Cantù (Cantuu[N 1] in dialetto brianzolo, AFI: /kaŋˈtyː/), è un comune italiano di 39 435 abitanti[1] della provincia di Como in Lombardia. È il secondo comune più popoloso della provincia dopo il capoluogo e il venticinquesimo della Lombardia.
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Cantù comune | |
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Città di Cantù | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Alice Galbiati (Lega) dal 26-9-2018 |
Territorio | |
Coordinate | 45°44′N 9°08′E |
Altitudine | 369 m s.l.m. |
Superficie | 23,25 km² |
Abitanti | 39 435[1] (31-5-2021) |
Densità | 1 696,13 ab./km² |
Frazioni | Asnago, Cascina Amata, Fecchio, Mirabello, Vighizzolo |
Comuni confinanti | Alzate Brianza, Brenna, Capiago Intimiano, Carimate, Cermenate, Cucciago, Figino Serenza, Mariano Comense, Orsenigo, Senna Comasco, Vertemate con Minoprio |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 22063 |
Prefisso | 031 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 013041 |
Cod. catastale | B639 |
Targa | CO |
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 594 GG[3] |
Nome abitanti | canturini |
Patrono | sant'Apollonia |
Giorno festivo | 9 febbraio |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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L'origine del nome di Cantù probabilmente risale a Canturium (Canturio) che può trovare la sua origine dai Canturigi, una delle popolazioni celtiche che abitarono la regione Insubria nel VI secolo a.C., o da Cantores indicante una Cantoria presso qualche edificio religioso[4][5] . Il toponimo di Gallianum (Galliano), che costituì il più antico nucleo abitato di Cantù, deriva dalla popolazione celtica dei Gallianates.
L'area canturina era già abitata dall'uomo nella prima età del ferro, documentata dal ritrovamento di una tomba a cremazione contenente vari utensili risalenti alla prima metà del VI secolo a.C. Il primo nucleo abitato nella zona di Galliano risale al V secolo a.C., fu fondato dai Galli Insubri su una collina morenica circondata e protetta dai boschi.
Nel 196 a.C. il villaggio venne conquistato dalle legioni romane, guidate dal console Marco Claudio Marcello, e poi inglobato nel municipio Novum Comum (Como). Galliano era un borgo di grande importanza strategica commerciale perché vi passava l'antica strada che univa le città di Milano e Como.[5] La presenza romana in questo luogo è testimoniata dal ritrovamento archeologico di aree dedicate al culto di Giove, Minerva e della Triade Capitolina, dei resti di un tempio (sul quale ora si innalzano la basilica e il battistero di Galliano), utensili, monete, necropoli ed epigrafi sparpagliati nelle vicinanze.
Se il colle di Canturium costituiva un appostamento militare (come testimoniato da reperti di fibule e armille), Gallianum era invece il fulcro della vita religiosa.[5]
Nel V secolo d.C. Galliano, grazie a un discreto sviluppo culturale e religioso, divenne una pieve[4] e si staccò dal municipio di Como prendendo il nome di Canturio. In questo periodo, per opera della comunità del posto, sorse la prima basilica paleocristiana dedicata a san Vincenzo di Saragozza. Nel 483, con un decreto di papa Gelasio I indirizzato all'arcivescovo di Milano Teodoro dei Medici, Canturio venne dichiarata Corte Reale insieme con altre terre[4]. Nel 605 circa, il territorio canturino si separò da quello comasco[4]. Quest'ultimo divenne diocesi suffraganea del Patriarcato di Aquileia[4]. Alla fine del X secolo, Canturio venne unito alla corte di Intimiano nel Distretto della Martesana controllato da Milano[4].
