ulivi, mandorli e carrubi fino a giungere ai rilievi calcarei della parte settentrionale e interna in cui sorge il capoluogo.
Il territorio comunale è solcato da diversi corsi d'acqua i quali hanno tutti carattere torrentizio e pressoché stagionale fatta eccezione per l'Irminio; gli altri principali torrenti intercettano il centro di Scicli e sono il Mothucanus o torrente Modica-Scicli, il torrente di S. Maria La Nova e quello di S. Bartolomeo. Nei millenni ognuno di questi ha scavato nel tavolato profonde gole che oggi caratterizzano il paesaggio. La città moderna è adagiata nella conca in cui questi tre canyon confluiscono.
Origini del nome
Le origini della città di Scicli sono molto antiche e risalgono probabilmente al periodo siculo, quindi oltre 3000 anni fa. Il nome, secondo alcuni studiosi, deriva da Šiclis, uno degli appellativi utilizzati per indicare i Siculi, i famosi Popoli del Mare che gli egiziani chiamavano Shekelesh. È più probabile comunque una derivazione, sempre risalente a "Siculi" attraverso l'arabo Šiklah, riportato da Idrîsi nella Tabula Rogeriana, come scrivono Salvo Micciché e S. Fornaro.
Si è discusso anche se è possibile identificare Scicli con Casmene, seconda colonia siracusana fondata nel 645 a.C., 20 anni dopo Acre, l'odierna Palazzolo Acreide, ma questo dato era già stato smentito da Di Vita che aveva identificato il sito in Monte Casale.
Storia
Protostoria
La presenza umana nel territorio di Scicli risale addirittura al periodo Calcolitico, come dimostrano i ritrovamenti della Grotta Maggiore situata vicino all'Ospedale Busacca, datati fra l'età del rame e l'età del bronzo antico (III-II millennio a.C. – XVIII a.C.-XV secolo a.C.).
Epoca antica
Ritrovamenti archeologici, in particolare i resti di un abitato greco presso la foce dell'Irminio, testimoniano la presenza, o comunque dei contatti di primaria importanza con i greci.
Oltre ai resti greci sono state trovate tracce che testimoniano la presenza dei cartaginesi, presenti nell'isola fino alla conquista romana avvenuta nel III secolo a.C. Sotto il dominio romano, Scicli divenne città "decumana", ovvero città sottoposta al tributo della "decima", consistente nel pagamento di un decimo del raccolto. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Scicli passò ai bizantini e subì, come altre città dell'Isola, le incursioni dei Barbari.
La caratteristica conformazione del territorio con la presenza di cave e grotte carsiche, ha favorito la nascita di numerosi insediamenti rupestri.
Medioevo
Oltre a quello preistorico di Grotta Maggiore, ricordiamo anche l'insediamento tardo bizantino del VII secolo sito in località Castellaccio, e l'insediamento rupestre probabilmente bizantino (VIII secolo d.C.) e medievale (XII secolo d.C.) in località Chiafura, visibile sino ai nostri giorni.
Con i Normanni, Scicli conobbe un periodo di notevole sviluppo agricolo e commerciale. Lo storico arabo Edrisi nella prima metà del XII secolo, esaltò la prosperità economica di Scicli con queste parole:
«rocca di Siklah, posta in alto sopra un monte, è delle più nobili, e la sua pianura delle più ubertose. Dista dal mare tre miglia circa. Il paese prospera moltissimo: popolato, industre, circondato da una campagna abitata, [provveduto] di mercati, a' quali vien roba da tutti i paesi. [Qui godesi] ogni ben di Dio ed ogni più felice condizione: i giardini producono tutta sorte di frutte; i legni arrivano di Calabria, d'Africa, di Malta e di tanti altri luoghi; i poderi e i seminati sono fertilissimi ed eccellenti sopra tutt'altri; la campagna vasta e ferace: ed ogni cosa va per lo meglio in questo paese. I fiumi [del territorio], abbondanti di acqua, muovono di molti molini.»
(Edrisi)
Si sa molto poco, comunque, della dominazione araba a Scicli e non si conoscono al momento iscrizioni[3] utili a tracciare una storia chiara dell'operato degli Arabi a Scicli. Si hanno forse alcune testimonianze di toponomastica araba in nomi di contrade e siti (come Donnalucata, Donna Fridda, Marsa Shiklah, nome arabo di Contrada Pisciotto, "il porto di Scicli" in arabo, e forse il sito di Chiafura)[4].
Si fa risalire all'anno 1091 il passaggio definitivo di Scicli al dominio normanno per opera di Ruggero d'Altavilla il cui esercito avrebbe combattuto una battaglia nei pressi di Scicli quando debellò gli Arabi dal territorio nella sua marcia verso Noto e Malta. A questa battaglia, avvenuta nella Piana dei Milici, è legata la leggenda della Madonna delle Milizie:[5] si narra che la battaglia finale contro i Saraceni di un non ben identificato Emiro Belcane stata vinta dai Cristiani per l'intercessione della Vergine Maria scesa su un bianco cavallo a difesa di Scicli «mea civitas dilecta»[6]. Della tradizione si tratta in una memoria dei cosiddetti Codici Sciclitani ma il documento è ritenuto dalla maggioranza degli studiosi un falso[7]. Nella località dell'avvenimento sarebbe stata costruita la chiesetta della Madonna dei Milici, che probabilmente è trecentesca. La battaglia viene comunque ricordata ogni anno con la Festa delle Milizie, una delle principali attrazioni folcloristiche di Scicli.
I Normanni (1090-1195) introdussero il sistema feudale già diffuso altrove, e Scicli ed altre città vicine furono considerate città demaniali. Nel 1093 Scicli viene ricordata come dipendente dalla diocesi di Siracusa.
Ai Normanni successero gli Hohenstaufen (Enrico VI di Svevia si impossessò del trono di Sicilia nel 1194). Nel 1255 durante la lotta dei Papi contro la casa Sveva, Papa Alessandro IV concesse alcuni territori tra cui Scicli, Modica e Palazzolo Acreide, a titolo di feudo a Ruggiero Fimetta, nobile di Lentini già esiliato da Federico II di Svevia,[3] che si era ribellato agli Svevi, ma Ruggiero non arrivò mai a prendere il possesso della città perché fu ucciso.
Anche sotto gli Hohenstaufen, Scicli conservó il privilegio di città demaniale. La sua storia segue quella della Sicilia, per cui con la caduta dei Hohenstaufen avvenuta nel 1266, passò sotto la dominazione Angioina, mal tollerata, a causa della politica di Carlo I d'Angiò che, diversamente dai suoi predecessori normanni e svevi, considerava il Regno di Sicilia territorio di conquista e di vantaggi economici e finanziari. La politica di Carlo D'Angiò fu causa di un'insurrezione in tutta la Sicilia, nota come i Vespri Siciliani, il 5 aprile 1282 Scicli, insieme a Modica e Ragusa insorge contro le guarnigioni francesi del luogo cacciandole e ponendosi sotto la protezione di Pietro III d'Aragona.
Fu sotto la dominazione aragonese che si formò la contea di Modica, e Scicli ne venne a far parte, seguendone le sorti sotto i Mosca (1283- 1296), i Chiaramonte (1296-1392), i Cabrera (1392-1480), gli Enriquez-Cabrera (1481-1742).
