Cerreto Sannita (IPA: [ʧerˈretosanˈnita][4], Cerrìte[5], in dialetto cerretese, IPA:[tʃə'rːitə]) è un comune italiano di 3 592 abitanti[1] della provincia di Benevento in Campania.
Cerreto Sannita comune | |||
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Localizzazione | |||
Stato | Italia | ||
Regione | Campania | ||
Provincia | Benevento | ||
Amministrazione | |||
Sindaco | Giovanni Parente (lista civica) dal 5-6-2016 | ||
Territorio | |||
Coordinate | 41°17′07″N 14°33′35″E | ||
Altitudine | 277,4 m s.l.m. | ||
Superficie | 33,35 km² | ||
Abitanti | 3 592[1] (31-3-2022) | ||
Densità | 107,71 ab./km² | ||
Comuni confinanti | Cusano Mutri, Guardia Sanframondi, Morcone, Pietraroja, Pontelandolfo, San Lorenzello, San Lupo | ||
Altre informazioni | |||
Cod. postale | 82032 | ||
Prefisso | 0824 | ||
Fuso orario | UTC+1 | ||
Codice ISTAT | 062023 | ||
Cod. catastale | C525 | ||
Targa | BN | ||
Cl. sismica | zona 1 (sismicità alta)[2] | ||
Cl. climatica | zona D, 1 574 GG[3] | ||
Nome abitanti | cerretani | ||
Patrono | sant'Antonio di Padova | ||
Giorno festivo | 13 giugno | ||
Cartografia | |||
Posizione del comune di Cerreto Sannita nella provincia di Benevento | |||
Sito istituzionale | |||
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Feudo della famiglia Sanframondo dal 1151 al 1460, nel 1483 passò ai Carafa. Nel XVII secolo divenne sede dei vescovi della diocesi telesina che nel 1986 è diventata diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant'Agata de' Goti. Nel 1737 la cittadina si ribellò ai conti Carafa a causa del regime di polizia imposto ai cerretesi e delle esose imposte che stavano mettendo in ginocchio l'industria della lavorazione dei panni di lana. I Carafa inviarono centoventi mercenari per sedare la rivolta ed eseguirono numerose violenze e carcerazioni arbitrarie. Solo grazie all'intervento del re Carlo III di Borbone fu ripristinata la legalità e i cerretesi riuscirono ad ottenere i primi risultati a livello giudiziario, anche se l'industria armentizia, che per secoli aveva procurato loro numerose ricchezze, era ormai in declino.[6]
Il centro abitato, conosciuto per la secolare arte della ceramica, è strutturato su un impianto regolare essendo stato interamente ricostruito su progetto di Giovanni Battista Manni e dietro volontà del conte Marzio Carafa e di suo fratello Marino dopo che il terremoto del 5 giugno 1688 aveva raso al suolo la vecchia Cerreto.
Il centro storico di Cerreto Sannita è situato nell'alta valle del fiume Titerno su un tozzo colle circondato dai torrenti Turio e Cappuccino, alle porte del parco regionale del Matese.[7] Il comune si estende su una superficie di 33,3 km². Sino all'Unità d'Italia tale estensione era molto più ampia e comprendeva anche i due casali (frazioni) di Civitella Licinio e di San Lorenzello, il primo divenuto frazione di Cusano Mutri e il secondo comune autonomo.[8]
Il territorio comunale, prevalentemente collinare, è cinto da ovest a est da alcuni rilievi siti alle pendici del massiccio del Matese. A ovest vi è Monte Erbano, la cui quota massima arriva a 1.385 m e a nord-ovest Monte Cigno con un'altitudine di 675 m, separati dal corso del torrente Titerno. A nord vi è Mont'Alto ed a nord-est Monte Coppe con circa 1.200 m di altezza.[9]
I corsi d'acqua che attraversano il comune sono prevalentemente di carattere torrentizio. Essi, chiamati anche valloni, sono:[10]
La zona climatica di Cerreto Sannita è di fascia D; di conseguenza l'accensione degli impianti termici di cui al D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993 è consentita dal 1º novembre al 15 aprile per un massimo di quattordici ore giornaliere.[12]
Il clima di Cerreto Sannita è di natura mediterranea con inverno piuttosto rigido ed estate calda e afosa. Le montagne circostanti proteggono la cittadina dai forti venti ma la vicinanza con il massiccio del Matese rende il territorio comunale cerretese soggetto a nevicate nei mesi freddi. Nei mesi estivi, a causa della siccità, si è ricorso spesso in passato alla turnazione dell'acqua potabile.[9]
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Cerreto Sannita. |
Il territorio comunale di Cerreto Sannita è stato abitato sin dalla preistoria come hanno testimoniato i risultati di alcuni scavi archeologici realizzati alla fine del XIX secolo nei pressi della morgia Sant'Angelo o «Leonessa».[14] Nei pressi della leonessa è stato rinvenuto anche un forno ceramico risalente al neolitico che attesta la millenaria tradizione di manipolazione dell'argilla presente nel territorio cerretese.[15] Durante il periodo sannitico-romano si ha notizia di un villaggio denominato Cominium Cerritum (o Cominium Ocritum), ipoteticamente situato nella zona dove sorge la chiesa della Madonna della Libera presso cui sono tuttora visibili i resti del tempio di Flora.[16]
Lo stesso argomento in dettaglio: Cerreto antica. |
Il primo documento che cita Cerreto è un diploma imperiale che risale al X secolo. In questo documento dell'anno 972 l'imperatore Ottone II di Sassonia confermò il possesso della chiesa di San Martino di Cerreto all'abate Gregorio di Santa Sofia in Benevento. Questa donazione fu ratificata successivamente nel 1022 e nel 1038 rispettivamente dagli imperatori Enrico II il Santo e Corrado II il Salico, e nel 1088 dal papa Gregorio VII.[17]