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Da Gerardo e Brielda, nobili signori della curtis di Intimiano di origini canturine, nacque Ariberto, futuro arcivescovo di Milano[4]. Nel 1004-1005 Ariberto da Intimiano ristrutturò la basilica di Galliano e il 2 luglio del 1007[5] la riconsacrò a san Vincenzo. Canturio, fedelissima alla città di Milano anche grazie alle numerose nobili famiglie milanesi che abitarono nel borgo, partecipò dal 1118 alla decennale lotta contro Como[4]. Nell'anno 1124 i canturini furono i primi ad assalire il territorio comasco saccheggiando Lipomo, Trecallo e Albate, e occupando il Monte Mongolio. Vennero poi sconfitti dai soldati comaschi[4] alle pendici del monte, dopo che quest'ultimi operarono una strategica ritirata dalla battaglia presso le paludi dell'Acquanegra attirando i canturini in un'imboscata. L'esercito comasco devastò il territorio di Canturio e incendiò il vicino villaggio di Vighizzolo. I canturini furono così costretti a chiedere aiuto a Milano. Uniti ai milanesi sconfissero le truppe nemiche a Mariano e posero fine alla guerra il 27 agosto dell'anno 1127 con il saccheggio e la distruzione della città di Como. In seguito Canturio si unì alla Lega Lombarda contro l'imperatore Federico I Barbarossa sconfiggendolo nel 1160.[4][6]
Durante un momento di conflitto interno alla città di Milano, ospitò l'arcivescovo Enrico I da Settala e i nobili milanesi guidati dal capitano Ardigotto Marcellino che erano stati cacciati dal popolo. Nel XIII secolo Canturio a fianco dei Visconti partecipò alle guerre contro i Torriani e fu teatro delle contese tra guelfi e ghibellini.[4][6] Nel 1324, divenuta signoria dei fratelli milanesi Gaspare[4] e Giovannolo Grassi, venne fortificata con grosse mura e 35 torri.[6] Il 20 giugno dello stesso anno i fratelli dichiararono l'indipendenza di Canturio da Milano.[6] Grazie ai numerosi avvenimenti che tenevano impegnati i Visconti al di fuori del territorio canturino, il borgo godette un periodo di pace che durò 10 anni.[6] Verso la fine dell'anno 1333 Stefanolo Grassi, figlio di Giovannolo, a capo di 200 cavalieri tentò un colpo di mano quasi riuscito contro Franchino Rusca, signore di Como. Successivamente Canturio cadette nella mani di Azzone Visconti. Negli anni a seguire il borgo venne tormentato dalle lotte tra le nobili famiglie dei Grassi e dei Carcano per poi passare nelle mani di Filippo Maria Visconti dal 1412 al 1447. Nel novembre del 1413 il Duca di Milano e "il Carmagnola" incontrarono presso la città canturina Sigismondo di Lussemburgo con l'intento di difendere i diritti viscontei sulla città. Dopo la morte dell'ultimo Duca della dinastia viscontea entrò in gioco Francesco Sforza, nemico di Milano, e Canturio si dovette preparare alle difese. La città riuscì per tre giorni a respingere il nemico, nonostante quest'ultimo fosse più potente e numeroso, ma al quarto giorno capitolò in seguito al crollo delle mura sotto i colpi delle bombarde.
Nel 1449 Canturio venne governata dal capitano di ventura Antonio Centelles[4] e divenne un "quartier generale" degli Sforza essendo un importante baluardo dell'Alto Milanese per tenere a freno i territori di Lecco, della Brianza, della Comasina, del Piano d'Erba e del Luganese. Tra la fine dell'anno 1449 e gennaio del 1450 Antonio Centelles si rifugiò a Canturio in seguito a due cocenti sconfitte riportate contro i veneziani condotti da Jacopo Piccinino, per poi venir fatto imprigionare da Francesco Sforza, prima a Lodi e poi nel castello di Pavia, per il sospetto che volesse cambiare bandiera.[4] Canturio venne donata dal duca Galeazzo Maria Sforza al fratello naturale Polidoro Sforza Visconti[4] e nel 1475 affidata in feudo al nobile milanese Francesco Pietrasanta[7][6][8] che vi fece erigere un castello su uno già esistente in cima al colle centrale. Castello poi distrutto nel 1527 da Gian Giacomo Medici[4] durante il saccheggio della città.[6] Del castello originale rimane solo l'antica torre in pietra, trasformata poi nel campanile della chiesa di San Paolo.[6] Nel 1484, in qualità dei poteri feudali detenuti del conte Pietrasanta, venne eletto podestà del borgo canturino Tristano Carcano. Il quale sposò Margarita Visconti nel 1461 e fu podestà e castellano di Carimate nel 1473. Nel 1496 il borgo di Canturio passò alla nobile famiglia dei Fossani per poi tornare ai Pietrasanta 19 anni dopo.