Età moderna
Dal 1535 al 1754 Scicli fu anche sede di una delle dieci Sergenzie (circoscrizioni militari), competente territorialmente per il territorio della contea.
Scicli, con un passaggio graduale dal colle al piano, assunse la sua forma topografica tra il XIV ed il XVI secolo. La popolazione era aumentata notevolmente ma la peste del 1626 la ridusse drasticamente di quasi due terzi, portandola da 11000 a 4000 abitanti circa. Dopo la peste, anche grazie ad agevolazioni economiche a favore di chi decideva di risiedere in città, si ebbe un nuovo sviluppo demografico, ma il tremendo terremoto del 1693 causò 3000 morti e la distruzione di gran parte della città. Da quelle macerie, Scicli rinacque in chiave barocca, e oggi è caratterizzata da numerosi edifici settecenteschi.
Dopo il Terremoto del 1693 vennero eretti all'inizio del XVIII secolo numerosi palazzi nobiliari, ovvero:
• Palazzo Spadaro, di stile tardo-Barocco; di proprietà della famosa famiglia di origine modicana trasferitasi a Scicli nel '600
• Palazzo Beneventano, di stile Barocco; sorto sulle macerie del terremoto
• Palazzo Fava
• Municipio
• Palazzo Veneziano-Sgarlata
• Palazzo Bonelli-Patanè
• Palazzo Conti
• Palazzo Papaleo
Nel 1720 tornò al potere il Regno di Sicilia, scacciando successivamente gli spagnoli, ma lasciandone le suddivisioni geografiche. La contea di Modica così passò sotto altre 3 famiglie: gli Alba (1742-1745), i de Silva (1755-1802) e gli Stuart (1802-1816).
Nel 1816 il Regno di Sicilia si fuse col Regno di Napoli formando il Regno delle due Sicilie.
Nel 1860 tramite un plebiscito fu firmata l'annessione al Regno d'Italia
Monumenti e luoghi d'interesse
Bene protetto dall'UNESCO
Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale)
Dalla motivazione di iscrizione nella World Heritage List dell'UNESCO:
«... La via Mormino Penna, per la ricca presenza di edifici del Settecento, e il Palazzo Beneventano rappresentano un capolavoro del genio creativo umano dell'età tardo-barocca. Si può infatti dire che sia questa l'epoca che definisce nel complesso il continuum dell'ambiente urbano della via, in cui anche quegli edifici che appartengono all'Ottocento e al Novecento si sono adattati all'immagine prevalente... Palazzo Beneventano, il più famoso edificio nobiliare di Scicli ed uno dei più interessanti della Sicilia barocca, inserito dal Blunt nella sua rassegna sul barocco siciliano e successivamente notato da numerosi altri autori, è per la sua unicità anch'esso un capolavoro, in particolar modo per l'aspetto scultoreo che caratterizza le sue due facciate fastosamente decorate dai lapidici locali...»
Scicli è un centro del barocco ibleo del Val di Noto, Patrimonio dell'Umanità nella lista dell'heritage dell'UNESCO, tra i suoi principali monumenti si ricordano:
Architetture civili
Antica Farmacia Cartia
Antica Farmacia Cartia: gioiellino liberty che si trova in Via Francesco Mormina Penna. Aperta da Guglielmo Cartia nel 1902, dal 2014 è un museo gestito dall’Associazione Culturale Tanit Scicli. All’interno si possono ammirare i mobili originali di inizio novecento realizzati dal falegname ed ebanista sciclitano Emanuele Russino, impreziositi dallo splendido dipinto liberty di Giovanni Gentile che rappresenta la dea greco-romana della salute, Igea. All’interno delle vetrine i contenitori che contengono i composti, solidi e liquidi, usati in laboratorio galenico per realizzare i medicamenti, arnesi da laboratorio, alambicchi, mortai in bronzo e pietra, provette e medicine che accarezzano un arco temporale che va da inizio novecento fino agli anni ottanta. Molto bella e particolare è la vetrina dei veleni. L’Antica Farmacia Cartia è location cinematografica ne Il Commissario Montalbano e Il Giovane Montalbano oltre che nella trasposizione cinematografica del romanzo storico di Andrea Camilleri, La Stagione della Caccia.
Palazzo Bonelli-Patanè
Palazzo Bonelli-Patanè: sito in Via Francesco Mormina Penna, è in stile neoclassico molto sobrio all’esterno ma all’interno rappresenta la summa dello stile eclettico di inizio novecento, dove si incontrano neoclassico, appunto, liberty e neogotico. Lo splendido impianto iconografico, sicuramente il più ricco in città, è opera di Raffaele Scalia, pittore, decoratore, illustratore e progettista d’arredi e luci tra i più importanti in Italia nel periodo a cavallo fra ottocento e novecento. A Palazzo Bonelli-Patanè, Scalia ha affrescato lo scalone principale, il salone delle feste, i salotti degli uomini e delle donne, la sala da pranzo e la camera da letto patronale, disegnando inoltre i mobili e la loro disposizione. Dal terrazzo, infine, è possibile affacciarsi al giardino interno e ammirare uno splendido panorama della città. Anch’esso è stato location de La Stagione della Caccia.
Palazzo Beneventano: fu definito da Sir Anthony Blunt il più bel palazzo barocco di Sicilia, ("di un pallido colore giallo-oro che al sole acquista un'indescrivibile opulenza"). Si trova alle pendici del Colle di San Matteo in posizione baricentrica tra l'antica cittadella fortificata sita in cima all'altura e la moderna città settecentesca adagiata nei due canyon di Santa Maria La Nova e di San Bartolomeo (le "cave"). Caratteristici mascheroni "irriverenti" adornano i due monumentali prospetti legati da un notevole cantonale. In cima a questo svetta lo stemma coronato dei Beneventano decorato da due teste di mori, ormai uno dei simboli della Città. È stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO.
Palazzo Fava: uno dei primi, monumentali palazzi barocchi della ricostruzione, rappresenta il perno prospettico tra lo scenario naturale della cava di S. Bartolomeo e la fuga prospettica sul paesaggio antropizzato di piazza Italia e Corso Garibaldi. Notevoli le decorazioni tardobarocche del portale d'onore e dei balconi su piazza Italia ma raggiunge l'apice del genio nell'unico balcone su via san Bartolomeo ornato di grifoni, mostri di ascendenza medievale e manieristica e svariate teste di moro.
Palazzo Spadaro: sulla via F. Mormino Penna, è una delle sedi istituzionali del Comune. Rappresenta la prova tangibile del progressivo cambio di gusto dalla pomposa e scenografica poetica tardobarocca ad una raffinata e ricercata cultura rocaille. Il prospetto è leggermente curvo e segue l'impianto ancora medievale dell'antico Corso (via Francesco Mormino Penna). Gli interni sia sul piano architettonico che su quello puramente decorativo sono da riferire a rimodulazioni del XIX secolo. Visitabile, sede di numerose mostre temporanee.
Il municipio di Scicli.