Grazie anche al lento declino della città di Telesia ed in particolar modo al devastante terremoto del 1349 la vecchia Cerreto acquistò un ruolo sempre maggiore nella zona dal punto di vista economico, commerciale e demografico. Il sisma del 1349 infatti sconvolse il suolo telesino dando origine ad asfissianti mofete. I superstiti, per evitare la morte a causa della malaria e di altre malattie mortali, si trasferirono nei centri più vicini come Cerreto, Solopaca e San Salvatore Telesino. Anche i vescovi abbandonarono Telesia e vagarono nella diocesi in cerca di una dimora stabile che trovarono solo nel XVI secolo nell'antica Cerreto.[18]
A partire dal XV secolo Cerreto conobbe un importante sviluppo economico dovuto alla fiorente industria ed al commercio dei panni lana. Le famiglie più ricche e le confraternite possedevano migliaia di capi di bestiame che in inverno, attraverso i tratturi della transumanza, venivano portate in Puglia dove il clima era più mite. La lavorazione della lana avveniva invece a Cerreto all'interno delle case (fase della tessitura) e in appositi opifici (fasi della gualcatura, cartonatura e tintura). Secondo lo storico Di Stefano il numero complessivo dei capi di bestiame cerretesi ammontava a duecentomila.[19]
Il terremoto del 5 giugno 1688 distrusse completamente Cerreto antica e la maggior parte dei paesi del Sannio.[21] Marino Carafa, fratello del conte Marzio, arrivò pochi giorni dopo con medici, viveri e vettovaglie. Scavò con le sue mani fra le macerie e, con la consulenza di più periti ingegneri, decise di ricostruire la cittadina più a valle su un suolo maggiormente stabile. La zona scelta per costruire la nuova Cerreto era costituita da un vasto e tozzo colle lambito a est e ad ovest dai torrenti Turio e Cappuccini e attraversato da nord a sud dall'antica via Telesina che raccordava Cerreto antica a Telesia.[22]
L'edificazione del nuovo centro abitato fu iniziata subito dopo la squadratura degli isolati che fece probabilmente il regio ingegnere Giovanni Battista Manni, il quale ebbe anche il compito di valutare la rendita dei terreni privati occupati.[23] La ricostruzione fu abbastanza veloce tanto che nel 1696, a distanza di soli otto anni dal terremoto, ogni cittadino aveva edificato la propria abitazione.[24]
Con la ricostruzione della cittadina giunsero a Cerreto numerose maestranze artigiane, in particolar modo napoletane, attratte anche dall'agevolazione fiscale contenuta negli Statuti comunali del 1541 riguardante l'esenzione di alcuni tributi per i forestieri stanziatisi nella cittadina.[25] Fra le maestranze accorse a Cerreto vi fu anche il maestro ceramista Nicolò Russo, considerato il padre della ceramica cerretese. Nella sua bottega, diventata in pochi anni una vera e propria "fabbrica" di ceramiche, si formarono tutti i più importanti ceramisti cerretesi e fra questi anche Antonio Giustiniani, padre del più famoso Nicola.[26]
Durante la prima metà del Settecento furono completate le grandi architetture religiose e civili. I rapporti fra i cerretesi ed i conti Carafa tornarono ad essere aspri a causa degli eccessivi soprusi e delle numerose tasse pretese dai feudatari. Nel 1737, a causa della presentazione di un ricorso da parte della civica amministrazione contro i Carafa, la cittadina fu occupata da alcune milizie per più di un mese.[6]
Il fervore economico legato alla ricostruzione si affievolì con il passare dei decenni. Alla fine del Settecento tramontò l'industria dei panni lana e all'inizio dell'Ottocento, a causa dell'abolizione del sistema feudale, la cittadina fu privata del ruolo di capoluogo di contea passando all'interno del vasto distretto di Piedimonte d'Alife (nell'ambito della provincia di Terra di Lavoro). A complicare le cose vi fu il terremoto del 1805 che danneggiò la parte bassa del centro abitato.[27]
Lo stesso argomento in dettaglio: Circondario di Cerreto Sannita e Sindaci di Cerreto Sannita. |
All'indomani dell'unificazione nazionale il cerretese Michele Ungaro fu eletto primo presidente del Consiglio provinciale. Fra le numerose iniziative prese da Ungaro vi fu quella di restituire un ruolo di guida alla sua cittadina proponendo e ottenendo l'erezione di Cerreto a capoluogo di uno dei tre circondari in cui era divisa la provincia.[28] Grazie a questa iniziativa Cerreto iniziò ad ospitare numerosi uffici pubblici ed istituzioni scolastiche.[29]
Il fenomeno del brigantaggio, già presente da molto tempo nella zona,[27] ebbe nuova linfa dopo l'Unità d'Italia con la formazione di diverse bande. La più numerosa fu quella capeggiata dal cerretese Cosimo Giordano, autore di numerose estorsioni, furti, sequestri e omicidi. Le taglie messe sui capi briganti, le assenze continue del Giordano, impegnato a riciclare i proventi delle estorsioni all'estero, e la collaborazione della popolazione iniziarono a minare l'unità della banda. Cosimo Giordano continuò ad uccidere, a sequestrare persone e a rubare sino all'arresto avvenuto nel 1882. Processato, fu condannato ai lavori forzati a vita.[30].