Gli Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti del 1346 citano la città con il nome di Cantù[7].
Nel Cinquecento perde il suo aspetto strategico a favore di un'operosità nel contesto di un vasto comprensorio: si hanno notizie della produzione artigianale dei chiodi e del pizzo a tombolo.[4] Nella prima metà dell'Ottocento incomincia la produzione artistica del mobile. Anche il castello, ricostruito e rimasto nelle mani dei Pietrasanta fino al XVIII secolo[7], perde il suo profilo militare diventando un palazzo di "piacere", ospitando importanti famiglie milanesi, artisti e poeti come Domenico Cimarosa e Giuseppe Parini.
Cantù nel 1771, a seguito della divisione territoriale operata dall'impero Austriaco, fu inclusa nella Provincia di Milano[9]. La cittadina fu spostata in Provincia di Como da Napoleone a titolo sperimentale nel 1797 (quando Cantù entrò a far parte del Distretto del Lario con la nascita della Repubblica Cisalpina[10]) e definitivamente nel 1801. Un decreto napoleonico del 1807 sancì l'allargamento territoriale di Cantù ai limitrofi comuni di Cucciago e Senna ed uniti[10]. L'aggregazione dei due comuni fu tuttavia abrogata con il ritorno degli austriaci in seguito alla caduta di Napoleone[11][12].
Il primo Consiglio comunale fu eletto nel 1830.
La fioritura dell'artigianato canturino, in un periodo di intenso sviluppo industriale, è data dall'istituzione di una Scuola d'Arte per l'arredamento nel 1882, la prima del genere sorta in Italia.
Il 24 ottobre 1942 Cantù venne bombardata dagli aerei Alleati che causarono la distruzione di alcuni edifici come il vecchio fabbricato viaggiatori della Stazione di Cantù-Cermenate.
Lo stemma è stato formalmente riconosciuto con decreto del capo del governo Benito Mussolini del 6 novembre 1928[13], essendo già in uso da almeno un secolo.
«D'argento, alla torre quadrata, al naturale, merlata di due alla ghibellina [N 2], aperta del campo, murata di nero, disposta a destra dello scudo, sopra una pianura di verde e sinistrata da un mastino rampante al naturale, collarinato d'argento. Capo d'oro, all'aquila dal volo spiegato, di nero.» |
La figura del cane con il collare era già presente nei celebri stemmari tardo-gotici lombardi del Cremosano e Trivulziano. Lo stemma raffigura il cane e la torre attraverso la paraetimologia popolare dell'origine di Canturio dalla fusione delle parole "canis" e "turris". La figura del cane evoca la fedeltà del popolo canturino all'autorità costituita, ma anche il loro carattere forte e battagliero. La torre richiama il periodo in cui Cantù venne fortificata con 35 torri da Gaspare Grassi nel 1324 e rimase indipendente dall'influenza di Milano per quasi 10 anni. Il 23 aprile 1979 è stato conferito il nuovo gonfalone, di panno verde, con un decreto del presidente della Repubblica.[13]
![]() | Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte |
— 2 giugno 1966[14] |
![]() | Titolo di Città |
«Decreto del Presidente della Repubblica» — 24 gennaio 1972[13] |
Il complesso monumentale di Galliano[15] è stato costruito tra il V - XI secolo.
In posizione dominante sul centro di Cantù si trova la basilica prepositurale di San Paolo[16], eretta verso la fine dell'XI secolo[17].