Palazzo di Città (Municipio): sede del Comune. È stato costruito nei primissimi anni del Novecento sul sito del demolito monastero delle Benedettine, annesso alla chiesa di San Giovanni Evangelista. È in stile eclettico neorinascimentale, mostrando elementi del primo Rinascimento fiorentino (le bifore e il bugnato di Palazzo Rucellai progettato a metà del Quattrocento da Leon Battista Alberti) ma anche citazioni michelangioesche (l'ordine gigante). Il municipio di Scicli è noto per essere stato utilizzato come sede del commissariato di Vigata (facciata esterno e piano terra interno) e della questura di Montelusa (primo piano) nelle serie televisive Il commissario Montalbano (1999-in corso) e Il giovane Montalbano (2012-2015).
Architetture religiose
San Giovanni EvangelistaChiesa di San Matteo
Chiesa di San Matteo: simbolo di Scicli e chiesa Madre fino al 1874, è posta sul colle di San Matteo, sito della città vecchia. È l'edificio ecclesiastico più antico della Città, alcuni storiografi ne fanno risalire la fondazione all'epoca paleocristiana, altri alla dominazione normanna. Di certo esisteva durante il Medioevo nello stesso sito una grande basilica a tre navate con un alto campanile collocato a sud, dietro alle absidi; l'attuale pianta dovrebbe rispecchiare per sommi capi quella medievale: tre navate a cinque campate che sfociano in un ambiente centrico formato dal transetto e dalle tre absidi rettangolari.
Chiesa di San Guglielmo (ex Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola): della prima metà del Settecento, annessa al Collegio gesuitico demolito a metà del XX secolo; è la Chiesa Madre della città dal 1874, anno del trasferimento della Matrice dalla Basilica di San Matteo. Segue i dettami dell'architettura gesuitica internazionale. Presenta tre navate, con cappelle laterali, presbiterio, coro absidato.
Chiesa di San Giovanni Evangelista: la facciata concavo-convessa a tre ordini rivela influssi borrominiani (S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma). L'interno a pianta ellittica coperta da una cupola (i finestroni si aprono direttamente sull'imposta della cupola) è preceduta da un endonartece e conclusa da un'abside. Gli stucchi e le decorazioni dell'interno sono del secolo XIX.
Chiesa di San Giuseppe - ScicliStatua quattrocentesca di Sant’AgrippinaChiesa di San Giuseppe: si trova nel quartiere omonimo, edificata dove già dal 1507 esisteva una cappella dedicata al Santo dalla nobile famiglia locale dei Miccichè, crollò in parte con il terremoto del 1693 e fu ricostruita nello stile barocco dell’epoca che caratterizza tutto il Val di Noto. L’esterno è molto sobrio con una facciata concava datata 1722, l'interno è settecentesco, con interventi anche ottocenteschi, ricco di stucchi barocchi e una volta dai colori molto eleganti. Custodisce due statue di grande valore: la lignea settecentesca di San Giuseppe, laminata in argento, opera dello scultore napoletano Pietro Padula e, soprattutto, quella marmorea del 1497 di Sant’Agrippina, attribuita a Gabriele di Battista, vero e proprio capolavoro del quattrocento siciliano. Di rilievo anche il dipinto seicentesco che rappresenta la Cacciata dei mercanti dal Tempio da parte di Gesù e quello del 1765 della Madonna della Grazia (o del Latte) con le martiri siciliane, Santa Lucia e Sant’Agata. Di rilievo, infine, le due acquasantiere seicentesche, realizzate con pietra pece ragusana e pietra calcarea di Comiso.
Chiesa di Santa Teresa d'Avila: la facciata rivela influenze ancora legate alla tradizione architettonica precedente il terremoto del 1693. L'interno tardobarocco è uno dei più ricchi della provincia per gli stucchi, le tele, le sculture, le pavimentazioni a tarsie bianche e nere.
Chiesa di San Bartolomeo
Chiesa di San Bartolomeo Apostolo: risale ai primi anni del XV secolo; inserita nella "cava" omonima, la cui facciata a torre dei primi dell'Ottocento riprende temi già sviluppati a Ragusa da Rosario Gagliardi (di S. Giorgio) e da fra' Alberto Maria San Giovanni Battista (Chiesa di S.Giuseppe) entrambi a Ibla. L'interno è ad unica navata a croce greca e si presenta sostanzialmente tardo barocco-rococò; custodisce un ciclo di stucchi che vanno dal Settecento all'Ottocento.
S. Maria della Consolazione.Chiesa di S. Maria La Nova
Chiesa di San Michele Arcangelo: come la vicina chiesa di San Giovanni mostra una struttura architettonica palesemente settecentesca e un apparato decorativo in stucco ottocentesco già pienamente Neoclassico. L'impianto è trapezoidale coperto da una volta in stucco a guscio di noce e concluso da un'abside semicircolare.
Chiesa di Maria Santissima della Consolazione: la struttura attuale delle navate resistette al sisma del 1693 e risale al 1600 circa; l'abside, il cupolino e gli ambienti adiacenti (Sala del Capitolo, Sagrestia) furono ricostruiti successivamente secondo uno stile pomposamente settecentesco-rococò; notevole la pavimentazione a tarsie marmoree del presbiterio nonché il fastoso organo settecentesco e gli stalli lignei ottocenteschi.
Chiesa di Santa Maria La Nova: di origini antichissime (probabilmente bizantine), dal 1994 è sede del Santuario di Maria SS. della Pietà. La grande fabbrica ha attraversato vicende costruttive particolarmente complesse e travagliate. La maggior parte delle notizie che abbiamo sono riferibili all'edificio seicentesco e alle successive ricostruzioni. La chiesa è stata retta da sempre da una potente Confraternita che tra l'altro nel XVI secolo acquisì l'ingente eredità del banchiere Pietro di Lorenzo detto Busacca. Queste ingenti somme permisero alla Confraternita non solo di avviare una serie di azioni sociali (la costruzione di un grande e moderno Ospedale, l'istituzione di un fondo per le doti da destinare alle ragazze meno abbienti, etc.) ma anche di edificare in pieno centro una sede degna e maestosa per la fondazione benefica che faceva capo alle rendite di Busacca e di riedificare la propria chiesa, affidando i lavori alle personalità più in voga. L'interno neoclassico è frutto dell'ultima grande ricostruzione (preceduta dalla ricostruzione seicentesca e da quella settecentesca post 1693), si presenta come una enorme aula voltata alla quale fanno capo tre cappelle cupolate per lato; queste sono comunicanti e costituiscono in una visione assiale delle navate laterali. Il profondo coro quadrangolare di Giuseppe Venanzio Marvuglia conclude la grande aula dalla quale è separato dal consueto arco trionfale. L'imponente fronte è frutto di un vasto intervento di tamponamento della facciata settecentesca (a portico e loggia) tuttora leggibile; come da tradizione sud-orientale le facciate sono organismi plastici con un notevole sviluppo verticale (facciate-torri) che fungevano spesso anche da campanili. L'intero complesso è incredibilmente denso di sculture, pitture e reliquie di grande interesse per antichità e pregio. Annesso all'edificio ecclesiale il cosiddetto giardino di San Guglielmo con l'omonima Chiesetta e il tronco del cipresso che la tradizione vuole piantato dal santo. Nel 1878, nell'archivio dell'Arciconfraternita di S. Maria La Nova di Scicli, furono scoperti antichi preziosi manoscritti, tra i quali i Codici Sciclitani.
