Cevo (Séf in dialetto camuno[4]) è un comune italiano di 818 abitanti[1] della provincia di Brescia in Lombardia.
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Cevo comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Silvio Marcello Citroni (lista civica Insieme si può) dall'8-6-2009 |
Territorio | |
Coordinate | 46°04′56″N 10°22′10″E |
Altitudine | 1 100 m s.l.m. |
Superficie | 35,47 km² |
Abitanti | 818[1] (30-11-2021) |
Densità | 23,06 ab./km² |
Frazioni | Andrista, Fresine, Isola |
Comuni confinanti | Berzo Demo, Cedegolo, Ceto, Cimbergo, Saviore dell'Adamello, Sonico, Valdaone (TN) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 25040 |
Prefisso | 0364 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 017051 |
Cod. catastale | C591 |
Targa | BS |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa)[2] |
Cl. climatica | zona F, 3 739 GG[3] |
Nome abitanti | cevesi |
Patrono | san Vigilio |
Giorno festivo | 26 giugno |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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Il comune di Cevo sorge in Valsaviore, valle laterale della Valcamonica, in cima al dosso dell'Androla, all'interno del Parco regionale dell'Adamello.
Il 5 febbraio 1350 il vescovo di Brescia Bernardo Tricardo investe iure feudi dei diritti di decima nei territori di Cevo il comune (vicinia) e gli uomini di Cevo.[5]
Alla pace di Breno del 31 dicembre 1397 i rappresentanti della comunità di Cevo, Antonio Cucco e il notaio Torello di Domenico, si schierarono sulla sponda ghibellina.[6]
Il 17 settembre 1423 il vescovo di Brescia Francesco Marerio investe iure feudi dei diritti di decima nei territori di Monno, Cevo, Andrista, Grumello, Saviore, Cemmo, Ono, Sonico, Astrio, Malegno, Cortenedolo, Vione, Incudine e Berzo Demo a Bertolino della Torre di Cemmo.[7]
Gregorio Brunelli dice che nel XVII secolo gli abitanti di Cevo erano talmente poveri da emigrare d'inverno presso Soncino o nel Cremonese.[8]
Il 22 aprile 1644 Il paese di Cevo fu quasi completamente incendiato per la caduta di un fulmine.[9]
Nel 1927 il comune di Cevo venne unito a quello di Saviore formando il comune di Valsaviore; i due centri si separarono nuovamente nel 1954.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il nord Italia venne aggregato alla repubblica di Salò.
Ai giovani delle classi 1923-1925 vennero chiamati alla leva obbligatoria, ma nessuno si presentò. Molti si nascondevano nelle montagne dell'Adamello, nei fienili ad alta quota. Altri aderivano ai gruppi partigiani dell'alta valle. Sopra Cevo Antonino Parisi (Nino), Bartolomeo Cesare Bazzana (il Maestro) e altri ribelli cominciano ad organizzare la 54º Garibaldi, che inizia ad operare attivamente dal gennaio 1944.
A primavera iniziano i primi rastrellamenti al fine di leva da parte della banda fascista Marta, formata da militi della Guardia Nazionale Repubblicana di Milano. Le azioni di questo reparto oltrepassano il compito di repressione antipartigiana sconfinando in realtà nel saccheggio ai danni delle popolazioni, ruberie ai contadini e uccisioni. Il 19 maggio consolida la prassi del terrore sterminando la famiglia Monella (Giovanni, sua moglie Maria Scolari e la figlia Maddalena) e assassinando lo scalpellino Francesco Belotti[10].
Durante il mese di giugno viene catturato Pozuolo Giuseppe Pezzati, comandante repubblichino di Isola; pochi giorni dopo viene attaccata dai partigiani una pattuglia tedesca presso Isola, con il ferimento di un sottufficiale.[senza fonte]
Il 1º luglio i garibaldini attaccano la centrale di Isola: lo scontro durò mezz'ora. Due fascisti vennero uccisi e due feriti: il comandante fu fucilato. Tra i partigiani vi furono un morto, Luigi Monella, e due feriti[11]. Approfittando dei funerali di Monella, i fascisti decisero di assaltare Cevo per punire la popolazione locale sodale con la Resistenza[12].
Così, il 3 luglio 1944, un migliaio di repubblichini circondò Cevo con una manovra a tenaglia riuscendo ad aver ragione della ventina di partigiani che si erano spinti in paese per partecipare alle onoranze funebri del compagno morto due giorni prima[10]. Fattisi scudo con un alcune donne di Cevo, i fascisti misero letteralmente a ferro e fuoco il borgo lanciando bottiglie incendiarie sui tetti delle case[10]. Complessivamente furono distrutte 151 case, altre 48 rovinate e 12 saccheggiate; furono uccise 6 persone: Cesare Monella, Francesco Biondi, Giacomo Monella, Giovanni Scolari, Rodella Domenico, Biondi Giacomina[10][11]. Su una popolazione di circa 1200 abitanti rimasero ben 800 senza tetto.