Nei pressi della basilica si trova la Cappella della Madonnina, un antico oratorio databile all'XI secolo[18] e che oggi adempie talvolta le funzioni di battistero della stessa chiesa di San Paolo[17]. In origine detta chiesa di Santa Maria, la cappella è anche conosciuta come "Oratorio della Beata Vergine". Situata nei pressi dell'antica cinta muraria cittadina, la chiesetta si presenta come un edificio con facciata a capanna e abside ettagonale formato da pareti irregolari innestate su quelle che un tempo erano le mura medievali della città. Anticamente la facciata era aperta e delimitata da una grata. Internamente l'edificio ha una struttura a pianta quadrata ed è arricchito da affreschi che vanno dal periodo tardo-bizantino a quello trecentesco, successivamente rimaneggiati nel XVI secolo. Tra di essi si ricordano la rappresentazione del borgo canturino e dei suoi monumenti principali, opera del 1514 attribuita ad Ambrogio da Vigevano e Cristoforo de Mottis[17],[19] oltre a una Madonna del latte del XIV secolo. Ai lati dell'abside sono raffigurati alcuni episodi della vita di Gesù: La nascita, La circoncisione e L'adorazione dei Magi[17]. La cappella conserva inoltre una pietra, raffigurante il monogramma di Cristo, che si suppone possa provenire dall'originario altare della basilica di Galliano[19].
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Si propone di dividere questa pagina in due, creandone un'altra intitolata Chiesa di San Teodoro (Cantù).
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Elevata a parrocchiale nel XV secolo[17], la chiesa di San Teodoro[20] fu costruita in stile romanico tra la fine dell'XI[19] e il XII secolo ma molto rimaneggiata nel corso del tempo[17].
La facciata, modificata nel XVII secolo secondo gli stilemi barocchi [17], è introdotta da un portale settecentesco in legno di noce, incorniciato da arenaria grigio-gialla. Al XVIII secolo risale invece una raffigurazione del vescovo Teodoro racchiusa nel fastigio del portale.
Le navate, delimitate da pilastri rettangolari rivestiti di serizzo e chiuse da rispettivi absidi, sono state anch'esse oggetto di importanti ristrutturazioni[17]. Se infatti l'abside centrale è originale, i due laterali furono ricostruiti in stile romanico agli inizi del XX secolo[17] dopo che nel '600 erano stati demoliti per lasciar posto a due cappelle a pianta rettangolare progettate dell'architetto Gerolamo Quadrio. Internamente, tra la fine del '500 e gli inizi del '600 il pavimento era in laterizio con mattonelle quadrate e rettangolari, mentre le pareti erano completamente dipinte. Di queste raffigurazioni sopravvivono oggi un San Giovanni Battista, un Battesimo di Gesù e una Madonna del latte.
La copertura, che era capriate lignee con coppi a vista e che, in origine, aveva una struttura interna a cassettoni, nel periodo barocco fu dotata di una struttura a volte a vela.
I rimaneggiamenti hanno interessato anche il campanile[17], originariamente costruito in stile romanico durante il Medioevo[19] ma intensivamente ristrutturato già nel XVII secolo. La parte superiore fu ricostruita in pietra di Saltrio nel 1831, attraverso un intervento che vide l'aggiunta del dado ottagonale e della cupola a cipolla.
La chiesa conserva un prezioso Crocifisso ligneo con capelli e spine vere, proveniente dalla demolita chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, oltre alle spoglie di Sant'Innocenzo della Legione tebana[17].
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Si propone di dividere questa pagina in due, creandone un'altra intitolata Santuario della Madonna dei Miracoli (Cantù).
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Il Santuario della Madonna dei Miracoli fu costruito tra il 1554 e 1555[19][21] sul luogo di una presunta apparizione mariana che sarebbe avvenuta al di fuori dell'antica porta cittadina di Campo Rotondo, ove un pilastro ospitava un dipinto di una Madonna del latte[22]. Secondo quanto tramandato dalla tradizione, nel maggio del 1543 una ragazzina di nome Angiolina della Cascina Novello si sarebbe recata sul luogo dell'icona mariana per chiedere la cessazione di una grave carestia che affliggeva l'area del canturino. In seguito alle preghiere la Madonna, chiamata "Santa Maria Bella", sarebbe apparsa alla giovinetta annunciando la fine della miseria e invitandola a recarsi nei campi con gli abitanti del borgo per la mietitura di un abbondante raccolto. L'effige di Santa Maria Bella, databile tra il '300[19] e la metà del '400, è conservata al centro del dossale dell'altare maggiore della chiesa[22].