Passati gli anni del brigantaggio, Cerreto Sannita conobbe un florido sviluppo sociale e culturale tipico della Belle Époque, periodo storico e culturale avutosi tra l'Ottocento e il Novecento. Nel 1881 fu fondata la Società operaia di Cerreto Sannita allo scopo di assistere economicamente i lavoratori cerretesi in caso di necessità e di elevare la loro istruzione mediante corsi e lezioni. Nel 1891 fu interamente rifatto l'acquedotto comunale, nel 1903 fu ampliato il cimitero e nel 1908 fu completata l'installazione dell'elettrodotto, salutata dal poeta Pietro Paolo Fusco con un'ode in dialetto cerretese. Furono fondate ben tre banche: la Banca Circondariale del Sannio che faceva capo a Giuseppe D'Andrea; la Banca Popolare Cooperativa stretta ad Antonio Venditti; e la Banca popolare di Cerreto Sannita, sponsorizzata dai sacerdoti e dai cattolici. La prima guerra mondiale e la successiva recessione economica causarono il fallimento delle tre banche, la perdita dei risparmi dei cerretesi e l'inizio di un lungo periodo di decadenza economica, sociale ed intellettuale.[31]
Con l'avvento della dittatura fascista Cerreto Sannita ebbe un periodo di relativa tranquillità sociale sino al 1926 quando un gruppo di facinorosi irruppe nella sede municipale dove era in corso una seduta del giunta comunale democraticamente eletta anni prima. Il sindaco, notaio Domenico Pilella, fu costretto alle dimissioni.[32]
La seconda guerra mondiale consegnò a Cerreto un solo morto civile, ucciso durante una rappresaglia da parte dei tedeschi. Molto più numerosi furono i giovani morti sui vari fronti: i loro nomi sono incisi sulle lastre del monumento ai caduti eretto in piazza Luigi Sodo. I tedeschi durante la ritirata del 1943 furono autori di furti, saccheggi e requisizioni. Al fine di isolare il paese e di rallentare l'avanzata alleata fecero saltare in aria tutti i ponti che collegavano Cerreto ai centri vicini.[33]
Al termine della seconda guerra mondiale la prima amministrazione provvisoria guidata dall'ingegnere Antonio Biondi dovette affrontare non pochi problemi: la disoccupazione era dilagante, i prezzi dei generi alimentari erano in costante aumento e i ponti che collegavano la cittadina ai comuni vicini erano stati fatti saltare dai tedeschi in ritirata. Si provvide con grandi sacrifici a ricostruire i ponti crollati come quello di "Lavello" che venne completato celermente nel 1946.[34] Con il passare degli anni Cerreto ha perso il ruolo di centro dei servizi acquisito dopo l'Unità d'Italia con la sua erezione a capoluogo di circondario. La chiusura (sottoprefettura, carceri, guardia di finanza, pretura, ospedale, giudice di pace, istituto e scuola magistrale, liceo linguistico), l'accorpamento ed il ridimensionamento (agenzia delle entrate, comunità montana, istituti superiori) di uffici ed enti hanno dato un duro colpo all'economia e alla demografia locale. I tentativi di valorizzazione dell'artigianato locale, in particolare quello della ceramica, e di promuovere il settore turistico non sempre sono riusciti ad arginare la difficile crisi che si sta attraversando, comune a quasi tutto l'entroterra sannita.[35]
A partire dal 2007 la cittadina è stata interessata da numerose proteste e da accese manifestazioni contro la riconversione dell'ospedale Maria delle Grazie decretata dalla legge regionale n. 24/2006.[36] Nonostante le proteste e i numerosi appelli alle autorità competenti, i reparti di medicina, di ortopedia, di chirurgia e di cardiologia dell'ospedale di Cerreto Sannita sono stati chiusi e smantellati.[37][38] Nell'agosto 2011 era in corso la trasformazione della struttura sanitaria in "ospedale di comunità", ovvero l'edificio diventerà sede solo di un pronto soccorso e di uffici di assistenza sociale.[39]
«[...] il Settecento, che altrove rimodellò il volto di paesi e città, regalando dove una chiesa, dove un palazzo, a Cerreto realizzò un'opera completa, capace di sorprendere anche il più esigente dei visitatori.» |