Cappella Madonna della Grazia: Antica Edicola votiva sita a pochi passi dalla Chiesa della Croce ed eretta nel 1602 con sagrato antistante scavato nella roccia. La cappella fu edificata per contenere il quadro miracoloso della Vergine "Madre della Città di Scicli" sino al 1615 (ora custodito nella Chiesa del Carmine). Causa della traslazione all'interno della chiesa conventuale furono i numerosi miracoli avvenuti in quel posto grazie al quadro Taumaturgo. Essi furono attestati dai frati del convento della Croce e dal notaio Mirabella (tavola con memoriale visibile accanto al quadro).
Convento dei Cappuccini: il complesso si estende fra le pendici delle rocciosa collina della Croce e l'altura argillosa della Bastita. Il convento fu costruito annesso a quella che era la chiesa di S. Agrippina. Il culto della santa si trasferì poi nella chiesa di San Giuseppe dove ancora rimane una bellissima statua del Quattrocento (di probabile scuola gaginiana) dedicata alla Santa.
Complesso della Croce
Complesso della Croce: di origini tardomedievali, custodisce tra le sue vecchie mura due antichi chiostri porticati; l'interno della chiesa, rimodulato nel Settecento con un ciclo di stucchi bianchi, conserva ancora numerose lapidi e sepolcri medioevali. La facciata, sobria ed elegante, è impreziosita da un portale con archivolto gotico-catalano, da tre stemmi (quello dell'Università di Scicli (il Comune), quello degli Enriquez e quello dei Cabrera) e da una porzione di cornice che apparteneva al rosone.
Convento di Sant'Antonino: Nell'ottica dell'ibrido ma con un'apertura straordinaria verso il mondo rinascimentale è il convento di Francescani Conventuali di S. Antonino a Scicli, la cui fondazione oscillerebbe tra 1514 e 1522. La costruzione di una cappella funeraria che funge da tribuna, coperta a cupola costolonata, ma con inserti classicisti deve necessariamente essere accostata a una committenza alta, che non è nota, ma che potrebbe essere stata determinante per costruzioni di cappelle di corte come quelle di Comiso (voluta dai Conti Naselli nel 1517) o di Militello. cappelle cupolate aggregate come tribuna a chiese francescane, secondo la consuetudine inaugurata dal progetto dell'Alberti per il Tempio Malatestiano. Indubbiamente la cappella (attualmente in pessimo stato di conservazione) assume un valore competitivo tanto da potere essere messa in relazione solo con iniziative comitali. La cappella «Cabrera» in Santa Maria di Betlem a Modica assume un significato analogo, ancora più ricco e celebrativo; fermo restando che la sua costruzione deve riferirsi ai primi decenni del XVI secolo, si deve ancora pensare a una committenza alta, forse un ramo della famiglia dei Cabrerà. Si tratta di opere che non è possibile leggere con gli schematismi di un mitizzato e rigido universo classicista poiché esplorano una via siciliana, un «antico» autoctono e pervengono a un Rinascimento esotico che affonda le radici in tecniche costruttive locali. I grandi passaggi nodali che gettano ponti tra l'ultimo gotico e il Rinascimento siciliano seguono probabilmente vie e vicende differenti dal contemporaneo travaglio iberico, ma altrettanto complesse e non sottovalutabili sono le strade di un interscambio culturale stretto. Alla constatazione di comunanze linguistiche, di semplici forme, va anche affiancata una ricerca senza pregiudizi che tenga in giusta considerazione la mobilità della committenza, i suoi programmi e le sue idee.[8]
Convento del Rosario, sull'omonimo colle.
Complesso del Carmine: fra tutte le architetture ecclesiastiche della città il complesso del Carmine rivela la più elevata omogeneità stilistica fra le componenti architettoniche, scultoree e pittoriche: tutto concorre a creare un'atmosfera rococò (gli stucchi candidi, la luminosità dell'aula, le numerose tele). L'impianto architettonico ad aula unica è definito da un ciclo di stucchi monocromi attribuiti al Gianforma stuccatore palermitano allievo di Giacomo Serpotta. Il convento secondo il progetto originario si articolava attorno a due vaste corti porticate delle quali ci è pervenuta soltanto quella orientale, oggi pesantemente occultata da tamponamenti e da aggiunte contemporanee che impediscono di apprezzare in maniera chiara la concezione spaziale originaria. La corte è adornata da due splendide statue inserite in nicchie settecentesche simmetricamente disposte rispetto al grande ingresso. Una originale pavimentazione geometrica a ciottoli (consuetudine consolidata e diffusa) rendeva lo spazio aperto ancora più accentrato.
Chiesa di Santa Lucia: sorge in cima al colle S. Matteo. La prima notizia che abbiamo di tale chiesa risale al 26 novembre 1570, quando viene nominata in un atto stipulato presso il notaio Carlo Guarino. Fa poi parte dell'itinerario della processione di S. Guglielmo stabilito dal Vescovo di Siracusa Monsignor Francesco Fortezza nel 1684. In seguito il Municipale Magistrato eleggeva periodicamente un procuratore per le rendite di questa chiesa.
Architetture militari
La città antica sorgeva sul colle di San Matteo. Scicli ha sempre mantenuto nei secoli il carattere di cittadella fortificata, sia per la posizione strategica nel territorio a difesa della costa sia per la sua singolare articolazione morfologica su alture particolarmente scoscese che l'ha resa difficilmente espugnabile. Verso la metà del XIV secolo esistevano due Castelli:
il Castellaccio (detto castrum magnum) di cui ci rimangono pochi ma maestosi resti sulla cima rocciosa del colle di San Matteo. Si tratta di un dongione normanno.
il Castello dei Tre Cantoni (detto nella storiografia locale Castelluccio o castrum parvum o triquaetrum) è posto a difesa dell'unico fronte non dirupato e quindi naturalmente protetto della città antica, quello orientale, verso Ispica. Si erge su un profondo fossato che divide il territorio urbano intra moenia dalla campagna; un bastione quadrilatero fa da zoccolo all'intera struttura rinforzata agli angoli da ulteriori torri; sulla sommità sono ancora visibili e visitabili le fondazioni di una torre triangolare di età antica che dà il nome al complesso. A occidente su una terrazza calcarea si apre la cosiddetta piazza d'Armi che sovrasta i resti del vicino Castellaccio. I ruderi del castello triquaetro stanno attraversando un preoccupante processo di degrado.
Piazze e giardini
Piazza Italia: creata tramite la copertura del torrente di San Bartolomeo, ha per questo una conformazione lineare. È uno dei nodi urbanistici più importanti della città nonché la piazza più vasta. Su questa area prospettano numerose architetture di pregio che vanno dal secolo XVIII al XX. A monte palazzo Fava, la chiesa del Collegio dei Gesuiti (S. Ignazio), palazzo Iacono, palazzo Mormina Penna. Poco più a valle lo spazio vuoto prosegue indisturbato seguendo il corso del torrente fino al Largo Gramsci sul quale insiste il Teatro Italia. Tutta l'area è delimitata dai prospetti di numerosi palazzi ottocenteschi. Una curiosità caratterizzante Piazza Italia è la presenza di un edificio modernista ispirato alle architetture di Oscar Niemeyer e in particolare al Palácio da Alvorada a Brasilia costruito negli anni sessanta al posto del Collegio gesuitico demolito.