Esternamente l'edificio si presenta con una facciata realizzata in cemento Portland tra il 1900 e il 1901 su disegno di Italo Zanini[22], secondo uno stile eclettico neoclassico-neobarocco. Al centro della parte superiore della facciata, una nicchia contenente una statua dell'Assunta rivela la dedicazione mariana della chiesa.
La parte anteriore del santuario, crollata nell'ottobre del 1837, fu ricostruita su progetto dell'architetto Giacomo Moraglia[19] e inaugurata nel 1863[22].
Internamente, la chiesa presenta una struttura a tre navate, ove quella centrale si chiude nel presbiterio, mentre le due laterali sono concluse da rispettive cappelle, una dedicata a Sant'Antonio e l'altra a Santa Teresa d'Avila.
Le pareti e la cupola del presbiterio sono coperte di decorazioni effettuate negli anni 1637-1638 da Giovanni Mauro della Rovere[19] (detto il Fiammenghino), affreschi che erano già stati auspicati dal vescovo Carlo Borromeo, durante la visita pastorale dell'ottobre 1570[22]. A Giovanni Stefano Danedi sono invece attribuite le pitture che ornano le pareti del coro, realizzati attorno al 1680.[19] Gli affreschi della cupola, che si sviluppa a partire da una pianta rettangolare di circa 7 x 8 m, riportano una scena dell’Assunzione: un porticato ad anello si apre al cielo, ove troneggia la Madonna circondata da angeli musicanti e nuvole[22]. Una serie di re biblici,10 profeti e sibille mescolate insieme a putti festanti ornano, in maniera alternata, gli otto scomparti del porticato e gli spazi della sottostante balaustra[22]. Nell'arco tra il presbiterio e il coro è situato l'altare che ospita l'effige di Santa Maria Bella, realizzato nel 1852 in stile neoclassico su disegno di Pompeo Calvi. Sulla parete sinistra del presbiterio è affrescata una Visita dei Magi, mentre su quella di destra sono dipinte Le nozze di Cana[22]. Il coro è ricoperto da una volta ornata da stucchi disposti a crociera, al centro della quale domina una raffigurazione del Padre Creatore affacciato ad angeli musicanti[22].
Il santuario conserva inoltre una Incoronazione della Vergine dipinta da Camillo Procaccini (1610),[19] nonché una Apparizione di Cristo a Santa Teresa di Charles Grandon (1714)[22].
L'edificio, detto anche "chiesa della Trasfigurazione"[23], fu costruito verso il 1570[19][24] su sostegno economico di Suor Letizia Alciati, dopo che nel 1505 il papa Giulio II aveva concesso alle Umiliate di Sant'Ambrogio il permesso di costruire sia la chiesa che un monastero[23]. Umiliate che, nei pressi della chiesa, dal XIII secolo gestivano un ospedale, dedicato a Sant'Antonio[25].
La chiesa si presenta come un edificio tardo-rinascimentale a pianta quadrata, sormontato da un'ampia cupola con tiburio cilindrico. Internamente, la cupola è affrescata e decorata da stucchi realizzati dai Maestri intelvesi[23].
Nel 1586 la chiesa venne divisa in due aree: una interna e una esterna. La parte interna, ad uso esclusivo delle monache del convento di clausura era introdotta da una esterna accessibile ai fedeli durante le funzioni religiose.
