San Biagio di Callalta(San Biazio in veneto) è un comune italiano di 12 715 abitanti[1] della provincia di Treviso in Veneto.
San Biagio di Callalta comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Alberto Cappelletto (PD) dal 27-5-2013 |
Territorio | |
Coordinate | 45°41′12.12″N 12°22′53.4″E |
Altitudine | 10 m s.l.m. |
Superficie | 48,51 km² |
Abitanti | 12 715[1] (28-2-2022) |
Densità | 262,11 ab./km² |
Frazioni | Cavriè, Fagarè della Battaglia, Olmi-San Floriano, Rovarè, San Martino, Sant'Andrea di Barbarana, Spercenigo[2] |
Comuni confinanti | Breda di Piave, Carbonera, Monastier di Treviso, Ponte di Piave, Roncade, Salgareda, Silea, Zenson di Piave |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 31048;
31042 (Fagarè) |
Prefisso | 0422 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 026071 |
Cod. catastale | H781 |
Targa | TV |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa)[3] |
Cl. climatica | zona E, 2 343 GG[4] |
Nome abitanti | sambiagesi |
Patrono | san Biagio |
Giorno festivo | 3 febbraio |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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Il territorio dove ora si estende il comune di San Biagio di Callalta fu abitato dalla popolazione dei Veneti, come attestato da ritrovamenti archeologici attribuibili alla loro cultura. Successivamente, quando in età repubblicana il Veneto fu assoggettato ai Romani, il territorio acquisì maggiore importanza grazie alla costruzione della via Annia, della via Postumia e di una strada che le collegava. Reperti del periodo sono stati rinvenuti nelle frazioni di Rovarè e Spercenigo, nella prima frammenti in terracotta e nella seconda un'urna funeraria e un'anfora vinaria, cui si aggiunge una tomba a incinerazione in località Ca' Lion.[5][6]
Durante il tardo impero romano si formarono Caurillium, oggi Cavriè, e Prandecinum, a nord dell'attuale Rovarè. Quest'ultimo toponimo si lega alla leggenda di Prando, nipote di Anterio signore di Altino, che volle edificare una fortezza nei pressi del fiume Sile per difendere gli Altinati dagli attacchi dei Trevigiani.[6] Nei due siti vennero eretti due edifici destinati al culto, rispettivamente la chiesa di San Biagio di Cavriè, citata nel 1152 tra le pievi della diocesi di Treviso, e la chiesa di San Lorenzo di Prandecino, nota sin dal 1021 come dipendenza dell'abbazia di San Zeno (demolita nei primi decenni del XIX secolo).[7][8] Fondamentale fu anche l'influenza dei benedettini di Monastier, ai quali si deve la bonifica del territorio e la nascita di Rovarè, Fagarè e Sant'Andrea di Barbarana.[6]
Nella stessa epoca si assisté allo sviluppo della strada Callalta (da callis alta perché costruita su un terrapieno), che andò ad assorbire i traffici tra Treviso e Oderzo; prima di allora essi si svolgevano sulla romana Postumia, resa impraticabile dall'incuria e dalle alluvioni del Piave. A partire dal Trecento lungo questa strada andò a formarsi un nuovo centro abitato, l'attuale capoluogo comunale, con la conseguente decadenza di Cavriè e Pradencino. Anche la pieve di Cavriè perse le proprie prerogative in favore della nuova chiesa di San Biagio de Cornudella, così detta in riferimento a una biforcazione della Callalta.[6]
La Callalta andò a rappresentare anche il confine tra i distretti trevigiani della Zosagna di Sopra e di Sotto. Con l'affermarsi del comune di Treviso, infatti, la zona era caduta nell'orbita di quest'ultimo e ne seguì le sorti sino alla definitiva sottomissione alla Repubblica di Venezia, sul finire del XIV secolo.[6]
Da allora seguì le vicende storiche della Serenissima, con l'insediamento di poderi e l'erezione di residenze più o meno sontuose, dagli essenziali edifici rurali alle ville di pregevole architettura con annesse cappelle gentilizie da parte di famiglie della nobiltà veneziana quali Sugana, Sala, Giudici, Da Lezze, Navagero e Caotorta. Il territorio fu amministrato dalla Repubblica di Venezia fino alla sua caduta, il 12 maggio 1797. Dopo la firma del trattato di Campoformio e l'assegnazione all'Arciducato d'Austria, esso seguì le sorti asburgiche.[9] Dal 1804, data dell'istituzione dell'Impero austriaco, il territorio rimase sotto la sovranità austriaca fino agli esiti della Terza guerra di indipendenza, quando dopo l'avanzata italiana si giunse all'Armistizio di Cormons e alla definitiva cessione del Veneto al Regno d'Italia ratificato con la firma del Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866.