Piazza Busacca: una delle più interessanti e coerenti della città. Progettata a fine Ottocento è un'area rettangolare individuata principalmente da due elementi: il complesso del Carmine, che ne costituisce il limite occidentale, e la Maestranza Nuova (via Nazionale), che la delimita a Oriente; a Sud è chiusa dal Palazzo Busacca, costruito grazie alle rendite dell'eredità del benefattore; a Nord fino al periodo prebellico esisteva uno dei palazzi barocchi più grandi e fastosi della città, Palazzo Di Lorenzo, di cui resta visibile poco più a monte un pilone angolare decorato con varie grottesche. Al centro della piazza troneggia il monumento marmoreo a Pietro di Lorenzo detto Busacca.
Via Francesco Mormino Penna e Piazza Municipio: è l'antico Corso San Michele, cuore del centro storico. Su quasi trecento metri di basolato prospettano edifici che vanno dal XVII al XX secolo accomunati dall'uso della locale pietra calcarea che rende il contesto visivamente omogeneo. I monumenti che insistono sull'area pedonale sono (da Ovest verso Est) la chiesa di S. Teresa e l'annesso convento (XVII - XVIII sec.), un garage di inizio Novecento in stile liberty, Palazzo Spadaro (XVIII sec.), la chiesa di San Michele con l'annesso convento (oggi palazzo Carpentieri, XVIII sec.), palazzo Bonelli (XVIII - XIX sec.), palazzo Conti (XIX sec.), Palazzo Veneziano-Sgarlata (XVIII sec.), Palazzo Papaleo (XIX sec.). A questo punto lo spazio si dilata e la via sfocia su piazza Municipio: qui prospettano il Palazzo di Città, la Chiesa di San Giovanni Evangelista, i resti della piccola chiesa di Sant'Andrea e diversi edifici ottocenteschi. Questo slargo è nato dalla demolizione della settecentesca chiesa di Santa Maria La Piazza in seguito allo sventramento ottocentesco della Maestranza Nuova (oggi Via Nazionale). L'intera area di Via Francesco Mormino Penna è stata inserita dall'UNESCO nella World Heritage List (città tardobarocche del Val di Noto, 2002).
Villa Penna: giardino privato dei Baroni Penna e da sempre mantenuto dai proprietari per la pubblica fruibilità noto a Scicli anche come a Villa; la sua progettazione affronta gli stessi temi compositivi dei grandi parchi annessi alle residenze reali europee del Settecento (modellazione del suolo, lunga scalinata assiale). Negli anni sessanta del Novecento la Villa Penna, in seguito a una controversia tra il Comune e il Barone Penna, fu espropriata. Il proprietario, che aveva sempre mantenuto la Villa a proprie spese, con giardinieri, e custodi che aprivano i cancelli all'alba e li chiudevano al tramonto, come da generazioni era sempre stato, dapprima si oppose all'esproprio, ma quando vide l'inesorabilità del procedimento e l'infondatezza, a suo giudizio, dell'atto espropriativo stesso fondato su una pubblica fruibilità di un bene che era stato creato e mantenuto per i cittadini di Scicli, senza però gravare sui conti pubblici, prima di perdere possesso del giardino decise allora che, se il Comune di Scicli avesse voluto una Ville pubblica avrebbe dovuto farla ex-novo. Furono così tagliati gli alberi e asportato tutto quanto di sua proprietà e per circa 50 anni Scicli si privò così del suo più grande spazio verde; il giardino è stato però in parte ripristinato sia nelle opere architettoniche che nella vegetazione. A Ovest della Villa, su uno dei terrazzamenti più alti c'è il convento dei Cappuccini.
Siti archeologici
Scicli rientra tra le stazioni archeologiche del I siculo (ovvero cuprolitico orientale, tra il 2500 ed il 1900 a.C.) e del III siculo (tra 1500 a.C. - 800 a.C., periodo pre-greco caratterizzato da una ceramica geometrica e protocorinzia), secondo la divisione in quattro fasi dell'Età del Bronzo pensata dall'archeologo Paolo Orsi.[9] Oltre ai due castelli d'epoca medievale citati nel paragrafo dedicato alle architetture militari, nel territorio sciclitano sono presenti diverse aree di interesse particolarmente diversificate per numerazione del «sito», per coordinate cartografiche IGM, per datazione e per tipologia[10], fra cui si posso segnalare:
Sito 33): sito della Grotta Maggiore datato fra l'Età del Rame e l'Età del Bronzo antico (III-II millennio a.C. – XVIII-XV secolo a.C.)
Sito 27): necropoli in contrada Ronna Fridda. Sono distinguibili una necropoli preistorica del Bronzo medio (XIV sec. - XII sec.) e una necropoli cristiana del IV sec. d. C.
Sito 6): Cancellieri è un sito del periodo greco classico, databile dal IV al II sec. a.C. Include una fattoria greca del IV sec. È legato alla presenza delle subcolonie siracusane come Kamarina e Kasmenai.
Sito 7): resti di un emporio greco in Contrada Maestro nella riva destra del fiume Irminio (l'ipotesi onomastica di Elio Militello è appunto Yrmine o Hyrmine)[11].
Sito 36c): Chiafura è una vasta area di interesse archeologico, storico, ed etnoantropologico situata nelle immediate adiacenze del centro urbano di Scicli occupante il fronte meridionale del colle di San Matteo, già sede della città vecchia. Si tratta di un consistente insediamento rupestre probabilmente di periodo bizantino (sicuramente medievale) adibito sia a scopi abitativi che funerari, paragonabile per dimensioni e densità ai siti di Pantalica o al complesso dei Sassi di Matera per il felice connubio di architettura per sottrazione (grotta) e quella per addizione (edificio), pur essendo molto diversa la genesi e la storia di Chiafura da quella dei due siti. La morfologia dell'insediamento, situato sulle pendici scoscese del colle, necessariamente si adatta alle difficili condizioni orografiche producendo una interessante soluzione a terrazzamenti che portarono Pier Paolo Pasolini a descrivere Chiafura come una dantesca montagna del Purgatorio. Le grotte, utilizzate nel periodo bellico come rifugi antiaerei, continuarono a essere occupate nel dopoguerra dalla popolazione indigente che negli anni cinquanta fu definitivamente sfollata e alloggiata nel nuovo Villaggio Aldisio (oggi Villaggio Jungi).
Elio Vittorini scrive su Chiafura in Conversazione in Sicilia:
«Era una piccola Sicilia ammonticchiata, di nespole e tegole, di buchi nella roccia»
Il litorale
Il territorio di Scicli ha il litorale più esteso fra tutti i comuni della provincia di Ragusa. La fascia costiera che va da Pozzallo a Marina di Ragusa è fortemente antropizzata (centri abitati, coltivazioni intensive in serra, coltivazioni estensive, infrastrutture) sebbene conservi in più punti zone incontaminate e selvagge. Il primo agglomerato urbano in cui ci si imbatte provenendo da Siracusa è Sampieri, ottocentesco borgo di pescatori, sovrastato a monte da due fastose ville nobiliari chiaramente visibili anche in treno; due promontori individuano una larga baia sabbiosa che si estende dal centro abitato al Pisciotto, lo sperone sul quale si ergono i ruderi della Fornace Penna. Continuando sulla strada litoranea si attraversa
l'area protetta di Costa di Carro, prevalentemente rocciosa ma con una piccola spiaggia incastonata tra le falesie.