In seguito alla soppressione dell'ordine religioso da parte di Napoleone Bonaparte durante la Repubblica Cisalpina (1785), la chiesa cadde in totale declino. In un primo momento, il Monastero fu convertito in scuola militare, mentre la chiesa fu sconsacrata all’inizio del XIX secolo[23]. Venduta all’asta nel 1818, la chiesa fu adibita, assieme al Monastero, in abitazioni e magazzini privati[23]. A metà del XIX secolo si assistette alla demolizione sia della chiesa interna sia del campanile. Il monastero venne invece distrutto nel 1936 per dare spazio all'attuale piazza Marconi[23]. Nella cupola della ex-chiesa, resti di oltre cento figure affrescate da Giovanni Paolo e Raffaele Recchi (1676),[19] tra le quali spicca la sagoma di un angelo che porge lo staffile al santo titolare della chiesa.[26]
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Si propone di dividere questa pagina in due, creandone un'altra intitolata Chiesa di Santa Maria (Cantù).
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Eretta fra il 1665[19] e gli anni '80 del Seicento[27][28], la chiesa di Santa Maria fu costruita nel contesto di un monastero femminile benedettino, istituito nel 1093 da Alberto da Prezzate e riedificato nel 1690[27][29].
Dal XIII secolo in poi, il convento fu frequentato da giovani appartenenti alle ricche famiglie di Cantù e alla nobiltà comasca e milanese, che con il loro sostegno economico garantirono un periodo di prosperità al monastero[27]. Nei secoli XVII e XVIII, in particolare, la protezione delle famiglie nobiliari e il possedimento di estesi beni fondiari garantirono i proventi per la realizzazione della nuova chiesa, finalizzata a sostituire quella più antica che era già ristrutturata ai tempi dell'arcivescovo Carlo Borromeo[28]. La chiesa, progettata dall'architetto Gerolamo Quadrio,[19] fu infatti eretta su un preesistente edificio religioso in stile romanico, probabilmente a tre navate[28], databile agli inizi del Basso Medioevo. Alla morte di Gerolamo, avvenuta nel 1679, la direzione dei lavori passò al figlio Giovanni Battista Quadrio, autore del un portale in pietra che, all'interno della facciata in mattoni rimasta incompiuta, è sovrastato da una conchiglia dalla quale si diramano due ghirlande[28]. La pianta ottagonale è caratterizzata dall'alternarsi di pareti dritte e curvilinee, che con il presbiterio, il vano di ingresso e i due altari laterali, creano la forma di una croce. La chiesa è impostata su una pianta centrale ottagonale realizzata attraverso l'alternanza di pareti dritte e curvilinee che, in combinazione con il presbiterio, l'ingresso e i due altari laterali, vanno a formare una croce[28]. Un'imponente cupola sormontata da un tiburio conclude l'edificio[28].
All'interno della chiesa, otto colonne isolate sostengono il tiburio cilindrico e delimitano gli spazi della cappella maggiore e ai due altari laterali che un tempo erano dedicati alla Vergine deipara (quello verso oriente) e a san Benedetto (quello verso occidente)[28]. La chiesa ospita una grande pala d'altare realizzata da Grazio Cossali (1596), proveniente dalla distrutta chiesa domenicana di San Giovanni in Pedemonte di Como[28] e raffigurante la Vergine con il Bambino e i Santi Giacinto, il vescovo di Como Adalberto, due frati domenicani e due offerenti. L'opera è incorniciata da diciotto episodi della vita del domenicano Giacinto Odrovaz, alla cui canonizzazione del 1594 e alla traslazione delle reliquie del vescovo comasco Adalberto in San Giovanni in Pedemonte nel 1590 si deve l'esecuzione della pala[28]. Come attestato dalla data riportata sulla parete anteriore del tamburo, nel 1680 i lavori di costruzione della chiesa erano già a buon punto[28]. Tre iscrizioni ricordano il trasferimento, nel 1690, delle ossa della priora Agnese "de Burgundi", colei che per prima fu scelta da Alberto da Prezzate come priora del monastero e, allo stesso tempo, colei alla quale la tradizione attribuisce l'introduzione, a Cantù, di quel merletto che dalla città prende il nome[27][29].