(Guido Piovene[40]) |
Lo stesso argomento in dettaglio: Chiese di Cerreto Sannita. |
La prima notizia riguardante il cimitero di Cerreto Sannita risale al 1833 quando in una lettera l'intendente di Terra di Lavoro invitò il decurionato cerretese a "rianimare la costruzione del Campo Santo". Nella stessa lettera l'intendente raccomandò l'uso del sistema della inumazione perché più conveniente e meno dispendioso di quello della tumulazione. L'amministrazione comunale rispose che i lavori, iniziati nel 1830, erano stati interrotti a causa della mancanza di fondi e che si era preferito introdurre il sistema della tumulazione perché il suolo scelto non era adatto per inumarvi i cadaveri essendo "irregolare, tutto cretoso, con pietre vive". La zona scelta per far sorgere il cimitero si trovava nei pressi dei ruderi di Cerreto antica.[55]
Nonostante questa corrispondenza i lavori del cimitero non proseguirono ed i defunti continuarono ad essere seppelliti nelle chiese tanto che nel 1851 si rese necessario ampliare la sepoltura sottostante la chiesa di Santa Maria.[56]
Solo nel 1852 il decurionato, a causa dell'indignazione dei cittadini, si vide costretto ad avviare i lavori del cimitero dopo aver acquistato un terreno al confine con il comune di San Lorenzello. I lavori proseguirono lentamente anche a causa della forte opposizione del comune di San Lorenzello che sosteneva di avere giurisdizione sul terreno scelto per edificarvi il cimitero.[57]
Nel 1868 venne deciso di suddividere il cimitero in otto parti uguali da destinare rispettivamente alla confraternita di Santa Maria, al capitolo della Cattedrale, alla confraternita di San Rocco, al capitolo della Collegiata di San Martino, alla confraternita di Sant'Antonio ed alla confraternita della Madonna di Costantinopoli. Le altre due parti rimaste dovevano essere riservate una ai "poveri non confratelli" e l'altra ai non battezzati.[57]
Il cimitero, sito lungo la strada provinciale Telese Terme-Cerreto Sannita conserva alcune cappelle gentilizie del XIX secolo.
A causa degli eventi sismici del 29 dicembre 2013 e del 20 gennaio 2014 alcune cappelle cimiteriali sono state dichiarate non fruibili.[58]
Nel territorio sono site numerose fontane. In piazza San Martino si può ammirare la fontana dei Delfini, acquistata a Napoli nel 1812. Sarebbe la celebre fontana dalla quale Masaniello arringava la folla a Napoli in piazza Mercato. In località Coste è sita la fontana di Monsignore ricostruita negli anni quaranta con l'uso di alcune pietre lavorate provenienti da Palazzo Ungaro. In località Tinta è presente la fontana della Tintoria ducale, costituita da due mascheroni in pietra lavorata dai quali sgorga l'acqua. Nelle località Sant'Anna, Madonna delle Grazie e Madonna della Libera sono site altrettante fontane dotate di mascheroni in pietra lavorata.
In piazza Luigi Sodo è sito il monumento ai caduti di tutte le guerre, rifatto nelle forme attuali nel 1960 dopo che il precedente era stato fuso durante la seconda guerra mondiale per ricavarne delle munizioni. A fianco al monumento è esposto un cannone mobile usato nell'ultimo conflitto mondiale dall'esercito italiano. Sino all'estate 2009 in piazza Roma era sito il monumento alla Madonna delle Grazie, eretto nel dopoguerra. Nello spazio antistante la caserma dei Carabinieri è sito il monumento all'Arma impresso su pietra locale lavorata, opera del maestro cerretese Francesco Grillo.
Evoluzione storica della popolazione prima del 1861 | |
1597 | 7.000[74] |
1611 | 8.000[74] |
1655 | 9.000[75] |
1663 | 8.000[76] |
1741 | 4.077[77] |
1792 | 4.481[78] |
L'evoluzione demografica di Cerreto Sannita dal 1861 al 2001 è la seguente:
Abitanti censiti[79]
Nella prima metà del XVII secolo gli abitanti erano circa 9.100 divenuti 8.000 dopo la peste del 1656 e 4.000 dopo il terremoto del 5 giugno 1688.