Cava d'Aliga è una recente cittadina che ha avuto un massiccio sviluppo negli ultimi decenni del Novecento; può godere di una singolare e scenografica collocazione sul declivio che si conclude bruscamente sul mare arretrando però in corrispondenza della baia che assume così la forma di un teatro naturale. Le falesie si interrompono dopo Cava d'Aliga e l'adiacente borgo di Bruca facendo spazio a una costa bassa e sabbiosa. Donnalucata è la più antica delle frazioni marinare, porto della città di Scicli e principale luogo di villeggiatura dell'aristocrazia cittadina. Ne è testimone la presenza di edifici architettonicamente raffinati che punteggiano il tessuto urbano e le numerose ville nobiliari poco lontano dal centro. Infine, poco lontano dalla foce dell'Irminio e dalla relativa area protetta sorge il villaggio di Playa Grande dall'aspetto modernista di città-giardino.
Economia
L'economia di Scicli è basata quasi esclusivamente sull'agricoltura intensiva e sulla produzione di primaticci.
La coltivazione in serre, di cui tutta la fascia costiera è coperta, sta raggiungendo il primo posto fra le risorse economiche della città e della provincia. Scicli vanta la costruzione della prima serra per primaticci, ideata dal genio Ignazio Fiorito, che all'epoca, si fece mandare dalla Pirelli di Milano, dei teli di plastica che lui utilizzò per coprire le colture e proteggerle dalle gelate e dagli agenti atmosferici. La prima serra nacque in contrada Pezza Filippa, a ridosso del mare.
Oltre ai primaticci e alla serricoltura, particolare importanza riveste anche la produzione di agrumi, olio, carrube, vino e fiori. Scicli è la capitale provinciale della produzione e vendita di infissi e profili in alluminio e tutto quello che concerne questo settore avviato negli anni 60 dalla famiglia Cannella, con la presenza nel territorio di svariate aziende, di piccole, medie, e grandi dimensioni, che esportano il prodotto finito, in tutta Italia e a volte anche all'estero.
Oltre alla lingua ufficiale italiana, a Scicli si parla la lingua siciliana nella sua variante metafonetica sud-orientale. La ricchezza di influenze del siciliano, appartenente alla famiglia delle lingue romanze e classificato nel gruppo meridionale estremo, deriva dalla posizione geografica dell'isola, la cui centralità nel mar Mediterraneo ne ha fatto terra di conquista di numerosi popoli gravitanti nell'area mediterranea. Si possono chiaramente notare influssi arabi, normanni e spagnoli.
Prodotti tipici
Tra i prodotti tipici del territorio spicca il fagiolo cosaruciaru, oltre ai tanti ortaggi, alle carrubbe usate per le farine e i dolci, ai suoi formaggi (come il caciocavallo ragusano DOP). Tra i dolci, tipico di Scicli è la Testa di Turco, turbante fatto con pasta sfoglia, farcito di ricotta vaccina locale. Altri prodotti noti sono le carni locali di vitello e manzo, le confetture ai fichi, i dolci di mandorla, la ricotta dolce e il pane di casa, preparato con farina di grano duro solo in forno di pietra.
Cultura
Scicli in letteratura
Elio Vittorini si sofferma sulla sua morfologia ne "Le Città del Mondo":
«Uno degli anni in cui noi uomini di oggi si era ragazzi o bambini, sul tardi d'un pomeriggio di marzo, vi fu in Sicilia un pastore che entrò col figlio e una cinquantina di pecore, più un cane e un asino, nel territorio della città di Scicli. Questa sorge all'incrocio di tre vallini, con case da ogni parte su per i dirupi, una grande piazza in basso a cavallo del letto d'una fiumara, e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano in più punti, come acropoli barocche, il semicerchio delle altitudini. È nell'estremità sud-orientale dell'isola; e chi vi arriva dall'interno se la trova d'un tratto ai piedi, festosa di tetti ammucchiati, di gazze ladre e di scampanii; mentre chi vi arriva venendo dal non lontano litorale la scorge che si annida con diecimila finestre nere in seno a tutta l'altezza della montagna, tra fili serpeggianti di fumo e qua e là il bagliore d'un vetro aperto o chiuso, di colpo, contro il sole...Ma la pietra la lasciò cadere, appena arrivato. Il volto di Rosario si era alzato radioso dinanzi ai suoi piedi dalla roccia che scendeva tra cielo e cielo. Insieme gli si era aperta dinanzi la città di Scicli, con le corone dei santuari sulle teste dei tre valloni, con le rampe dei tetti e delle gradinate lungo i fianchi delle alture, e con un gran nero di folla che brulicava entro a un polverone di sole giù nel fondo della sua piazza da cui parte e s'allarga verso occidente un ventaglio di pianura. Rosario era felice, indicandola al padre, come se avesse temuto di vederla svanire prima del suo arrivo.... Abbracciò il cane al collo, in un gesto di entusiasmo, e di nuovo indicò tutta la valle di case; poi i quartieri delle pendici ch'erano deserti e immobili nell'azzurro dell'ombra; poi la folla ch'era in fondo, immersa nel sole, e in essa indicò l'origine della musica che s'udiva vibrare ogni tanto, filtrata dalle diecimila stanze vuote e dalle gole d'organo della montagna. «Ma che cos'è? - domandò - È Gerusalemme?» Aveva negli occhi punte azzurre di sole che gli impedivano di distinguere che faccia facesse suo padre. L'udí in ogni modo rispondergli: «Non so che città sia». Egli, con questo, non aveva detto che non poteva essere la Città per eccellenza: «Gerusalemme o altro che si chiamasse....Come devono essere contenti in questa città!» Esclamò Rosario.... Rosario continuava: «È la più bella città che abbiamo mai vista. Più di Piazza Armerina. Più di Caltagirone. Più di Ragusa, e più di Nicosia, e più di Enna...» Il padre non lo negava. Egli considerava la pietra senza dir nulla, e Rosario poté soggiungere: - Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle....»
Scicli nei media
Scicli è uno dei luoghi della provincia di Ragusa che sono stati ambientazione della riprese delle serie TV RAI Il commissario Montalbano (1999-in corso) e Il giovane Montalbano (2012-2015), tratte dai romanzi e racconti di Andrea Camilleri. In particolare il palazzo del commissariato di Vigata è in realtà il municipio di Scicli e la stanza del questore Luca Bonetti Alderighi è nello specifico l'ufficio del sindaco di Scicli. Negli ultimi anni questa fiction ha avuto tantissimo successo, facendo conoscere a tutto il mondo i bellissimi e fantastici luoghi della Sicilia Sud Orientale, della provincia di Ragusa in particolare, infatti Marinella la casa del Commissario Montalbano si trova a Punta Secca, frazione balneare borgo piccolo di pescatori del comune di Santa Croce Camerina provincia di Ragusa. Quasi tutti i luoghi delle riprese della fiction sono in territorio Ragusano, come la Fornace Penna a Sampieri frazione del Comune di Scicli, e le tante bellissime spiagge del territorio sciclitano, oramai famose e visitate da tanti turisti incantati dai luoghi principali della fiction.