Sul finire del Settecento, la soppressione degli ordini religiosi decretata da Napoleone Bonaparte con effetto anche sulla Repubblica Cisalpina comportò tuttavia la fine del convento (1798[28][29]). Il monastero, comprensivo di un chiostro principale più antico e di un altro aggiunto in seguito alla costruzione della chiesa stessa, fu infatti trasformato in una caserma[27][29]. La chiesa rimase chiusa al culto fino al 1839,[29] cosicché buona parte gli arredi andò perduta[28]. Dopo esser stato acquistato dal Comune agl'inizi del XX secolo, l'ex-monastero divenne dapprima una scuola e in seguito, agli inizi del III millennio, fu convertito nella sede del Municipio[27].
La chiesa di Sant'Antonio abate fu realizzata a partire dalla fine del XII secolo[30] in stile romanico-gotico al di fuori della cinta muraria della città medievale, lungo la strada che conduce a Como. A sinistra della chiesa si trovava un campanile romanico. Affiancato sul lato sud della chiesa si trovava un hospitale per gli ammalati e i pellegrini, utilizzato durante una grande pestilenza che nel 1631 afflisse il borgo canturino. L'hospitale, dotato di struttura a corte, fu gestito in un primo tempo da monache agostiniane e, in un secondo tempo, da canonici di Sant'Antonio di Vienne (XV secolo).
La chiesa si presenta con una facciata a capanna, dotata un portale delimitato da due archi, dei quali uno a sesto acuto e l'altro, ad esso sottoposto, a tutto sesto. Sopra al portone si staglia un rosone con cornice in cotto. Edificio a singola navata, la chiesa ha una struttura con capriate a vista e abside poligonale scandita da lesene gotiche. L'abside della chiesa è databile agli inizi del XIV secolo.[19] In passato le pareti interne completamente coperte da affreschi di diverse epoche, dal mondo bizantino alla pittura lombarda del '300. Di questi affreschi sopravvivono ancora una Madonna del latte, una Madonna in trono con Bambino e Santa Caterina d'Alessandria e un'Annunciazione. Nella chiesa è inoltre conservata una grande statua in arenaria dedicata a Sant'Antonio Abate, opera databile tra il Trecento e la prima metà del secolo successivo[19].
Al XIII secolo risale la costruzione di quella che era la chiesa di San Francesco, a cui un tempo era annesso il convento di francescani giunti a Cantù nel 1286, come risulta da un documento del maggio, quando alla pace tra le città di Como e MIlano furono testimoni anche frate Rainero de Solo, frate Giuseppe de Arluno, e frate Beltramo Cofa del convento di Cantù.[31]| Il convento fu soppresso nel 1777[32][33]. Della struttura della vecchia chiesa, adibita ad area espositiva[34], è ancora visibile la facciata gotica, inglobata in un edificio privato. La chiesetta viene chiamata anche "Cappella Carcano" per via del fatto che, nella seconda metà del XV secolo, il podestà di Cantù Tristano Carcano la adibì a tomba di famiglia prima di morire nel 1479[32][33]. L'altare della chiesa ospitava un trittico realizzato dall'artista bergamasco Bernardino Zenale sul tema dell'Immacolata Concezione, opera che fu tagliata in tre parti e venduta a diversi collezionisti. I pezzi del trittico sono custoditi a Milano nei musei Bagatti Valsecchi e Poldi Pezzoli, e a Malibù al Paul J. Getty Museum[32][33].
Il castello di Pietrasanta deve il suo nome e la sua costruzione alla famiglia dei conti che, nel 1475, ottenne l'affidamento della cittadina in feudo[4]. Il castello fu edificato in posizione dominante sul colle di Cantù, a pochi passi dalla basilica di San Paolo.[8] Lo stesso campanile della chiesa costituiva, nella sua parte inferiore, una torre del castello[4]. Distrutto nel 1527 da Gian Giacomo Medici[4], il castello venne ricostruito come edificio residenziale. Nonostante al suo interno conservi un salone neoclassico dipinto e decorato da Andrea Appiani[40] e Giocondo Albertolli, rispettivamente,[8] l'edificio versa oggi in condizioni di degrado[41].