Al 31 dicembre 2009 erano residenti 4.209 persone per un totale di 1.590 famiglie, 4 convivenze e un numero medio di componenti per famiglia di 2,63.[80]
L'età media è di 43,4 anni. Il tasso di natalità è del 6,6%.[81]
La presenza straniera regolare rappresenta l'1,9% della popolazione totale del comune. Al 31 dicembre 2009 erano residenti nel comune 82 cittadini stranieri (trentatré maschi e quarantanove femmine). La comunità più numerosa è quella rumena (quarantasei unità) seguita da quella ucraina (tredici unità).[82]
Il dialetto cerretese (o secondo la scrittrice Elena Cofrancesco la "parlata cerretese")[83] risente dell'influenza tarda latina con la presenza di termini spagnoli, francesi, germanici, greci e addirittura turchi ed arabi. La parlata cerretese si differenzia dai dialetti dei comuni limitrofi specie per quanto riguarda l'uso degli accenti. Una poesia[84] in dialetto cerretese scritta negli anni sessanta da Lucia Ciarleglio Brunelli ed intitolata "Il mio Paese" è diventata col passare del tempo un "inno" dei cerretesi, grazie all'arrangiamento musicale effettuato da Nicola Giuseppe Giordano negli anni ottanta. Si riportano alcuni versi con la sottostante traduzione in italiano:
(void)
«È Cerrit i puaiés miu: ccà agge nèta, grazia a Diu! A me pèr tropp béglie, pèr fatt cu i pnnégl, e m n pozz avantà: n'at megl n nc po sctà. Tén atturn tre muntagn e n munn d campagn. Munt Coppa e Muntrvèn a i Cign dann a mèn: so muntagn ricch e bèll, fann a nua a sntnèll. Po ' sctà mméz a tre vallun che n nportn alluviun: i puai és sctà mpnnènt, sc-corr l'acqua ogni mumènt. I ngegner ca i facéu sèl e pèp c mttéu e cu tutta a giumtria, i facéu a smmtria. Ogn patr ha ditt a i fuigl ca è Turin piccerigl sctu paiés, e iè vrddà, t l pozz addmusctrà: ha tre chiazz rann e bèll, uatt vie dritte e scnèll, e i Corz è fianchggèt ccà e llà da i ucenèt...» |
(IT)
«È Cerreto il paese mio: qui ci sono nata, grazie a Dio! A me sembra troppo bello, sembra fatto col pennello, e me ne posso vantare: un altro migliore non ci può essere. Tutto intorno ha tre montagne e tanta campagna. Monte Coppe e Monte Erbano sembrano diano la mano a Monte Cigno: sono montagne ricche e belle, fanno a noi da sentinella. Inoltre sta in mezzo a tre valloni che non provocano alluvione: il paese è in pendenza e l'acqua scorre ogni momento. L'ingegnere che lo progettò ci mise sale e pepe, ovvero ingegno e maestria e nel rispetto della geometria lo realizzò in forma simmetrica. Ogni padre ha detto al figlio che Cerreto è la piccola Torino, questo paese è la verità, te lo posso dimostrare, ha tre piazze grandi e belle, quattro vie dritte e snelle e il corso è fiancheggiato a destra e a sinistra da vicoli...» |
Il costume tradizionale femminile è stato impresso a cavallo fra XVIII e XIX secolo su una stampa d'epoca realizzata per il Re di Napoli. L'incisione, raffigurante una donna seduta attorniata da due bambini (uno dei quali indica la vallata dove sorge la cittadina), è stata successivamente ripresa come decorazioni di un rinfrescabottiglie e di una guantiera in ceramica. La donna è rappresentata con una camicia chiara, un vestito spesso di lana, un fazzoletto piegato sulla schiena, le calze di lana, le scarpe di cuoio, la "mappa" (copricapo) di coloro chiaro ed il grembiule o "mantesino".[85]
Cerreto Sannita è sede di istituzioni decentrate della pubblica amministrazione, di scuole, uffici, enti e associazioni. In particolare è sede degli uffici distrettuali dell'Agenzia delle Entrate, del Comando Compagnia dei Carabinieri, del Giudice di Pace, del coordinamento dell'Ambito Sociale B3, della Curia vescovile e della Comunità montana del Titerno e Alto Tammaro.
La più antica associazione della cittadina è la Società di mutuo soccorso, fondata ad opera dell'On.le Michele Ungaro il 3 marzo 1881.[86] A seguire vi è il "Circolo d'Arte", nato come Società di agricoltori alla fine del XIX secolo. Nel paese è sito l'ospedale Maria delle Grazie.
La Biblioteca del Seminario Diocesano di Cerreto Sannita possiede 10.000 volumi e numerose cinquecentine.[87] Altre biblioteche sono quelle della Società Operaia (fondata nella metà del XX secolo) e dell'Istituto Superiore Carafa-Giustiniani.
Il 17 dicembre 2011 presso la suggestiva cornice di Palazzo del Genio è stata inaugurata la "Biblioteca del Sannio" (BIBLOS), che si propone di raccogliere in un unico luogo fisico i testi redatti sul Sannio, nel Sannio e da Sanniti, al fine di esaltare il valore delle origini e l'orgoglio della propria terra.[88]
L'istituzione scolastica più antica di Cerreto Sannita è il Seminario diocesano, istituito nel 1593 da mons. Cesare Bellocchi.[89] Dal 1938 è stato annesso al Seminario il Liceo ginnasio vescovile "Luigi Sodo"[90], diventato Liceo classico paritario nel 2002.[91] Al Seminario dal 1973 è annesso anche l'Istituto Superiore di Scienze Religiose.[92]
Al 1957 risale l'istituzione dell'Istituto statale d'arte per la ceramica "Nicola Giustiniani", divenuto Liceo artistico a partire dall'anno scolastico 2010/2011.[93] Nel 1962, invece, fu fondato l'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri "Marzio Carafa" che ha sede nell'ex palazzo ducale in Piazza Luigi Sodo. I due istituti si sono fusi nel 2009 dando vita all'Istituto di Istruzione Superiore di Cerreto Sannita "Carafa Giustiniani".[94]
L'istruzione primaria e secondaria di primo grado è invece assicurata dai due plessi di piazza Mazzacane e via Tinta, facenti parte dell'Istituto Comprensivo "Andrea Mazzarella".[95]
Lo stesso argomento in dettaglio: Museo civico e della ceramica cerretese. |
A Cerreto Sannita sono aperti al pubblico due musei comunali:
Con delibere di Giunta comunale n. 137 e n. 138 del 5 luglio 2011 sono state istituite due nuove esposizioni permanenti: il museo del brigantaggio e la sezione archeologica nel museo civico.