Manifestazioni
Festa delle Milizie: i festeggiamenti, che hanno inizio ogni anno, a fine maggio, durano una settimana. Il momento più significativo della festa è la rappresentazione teatrale, il sabato, di una "moresca" a ricordo di una battaglia avvenuta nel 1091 per la liberazione della Sicilia dal dominio saraceno; nella rappresentazione, che si tiene ogni anno da tempo immemorabile, si fronteggiano i turchi (i Saraceni) capeggiati dall'Emiro Belcane e i Cristiani (i Normanni) guidati dal Gran Conte Ruggero d'Altavilla. Nella rappresentazione, vengono ricreati gli ambienti suggestivi della lotta e attori popolari con abiti d'epoca e armi, recitano sulle strade ripercorrendo i momenti più importanti della battaglia, che si conclude con l'intervento miracoloso della Vergine Maria (detta "delle Milizie" o "dei Milici"), che, scesa dal Cielo in groppa ad un Bianco Cavallo, libera la città dall'assedio straniero. La tradizione vuole che Maria Santissima delle Milizie rappresenti l'Addolorata, molto venerata dagli sciclitani, cui sono anche dedicate due processioni e due culti (nella Chiesa di Santa Maria La Nova e nella chiesa di San Bartolomeo).
Il Gioia: al culmine della Settimana Santa, il giorno di Pasqua viene festeggiata la Resurrezione di Cristo, detto l'Uomo Vivo, al grido di "Gioia", da cui per antonomasia il Gioia (con l'articolo al maschile). La statua lignea del Cristo, opera settecentesca attribuita a Civiletti e custodita nella Chiesa di Santa Maria La Nova, viene portata in processione per le vie della città e fatta ondeggiare e ballare in segno di gioia per tutto il giorno sino a tarda ora. Di recente il cantautore Vinicio Capossela ha dedicato una delle sue canzoni a questa caratteristica festa. Il brano si intitola L'Uomo Vivo, Inno al gioia, ed è contenuto nell'album Ovunque proteggi (2006).
La Cavalcata di San Giuseppe: il sabato precedente il 19 marzo (o quello successivo) dalla Chiesa di San Giuseppe parte una processione di cavalli e cavalieri per le vie della città di Scicli. Figuranti che rappresentano San Giuseppe e la Vergine Maria guidano il corteo che passa nei vari quartieri in cui vengono allestiti dei falò, dei fuochi detti Pagghiari, dove i cavalieri e la gente che segue la cavalcata accende dei fasci di stoppie dette ciaccàre. I cavalli sono bardati con manti di violacciocche, dette bàlicu, e gigli selvatici (spatulidda) composti a modo (nelle settimane precedenti) per rappresentare scene religiose o simboli della città (leone rampante, stemma, San Giuseppe, Gesù, la croce..). Campanacci, sonagli, testiere, ed altri ornamenti completano le bardature. Il 19 marzo la stessa processione si fonde a quella religiosa di San Giuseppe. La rappresentazione vuole ricordare la fuga in Egitto di Giuseppe e Maria, dopo l'editto di Erode. La sera del sabato della Cavalcata nel sagrato della chiesa di San Giuseppe si svolge una Cena per raccogliere offerte per la parrocchia e i poveri, e i cavalli e cavalieri della Cavalcata presenziano alla Cena, alla fine della quale verranno premiati i migliori manti infiorati.
Sagra della seppia si svolge a Donnalucata nel fine settimana che precede il 19 marzo in occasione dei festeggiamenti di San Giuseppe. Lungo la via Pirandello sono allestiti gli stands che propongono specialità a base di seppie pescate al largo di Donnalucata e cucinate secondo la tradizione locale. Al termine della sfilata, chiamata "la Cavalcata" si celebra il concorso con la premiazione per la bardatura migliore.
Marzo Mese Della Cultura: da qualche anno a questa parte è stato istituito il Marzo A Scicli, Mese Della Cultura, che prevede un cartello fitto di eventi che variano dall'arte con mostre, estemporanee di pittura, al cinema con cineforum organizzati dalle associazioni culturali, al folklore con le feste di primavera (La cavalcata di San Giuseppe di Scicli e Donnalucata), e vari altri appuntamenti di tipo culturale.
Sagra del Pomodoro o festa del grappolino a Sampieri: festa del pomodoro a grappolo di produzione locale, il 1º maggio. Oltre al pomodoro spazio viene dedicato agli altri prodotti orticoli e ai formaggi. In occasione della sagra viene anche allestita una fiera dell'artigianato a cui prendono parte numerose aziende provenienti da tutta Italia.
Basole Di Luce festival: si tiene nel mese di agosto. Il suo nome vuole magnificare la luce riflessa sulle basole delle vie del centro storico, diventato patrimonio dell'umanità da quando l'UNESCO ha inserito Scicli bella World Heritage List. Basole di Luce Festival prevede una serie di manifestazioni di carattere culturale, con spettacoli musicali, teatrali e di intrattenimento incentrati sul confronto tra le etnie e i popoli.
Taranta Sicily Fest: Festival di musica popolare che si tiene nel mese di agosto, Promotrice dell'evento è l'associazione socio-culturale BAROCCO EVENTI, che mira alla diffusione di attività culturali, teatrali ed artistiche e che negli anni ha portato sul palco artisti come Tiempu Persu, Faciti Rota, Alessandra Ristuccia, Malmaritate, e dal Salento Kalàshima, Salento Ensemble, Canzoniere Grecanico Salentino, Antonio Castrignanò, I Calanti.
Il progetto musicale che nasce dall'idea di 4 giovani Siciliani con l'obiettivo di promuovere la musica popolare nel suo complesso, con particolare riguardo per la musica popolare del sud Italia.
Il target di riferimento è quello degli amanti della cultura popolare manifestata in tutte le sue forme, appartenenti a tutte le fasce d'età. Ogni anno rinnoviamo l'appuntamento con uno degli eventi estivi più attesi, per riscoprire Scicli come nuova capitale della Taranta per i tanti che arrivano da ogni parte della Sicilia.
Carnaluvaru ra Stratanova: il Carnevale da anni viene festeggiato in Corso Umberto, detto dagli scilitani "A Stratanova" (la strada nuova) e si svolge con manifestazioni, sketches in maschera, sfilate e carri allegorici.
Natale a Scicli: nel quartiere storico di Scicli, la Cavuzza Di San Guglielmo si svolge il tradizionale presepe vivente, immerso in una vallata con una fitta vegetazione di fichi d'India.
La neutralità di questa voce o sezione sull'argomento sport è stata messa in dubbio.
Calcio
Una formazione dello Scicli nella stagione 1977-1978, durante gli anni della stabile militanza in Serie D.
Lo Scicli ha avuto i suoi momenti migliori alla fine degli anni settanta, quando partecipò al campionato italiano di serie D (oggi equivalente ad una C1), e la città salì agli onori della cronaca sportiva per i successi e il vivaio che seppe coltivare in questa parte di Sicilia. In quegli anni, la formazione dello Scicli calcio, poteva contare su nomi di rilievo e di prestigio come Sandro Ciotti, Falcone, Spolverino, Riceputo ed altri, e riusciva ad infervorare i tifosi locali per il suo ruolo di leadership che aveva non solo in provincia, ma anche e soprattutto a livello regionale.