La Porta Ferraia, detta anche Porta della Ferraria[42], deve il suo nome alla vicina Contrada della Ferraia, che un tempo ospitava botteghe in cui il ferro veniva lavorato per produrre chiodi e attrezzi agricoli. La costruzione è una porta perimetrale della cinta muraria medievale che venne costruita in seguito alla proclamazione dell’indipendenza di Cantù dal dominio visconteo di Milano, nel 1324[17]. La realizzazione della porta, detta anche "degli Archinti", si deve alla famiglia di Gaspare Grassi, che nello stesso periodo dotò la città di una cinta muraria lunga circa 1 miglio e di ben 35 torri[17]. La porta aveva la funzione di sorveglianza della vallata in direzione di Galliano.
Da un punto di vista architettonico, la struttura si presenta con un arco di granito e una torre trapezoidale irregolare di sette metri d'altezza, costruita in laterizi e ciottoli di fiume.
Vista l'estensione territoriale, non costituiscono un tessuto rilevante di edifici di rango.
La relativa monumentalità del centro storico dipende anche da questa storica debolezza.
Abitanti censiti[51]
Gli stranieri residenti al 31 dicembre 2018 nel comune sono 3 884, ovvero il 10,30% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti[52]:
(Collezione Bruno Munari - Razionalismo italiano - Neoliberty - Archivio Storico della Selettiva)
Nel 2012 a Cantù fu riaperto il centenario Teatro San Teodoro in cui si tengono spettacoli teatrali di prosa classica e contemporanea, spettacoli di cabaret, spettacoli di danza e concerti di musica classica e contemporanea.
A Cantù sorse nel 1977 una delle prime emittenti televisive libere del comasco: la storica Cantivù. Nello stesso anno nacque l'emittente Radio Cantù (originariamente Radio Cantù Brianza) ancora in attività.
L'economia canturina era tradizionalmente basata sull'industria. Il fattore principale e il più appreso era quello della produzione artistica del mobile e del pizzo che rendeva Cantù una cittadina famosa.[53] Oggi l'avvento, spropositato, della grande e media distribuzione commerciale ha ribaltato i caratteri territoriali identitari storici, spostando sulle direttrici stradali una maggiore densità edilizia, con scarsi risultati qualitativi. Anche per le differenti modalità commerciali in uso, il centro storico ha perso forza e capacità attrattiva, a differenza da analoghi centri della Lombardia (quali Saronno o Seregno).
Impressionante appare il numero di strutture di vendita poste lungo la via Milano, ad esempio.
Un altro settore artigianale importante è la lavorazione del pizzo di Cantù, la cui promozione è stata molto attiva negli ultimi decenni.
Il territorio comunale è servito da due stazioni ferroviarie, servite dai treni regionali svolti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia:
In passato la località era servita da due ulteriori relazioni su ferro, la tranvia Como-Camerlata-Cantù, attiva fra il 1909 e il 1951, che univa altresì le suddette stazioni ferroviarie e la Monza-Meda-Cantù, attiva fra il 1912 e il 1952, di cui costituiva il capolinea orientale. La prima fu sostituita da una filovia, chiusa a sua volta nel 1978.
La città è servita dalle relazioni automobilistiche interurbane gestite da ASF Autolinee.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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5 dicembre 1993 | 29 novembre 1997 | Armando Selva | Lega Nord | Sindaco | [54] |
30 novembre 1997 | 25 maggio 2002 | Edgardo Arosio | Lega Nord | Sindaco | [55] |
26 maggio 2002 | 21 maggio 2012 | Tiziana Sala | Lega Nord | Sindaco | [56][57] |
22 maggio 2012 | 25 giugno 2017 | Claudio Bizzozero | Liste civiche | Sindaco | [58] |
26 giugno 2017 | 26 settembre 2018 | Edgardo Arosio | Lega | Sindaco | |
26 settembre 2018 | 26 maggio 2019 | Alice Galbiati | Lega | Vicesindaco f.f. | |
26 maggio 2019 | in carica | Alice Galbiati | Lega | Sindaco | |
Altri progetti
Controllo di autorità | VIAF (EN) 168010776 · J9U (EN, HE) 987007559908505171 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85101181 |
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