I tedeschi si arrenderanno, infine, il 18 aprile 1945 a Forno d'Allione.
Nel secondo dopoguerra, la realtà sociale del paese e la ridotta economia interna si scontrano con l'affermazione della società dei consumi e delle correlate politiche economiche nazionali. Questo sistema socio-economico durò quasi fino alla fine del sec. XX ma negli ultimi decenni avvenne una crescente marginalizzazione nei confronti di una sempre più numerosa popolazione che fa propri i modelli di vita funzionali all'economia di mercato. Portatori di questo sistema sono gli impiegati nell'apparato statale, i piccoli imprenditori, gli occupati nell'industria idro-elettrica e nelle fabbriche della Valcamonica e gli emigrati con le loro "rimesse".
Agli inizi del XXI secolo l'attività agricola, in diverse forme, permane, fornendo una nuova possibilità per evitare lo spopolamento e il completo abbandono della campagna.
Famiglie che hanno ottenuto l'infeudazione vescovile dell'abitato:
Famiglia | Stemma | Periodo |
Vicinia di Cevo | 1350 - ? | |
Della Torre | 1423 - ? |
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 30 maggio 1956.[13]
«Partito: nel 1° di azzurro, alla fontana di argento, zampillante dello stesso e fondata su una collina di verde; nel 2° di rosso, al bue d'argento, pezzato di nero, fermo su un terreno erboso. Ornamenti esteriori da Comune.» |
Il gonfalone è un drappo partito di azzurro e di rosso.
Cevo è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione, insignita il 15 dicembre 1992 della medaglia di bronzo al valor militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per l'attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale[14]:
![]() | Medaglia di bronzo al valor militare |
«Sin dall'8 settembre 1943 la popolazione di Cevo non esitò a prendere le armi contro l'invasore. In 18 mesi di aspri combattimenti, malgrado le distruzioni e le rappresaglie subite, le formazioni partigiane diedero un notevole contributo di sangue e di valore, sia nella difesa del proprio territorio, sia nella liberazione della Val Camonica fino al salvataggio delle centrali idroelettriche dell'Adamello. Cevo, settembre 1943 - aprile 1945» — 15 dicembre 1992 |
Nel territorio comunale di Cevo si possono trovare numerose architetture religiose[15]:
Fino agli anni ottanta il dosso dell'Androla vantava la presenza di una sciovia che consentiva la pratica invernale dello sci.
Il territorio del comune di Cevo si trova totalmente all'interno del Parco regionale dell'Adamello, istituito il 1º dicembre 2003. Lo scopo primario del Parco è la conservazione dell'ambiente e del paesaggio, e, conseguentemente, incrementare la sensibilità e la partecipazione degli abitanti e dei visitatori al raggiungimento di detto scopo.
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Il vissuto e la cultura della comunità "tradizionale" affonda le radici in secoli lontani; lo dimostrano i metodi e gli attrezzi da lavoro ancora utilizzati nel secondo dopoguerra. L'organizzazione, i valori e l'immaginario della popolazione erano connotati da aspetti di autonomia sia nei confronti di quelli espressi dagli apparati laici succedutisi nel tempo sia di quelli religiosi: il collante sociale era dato da un'organizzazione "comunitaria - consociativa", probabilmente in parte tramandata dalle "vicinie", riformata, dopo l'Unità d'Italia, dalle istituzioni nazionali (sistema democratico partecipativo, scuola, istituzioni di categoria, ecc.). Il suo fluire si può suddividere in tre periodi di seguito descritti in modo schematico e per titoli di argomenti.
Periodo invernale:
Periodo delle stagioni intermedie:
Periodo della stagione estiva:
Le donne nella società tradizionale avevano un ruolo paritario con gli uomini, sicuramente non subalterno, sia in famiglia che anzi poteva avere connotati matriarcali, sia nella collettività, svolgendo un compito primario nella normale attività lavorativa e, a causa dell'emigrazione stagionale, quando sostituiva interamente il maschio nella conduzione della famiglia o quando era essa stessa a emigrare (in questo caso era l'uomo che si occupava di tutte le attività della famiglia).
Abitanti censiti[19]
Gli scütüm sono nei dialetti camuni dei soprannomi o nomiglioli, a volte personali, altre indicanti tratti caratteristici di una comunità. Quello che contraddistingue gli abitanti di Cevo è Barolc.[4]
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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1945 | ? | Vigilio Casalini | Sindaco | ||
14 giugno 2004 | 8 giugno 2009 | Mauro Giovanni Bazzana | Lista civica | Sindaco | |
8 giugno 2009 | in carica | Silvio Marcello Citroni | Lista civica "Insieme si può" | Sindaco | [20] |
Cevo fa parte dell'Unione Comuni della Valsaviore, assieme ai comuni di Cedegolo, Berzo Demo, Saviore dell'Adamello e, dal 2003, Sellero.
L'unione di comuni ha sede a Cedegolo ed è stata creata il 20 agosto 1999. Ha una superficie di circa 225 km².[21]
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