Il territorio rimase coinvolto dalle conseguenze dello scoppio della prima guerra mondiale e, dopo la decisione del Regno d'Italia di entrare nel conflitto a fianco delle Potenze dell'Intesa, fu travolto dallo spostamento verso Sud del fronte italiano a causa della sconfitta delle forze armate italiane dopo la Battaglia di Caporetto. La linea del fronte costrinse le popolazioni della zona ad intraprendere un esodo verso la Pianura padana, mentre le forze armate austro-ungariche colpivano il territorio provocando ingenti danni.[10]
Il coinvolgimento fu massimo quando nel giugno 1918 fu combattuta la battaglia del Solstizio tra Regio Esercito e Imperial regio Esercito, l'ultima grande offensiva sferrata dagli Austro-ungarici nel corso del conflitto, che con la vittoria degli Italiani subirono una pesantissima disfatta, costata tra morti, feriti e prigionieri quasi 150 000 uomini a fronte dell'altrettanto pesante tributo di circa 90 000 militari italiani. Per ricordare il tragico evento venne eretto l'ossario di Fagarè, eretto lungo strada Callalta nel punto in cui le truppe austro-ungariche raggiunsero la massima avanzata. Ai lati dell'ossario sono stati trasportati i muri su cui figurano le due celebri scritte, opera del bersagliere propagandista Ignazio Pisciotta, «Tutti eroi! O il Piave, o tutti accoppati!» e «È meglio un giorno da leone che cento anni da pecora».
Il 18 maggio 1924, nella frazione Rovarè nacque Gino Donè in una casa colonica di braccianti agricoli. Partigiano della Brigata Piave e fondatore della sezione ANPI di Venezia, Gino Donè fu l'unico europeo a partecipare allo sbarco del Granma presso la Sierra Maestra dando inizio alla Rivoluzione cubana del 1956 assieme a altri 82 "Barbudos" fra i quali Fidel Castro e Ernesto "Che" Guevara.[11] Decorato dalle autorità cubane nel 2004, Gino Donè si spegne a San Donà di Piave il 22 marzo 2008.
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 maggio 1954.
«Troncato: nel 1° d'argento, alla mezza figura di San Biagio al naturale, uscente dalla partizione, in atto di benedire, con la tunica d'azzurro, con il manto al rosso sulla spalla sinistra e con l'aureola d'oro; nel secondo d'azzurro, al platano sradicato al naturale. Ornamenti esteriori da Comune.» |
Il gonfalone è un drappo partito di bianco e di azzurro.
Abitanti censiti[13]
Al 31 dicembre 2017 gli stranieri residenti nel comune erano 1 387, ovvero il 10,7% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti[14]:
Nel 2007 è stato premiato da Legambiente come comune più riciclone d'Italia.[15]
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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2008 | 2013 | Francesca Pinese | Lega Nord | Sindaco | |
2013 | in carica | Alberto Cappelletto | centro-sinistra | Sindaco | [16][17] |
La circoscrizione territoriale ha subito le seguenti modifiche: nel 1868 aggregazione delle frazioni di Fagarè e di S. Andrea di Barbarana staccate dal comune di Zenson di Piave; nel 1877 aggregazione delle frazioni di S. Floriano e di Spercenigo staccate dal soppresso comune di Spercenigo (Censimento 1871: pop. res. 1211); nel 1902 distacco della frazione di Fagarè aggregata al comune di Ponte di Piave (Censimento 1901: pop. res. 113); nel 1907 aggregazione di territori staccati dal comune di Salgareda (Censimento 1901: pop. res. 51).[18]
La San Biagio Volley è la società di pallavolo cittadina. Nata nel 2008, gestisce un ampio vivaio e partecipa con varie squadre ai campionati giovanili e ai campionati di Serie D e Prima Divisione Maschili. Gioca presso il palasport di Olmi "Alvise De Vidi", sito nell'area commerciale. [19]
Il Team C.S. Spercenigo è la società storica ciclistica del comune. Nata nel 1969, gestisce dai Giovanissimi (7-12 anni) fino agli Juniores (17-18 anni). Tra i ciclisti passati professionisti passati per questa società si ricordano Simone Cadamuro, Antonio Murilo Fisher, Alessandro Bertuola, Matteo Trentin.
Altri progetti
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