Altra esposizione permanente è la mostra "Regioni d'Italia" curata dall'Associazione Giustiniani. In questa mostra, ospitata presso la sede centrale dell'Istituto scolastico "Carafa-Giustiniani", sono esposti manufatti ceramici provenienti dalle più importanti città della ceramica d'Italia.
Esposizioni minori di carattere permanente sono una raccolta di "riggiole" (mattonelle) in ceramica cerretese, formatasi in un locale attiguo la Collegiata di San Martino, ed una raccolta di oggetti e parametri sacri appartenuti alle suore clarisse di Cerreto Sannita ed esposti in un locale attiguo la sagrestia della chiesa di Santa Maria Mater Christi.
Lo stesso argomento in dettaglio: Ceramica di Cerreto Sannita e di San Lorenzello. |
La ceramica cerretese ha antiche origini anche se il periodo più florido e di maggiore produzione fu quello successivo al terremoto del 5 giugno 1688. La ricostruzione del paese infatti attirò molti "faenzari" (ceramisti) napoletani che contribuirono a dare vita ad una nuova arte della ceramica più fastosa e baroccheggiante.[96]
Secondo lo studioso Salvatore Biondi il manufatto più antico della ceramica cerretese sarebbe una statuetta raffigurante l'Ecce Homo, appartenuta a Caterina Sanframondi, prima badessa del Monastero delle Clarisse della vecchia Cerreto.[97]
Dopo il 1688 nel comune si stabilirono diversi maestri napoletani tra i quali i Giustiniano, i Festa, gli Scarano ed i Marchitto. Costoro, con il loro operato, resero la ceramica cerretese ambita e ricercata tanto da essere ammirata più volte dai sovrani napoletani che nella realizzazione delle statuine del presepe della Reggia di Caserta si avvalsero di maestranze cerretesi.[97]
Oltre ai ceramisti veri e propri (i "faenzari"), vi erano dei ceramisti minori come i "pignatari", i "cocciolari" e i "canalari", tutti legati alla lavorazione dell'argilla. Nella Cerreto del XVIII secolo esisteva un vero e proprio quartiere dei ceramisti che sorgeva nei pressi della Cattedrale. Durante la ristrutturazione di numerose abitazioni esistenti in quella zona sono stati ritrovati resti di fornaci per la cottura delle terrecotte e delle ceramiche.[98]
Dopo alcuni decenni di declino, nella metà del XX secolo è nato nuovamente l'interesse verso questa antica forma d'arte grazie anche alla costituzione dell'Istituto statale d'arte di Cerreto Sannita. Nel 1997 alla ceramica prodotta a Cerreto Sannita e nella vicina San Lorenzello (fino al 1860 frazione di Cerreto Sannita) è stato riconosciuto il marchio di ceramica artistica e tradizionale con decreto del Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato. Sono solo trentatré i comuni che in tutta Italia hanno avuto tale riconoscimento.[99]
Dal 2001 la produzione ceramica di Cerreto Sannita e di San Lorenzello è regolata da un disciplinare approvato dal Consiglio nazionale ceramico in data 21 novembre 2001.[100]
Sono manufatti tipici cerretesi i piatti da pompa, i vasi da farmacia, le brocche lobate, le acquasantiere e le "riggiole" (mattonelle) con decoro a rosa dei venti o a festone. Nella maggioranza dei manufatti prevalgono le decorazioni con soggetti religiosi, naturalistici o paesaggistici.
I colori tradizionali del XVII-XVIII secolo sono il giallo, il verde ramina, il blu Cerreto e l'arancione.
Sin dalla metà del XVIII secolo l'ex Teatro comunale (chiamato dal 2007 Palazzo del Genio) ospitava spettacoli e intrattenimenti le cui parti erano spesse volte recitate da alcuni esponenti della borghesia cerretese. A causa sia della censura ecclesiastica che della censura governativa, le rappresentazioni delle commedie venivano proibite come quella scritta da Oronzo Cerri intorno al 1769, dal titolo "Cerreto modernata", satira rivolta al Clero cerretese dell'epoca.[101]
A Cerreto Sannita si sono tenute le riprese di tre film: Maddalena (1953) con Märta Torén e Gino Cervi; La bella mugnaia (1955) con Sophia Loren, Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica; I briganti italiani (1961) con Ernest Borgnine, Vittorio Gassman e Rosanna Schiaffino.
Cerreto Sannita è la patria di Tommaso Carapella (1655-1736), musicista formatosi a Napoli, famoso per aver composto nel 1728 un'opera musicale per l'imperatore Carlo VI d'Asburgo.[102] Vi è nato inoltre Carmine Giordano (1685-1758), musicista, autore del famoso Dormi, benigne Jesu.[103] Il noto chitarrista Al Di Meola vi ha dedicato un brano contenuto nell'album Opus (2018).