Altra società, la più anziana per fondazione ed affiliazione è l'Associazione Per Scicli Calcio (oggi C.R. Scicli), nata nel 2000 e militante nel campionato di Promozione.
Altra rappresentativa cittadina, l'A.S.D. Atletico Scicli, da metà anni duemila ha iniziato a farsi strada tra le categorie minori fino a raggiungere nell'annata 2018-2019, il campionato di Promozione (massimo traguardo raggiunto).
Calcio a 5
È con il calcio a 5 che Scicli raggiunge il massimo campionato nazionale. La Pro Scicli riesce a disputare 2 stagioni in serie A di calcio a 5. Dapprima lo storico Geodetico di Scicli poi il Pala Rizza a Modica, i palazzetti che accolsero migliaia di appassionati di questa disciplina che ha mostrato sul parquet giocatori di alto livello. Per diverse vicissitudini la società fu destinata a fallire fino alla definitiva scomparsa. Diverse altre società locali sono nate successivamente cercando di portare avanti il calcio a 5 a Scicli con discreti risultati disputando i massimi campionati regionali senza però più emulare le gesta dei rosa/nero della Pro Scicli.
Calcio amatoriale
Dal 1983, a Scicli viene giocato un torneo amatoriale di calcio a 11 che nel corso degli anni è diventato un avvenimento atteso da centinaia di persone che, a vario titolo, vi partecipano. Originariamente avviato sotto l'egida dell'Endas nazionale, è da allora conosciuto come "torneo Endas" a cui hanno partecipato, nel corso degli anni, almeno 30 squadre per volta, con in media 400 persone coinvolte nei diversi ruoli di organizzatori, giocatori, dirigenti di società, sponsor, famiglie. Il "Torneo Endas" ha avuto una lunga ed ininterrotta carriera fino all'anno 2010 quando per una rottura interna, il vecchio gruppo organizzatore dell'AIS (Arbitri Indipendenti Scicli) ha creato una frattura che ha portato alla nascita del gruppo "Gnais" (Gruppo Nuovi Arbitri Indipendenti Scicli) che ha avviato subito un torneo del tutto simili all'Endas ma questa volta sotto le insegne del Csen nazionale.
Pallacanestro
Una società sportiva è importante quando risulta radicata nella comunità cittadina per la quale vive e spende le sue energie. È il ruolo che riveste a Scicli (RG), nel settore della pallacanestro, la U.S.D. “Fernando Ciavorella”, una delle più antiche società di basket d’Italia per codice di affiliazione e della Sicilia. L’anno della sua prima affiliazione alla FIP è stato il 1964. L’impegno sportivo che da sempre ha profuso è stato quello di consentire ai giovani di giocare e confrontarsi con altri giovani in maniera ludica in un contesto agonistico formativo ed educativo. La sua lunga storia è fatta di successi (Trofeo ragazzi nell’anno 1986, finale nazionale a Roma nei giochi della gioventù nel 1989, finale regionale cadetti nel 1993, campionato di serie C2 nella stagione sportiva 1994/1995, ecc.) ma anche di amarezze se gli insuccessi si possono considerare tali. Dal 2000 la società sciclitana gestisce, su autorizzazione del CONI, un Centro di Avviamento alla pratica Sportiva della pallacanestro. La direzione tecnica della società dal 2004 è stata affidata al tecnico Allenatore Nazionale prof. Santo Carestia con la collaborazione del prof. Roberto Favacchio e del tecnico Alberto Carestia. Presidente della società attualmente è il Dott. Carestia Antonio. Sito della società: www.basketciavorella.com
Atletica
L'atletica ha diversi nomi da premiare. A Franco Ruscica e Gianni Voi si deve il boom dei giovani che si dedicano a questo sport e con risultati sia a livello regionale, che nazionale. Il primo ha sfornato piccoli campioncini che si sono affermati anche nelle prove nazionali; il secondo contribuisce all'organizzazione della gara di mezzofondo su strada, non competitiva e non valida ai fini di classifica Fidal o Coni e con premi finali in denaro più importante in Italia[senzafonte], il "Memorial Peppe Greco", gara podistica nata nel 1990 per ricordare Peppe Greco, un giovane medico modicano morto in un incidente stradale. Da annoverare anche l'Atletica Tre Colli Scicli che da diversi anni opera nel panorama dell'atletica sciclitana. Ai suoi tre rappresentanti, Angelo Portelli, Alessandro Parisi Assenza e Carmelo Galesi, si deve l'organizzazione del primo giro podistico a tappe "Terre Iblee Tour", che ha fatto conoscere il territorio e il paesaggio di Scicli ad atleti provenienti da diverse zone di Italia.
Rino Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Edizioni Ares, 2020, p.102 (formato Kindle).
Ignazio La China, La Madonna delle Milizie tra tradizione e storia, Il minuto d'Oro, Scicli, 2016.
Marco Rosario Nobile (1994), "Una committenza iberica nella Sicilia fra tardogotico e Rinascimento", Espacio, Tiempo y Forma, Serie VII, H^ del Arte, t. 7, pagg 35-36
Bartolo Cataudella, Scicli. Storia e Tradizioni, Ed. Comune di Scicli, Scicli, 1970, p. 67.
Pietro Militello (a cura di), Scicli, archeologia e territorio (PDF), Progetto K.A.S.A (programma Interreg IIIA Italia-Malta, anno 2004-2006, promosso da Regione Siciliana con contributi della Comunità Europea/European Regional Development Fund), n.6, Palermo, Officina di Studi Medievali, 2008. Archiviato il 1º dicembre 2022 in Internet Archive.
Elio C. Militello, Scicli tra archeologia e storia, Il Giornale di Scicli, 2007.
Giuseppe Barone, L'oro di Busacca - Potere, ricchezza e povertà a Scicli (secoli XVI-XX), Sellerio, Palermo, 1998, ISBN 88-389-1467-2
Antonino Carioti, Notizie storiche della città di Scicli, manoscritto edito a cura di Michele Cataudella, editore il Comune di Scicli, 1994, 2 voll.
Bartolo Cataudella, Scicli - Storia e tradizioni, editore il Comune di Scicli, 1970 (ristampa La Grafica, Modica, 1988)
Ignazio La China, La Madonna delle Milizie tra tradizione e storia, Il minuto d'Oro, Scicli 2016
Ignazio La China, San Guglielmo Cuffitella, un profilo agiografico, Il minuto d'Oro, Scicli 2018
Salvo Micciché e Stefania Fornaro, Scicli: storia, cultura e religione (secc. V-XVI), Carocci Editore, 2018, ISBN 9788843092826
Salvo Micciché, Scicli: onomastica e toponomastica, Il Giornale di Scicli, 2017, ISBN 9788826000299
Elio C. Militello, Scicli tra archeologia e storia, Il Giornale di Scicli, 2007
Pietro Militello (a cura di), Scicli, archeologia e territorio, Progetto KASA, Officina di studi medievali, Palermo, 2008
Francesco Pellegrino, Scicli e il suo duomo - San Matteo e la ricostruzione dopo il terremoto del 1693, The dead artists society Progetto Sicilia, 2018
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