La cucina cerretese è ancorata alla tradizione culinaria dei contadini della zona. Ruolo rilevante assumono infatti gli insaccati, i salumi e i formaggi. Un pranzo a Cerreto può essere preceduto dalla degustazione delle "scagnuzzell", bruschette allietate da dadini di pomodoro, aglio, olio di oliva e origano. Come primi piatti sono favoriti quelli a base di carne come quelli a base di ragù, magari con l'aggiunta di ricotta di pecorino. Gli "abbuoti", interiora di agnello bollite, sono invece serviti per secondo. Un'intera parte della ricettistica culinaria cerretese è riservata al Virno o fungo di San Giorgio (Calocybe gambosa), fungo primaverile che cresce nella parata, vasto pascolo d'altura sito su Monte Coppe. Con il Virno si possono guarnire numerose pietanze: dalle tagliatelle alle frittate, dalle scaloppine alle bruschette.[104]
Il centro abitato di Cerreto Sannita si presenta in stile tardo barocco, con le strade che si intersecano sul modello romano dei cardini e dei decumani. Tale particolare fisionomia urbanistica è dovuta alla ricostruzione su progetto che avvenne dopo il terremoto del 5 giugno 1688. Per questo motivo Cerreto viene appellata "città di fondazione". Altra denominazione è quella di "piccola Torino", affibbiata a Cerreto da un funzionario borbonico che visitò la cittadina nel 1842 e che notò la somiglianza con il sistema viario torinese.[105]
La ricostruzione in un sito diverso dal precedente, più a valle, venne decisa dal feudatario Marzio Carafa, appoggiato dal fratello Marino Carafa e dal Vescovo di Cerreto Giambattista De Bellis, nonostante le vive proteste di alcuni cittadini.
Non è possibile affermare chi fu il progettista della cittadina. Il Pescitelli ha proposto il nome del regio ingegnere Giovanni Battista Manni di Napoli, autore certo di alcuni degli edifici più significativi, come le carceri feudali e la Collegiata di San Martino.[106] L'attribuzione del piano regolatore al Manni è stata però duramente contestata dal Ciaburri con apposite motivazioni[107] proponendo come "ideatore del piano urbanistico"[108] l'ufficiale dell'esercito spagnolo Marino Carafa, fratello del conte Marzio Carafa e riconosciuto dalle testimonianze d'epoca come il vero artefice della ricostruzione della cittadina.[109]
La ricostruzione di Cerreto Sannita ex novo non può paragonarsi a quella dei centri della Val di Noto in Sicilia, distrutti dal terremoto del 1693, condividendo però con essa elementi di singolarità e di novità. Elemento comune, in entrambi i casi, è la motivazione che ha spinto alla ricostruzione come il forte peso avuto dai feudatari, l'uso di un disegno complessivo di intervento e alcune tematiche economico-sociali che hanno influenzato la decisione finale. Importante è l'aspetto legato ai rapporti di forza che si sono instaurati tra le diverse componenti sociali della cittadina: il conte Marzio Carafa, la Chiesa ed i ceti mercantili.[110]
Tre furono gli isolati base che il Manni tenne presente, destinati ad altrettante tipologie abitative:
In più occasioni, anche in trasmissioni televisive, Cerreto Sannita è stata descritta come "città antisismica", concepita per resistere ai terremoti.[111] In particolare la tesi dell'antisismicità di Cerreto Sannita è stata oggetto più volte di attenzione del noto geologo Mario Tozzi che in una puntata della trasmissione Fuori Luogo andata in onda su Rai 1 il 22 agosto 2016 ha definito la nuova Cerreto "un paese capace di attraversare tre secoli senza subire danni dai terremoti".[112] A onor del vero va detto che Cerreto nel corso di questi tre secoli non ha subito terremoti di intensità pari al terribile terremoto del 5 giugno 1688. Il terremoto può forte subito in questi tre secoli, quello del Molise del 1805, provocò danni e morti anche a Cerreto e colpì duramente la parte bassa del centro abitato provocando la caduta di case, di campanili e cupole di chiese e la morte di sette persone.[113] Il Foglio ha criticato duramente la tesi di Tozzi[114].
L'architetto Nicola Ciaburri, autore di numerosi saggi sull'urbanistica di Cerreto Sannita, ha scritto che la cittadina più che antisismica è "attenta al rischio sismico".[115] In merito ha scritto che "Cerreto è sicuramente la prima città dotata di un piano urbano in grado di diminuire non la forza sismica, ma l'esposizione al sisma". Tutti gli accorgimenti utilizzati nell'edificazione del nuovo centro abitato dopo il 1688 (regolari e larghe vie di fuga, il "sistema delle piazze" per garantire aree sicure, la limitazione in altezza degli edifici) erano sicuramente innovativi ma si limitavano ad essere dei "presidi di protezione civile". Inoltre le sopraelevazioni e i pesanti interventi di consolidamento effettuati sugli edifici soprattutto nella seconda metà del '900, hanno finito per compromettere l'originaria capacità di resistenza sismica della cittadina.[116]
La suddivisione storica del centro antico è espressa tradizionalmente in rioni:[117]
L'articolo 48 dello statuto comunale approvato nel 2005 ha suddiviso[118] il territorio comunale in cinque consigli di contrada:
I consigli di contrada, previsti sia dallo statuto comunale del 2005 che da quello precedente del 1990, non sono mai entrati in funzione a causa della mancata approvazione dei regolamenti attuativi previsti dagli stessi statuti.
Per secoli l'economia di Cerreto Sannita si è basata sul commercio e sull'industria dei panni lana. La lavorazione dei panni di lana aveva creato un vero e proprio indotto con diversi opifici ciascuno competente per una determinata fase della produzione. Esistevano infatti le gualchiere, le cartoniere e le tintorie, rispettivamente per sodare e follare i panni, pressarli e uniformarli, ed infine tingerli. La sola Universitas possedeva nel 1625 quattordici gualchiere date in fitto a privati cerretesi. Questa importante fonte redditizia iniziò a scemare dopo l'Unità d'Italia a causa della forte concorrenza delle industrie settentrionali.[119]
Dagli anni 1970 del XIX secolo l'economia si basa essenzialmente sul settore dei servizi e del turismo anche se un ruolo consistente continua ad essere rivestito dal settore primario e in particolare dall'agricoltura. Numerose sono le colture agricole sparse nel territorio comunale come gli oliveti, i vigneti ed i frutteti.
La produzione dell'olio extravergine di oliva (Cerreto Sannita è anche città dell'olio) avviene in quattro frantoi visitabili nel mese di novembre in occasione dell'iniziativa "Le domeniche dell'Olio".[120]
Nel territorio comunale sono inoltre presenti numerose botteghe di ceramisti che continuano a riprodurre il vasto repertorio della ceramica artistica tradizionale di Cerreto Sannita e di San Lorenzello.
Nel 2009 i dichiaranti IRPEF erano 1.440 (il 34,2% della popolazione) per un importo complessivo di euro 29.055.244. Nel 2010 i dichiaranti IRPEF erano scesi lievemente a 1.436 (34,5% della popolazione) per un importo complessivo di euro 29.223.554, salito nel 2011 a euro 30.507.350.[121]
Il reddito pro capite negli anni 2009 e 2011 era rispettivamente di euro 6.903 e 7.505. In entrambi i casi il valore era inferiore rispetto alla media nazionale.[81]
Cerreto Sannita è inoltre bandiera arancione.
Cerreto Sannita è attraversata dalla strada provinciale 76, che da un lato la connette a Guardia Sanframondi e all'ex strada statale 87 Sannitica, dall'altro invece conduce a Cusano Mutri e Pietraroja. La strada provinciale 79 connette invece la cittadina alla strada statale 372 Telesina.
I trasporti interurbani di Cerreto Sannita vengono svolti con autoservizi di linea gestiti dalla Autoservizi Irpini SpA per Napoli[122] e Benevento[123] e dalle autolinee Ferrazza per Telese Terme.[124]
La stazione ferroviaria di riferimento è quella di Telese-Cerreto sulla tratta Caserta-Benevento della linea Napoli-Foggia.
Lo stesso argomento in dettaglio: Sindaci di Cerreto Sannita. |
Gli uffici comunali hanno sede in palazzo Sant'Antonio.
Cerreto Sannita si è distinta in sede regionale e nazionale per l'alta percentuale di raccolta differenziata ottenendo nel 2009 e nel 2010 il premio dei comuni ricicloni. Dal 2008 la raccolta differenziata è effettuata con il metodo "porta a porta". Nella tabella a lato vengono riportati i dati della raccolta differenziata per anno.[125]
Nel 2004 la cittadina è stata insignita dal Touring Club Italiano del marchio di qualità turistico ambientale dell'entroterra "Bandiera arancione"[126] con la seguente motivazione: La località ha sviluppato una propria identità turistica basata sull'offerta di artigianato locale e di prodotti enogastronomici. Particolarmente attiva nell'organizzazione di rassegne focalizzate su questi prodotti. Cerreto viene definita "Città pensata" per la sua conformazione urbana regolare. Fu infatti totalmente ricostruita dopo che il terremoto del 1688 la rase al suolo. La località fu appunto "pensata" sulla base di un progetto del "Regio Ingegnero" Giovan Battista Manna. Cerreto Sannita si presenta infine pulita e curata.[127]
Il comune è socio fondatore dell'Associazione Italiana Città della Ceramica (AICC) che raggruppa i centri di produzione ceramica più importanti della penisola.
Fa parte della Comunità Montana Titerno e Alto Tammaro.
Sino al 2008 a Cerreto Sannita operavano due diverse squadre calcistiche: la Cerretese e il Real Cerreto. Nel 2014 sono attive due società dilettantistiche: la A.S.D. Libertas Cerreto, fondata nel 2009, e il Real Cominium, non più attivo.[128]
La Libertas Cerreto milita nella Serie D del calcio a cinque.[129]
Riguardo al calcio a cinque femminile è presente la Polisportiva Cerreto Sannita che nel 2011 è approdata in Serie A.[130]
Nel comune sono presenti due strutture sportive pubbliche: lo stadio comunale e un impianto sportivo polivalente coperto.
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(aiuto). URL consultato l'11 aprile 2018 (archiviato il 21 aprile 2018).Altri progetti
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