Montecarotto (IPA: ['montekarɔtto][4], Montigarò in dialetto locale) è un comune italiano di 1 837 abitanti[1] della provincia di Ancona nelle Marche.
Montecarotto comune | |
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Loggiato e torrione dell'orologio | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Marche |
Provincia | Ancona |
Amministrazione | |
Sindaco | Giuseppe Paoloni (lista civica) dal 27-5-2019 |
Territorio | |
Coordinate | 43°31′35.15″N 13°03′51.62″E |
Altitudine | 380 m s.l.m. |
Superficie | 24,39 km² |
Abitanti | 1 837[1] (31-5-2022) |
Densità | 75,32 ab./km² |
Comuni confinanti | Arcevia, Belvedere Ostrense, Ostra, Ostra Vetere, Poggio San Marcello, Rosora, Serra de' Conti |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 60036 |
Prefisso | 0731 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 042026 |
Cod. catastale | F453 |
Targa | AN |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 168 GG[3] |
Nome abitanti | montecarottesi |
Patrono | san Placido Martire |
Giorno festivo | 5 ottobre |
Cartografia | |
Posizione del comune di Montecarotto nella provincia di Ancona | |
Sito istituzionale | |
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Posto a 380 m s.l.m., Montecarotto appartiene al contrafforte orientale della zona subappenninica della provincia di Ancona, a 18 km da Jesi, a cavallo tra l'alta valle del Misa e quella dell'Esino. Il promontorio ha le sue origini geologiche agli inizi del terziario, quando le rocce del versante orientale subappenninico subirono la pressione della catena montuosa degli Appennini in fase di innalzamento.
Caratterizzato da un'ampia vista panoramica, che nelle giornate serene consente di scorgere il mare Adriatico e i monti dell'Appennino umbro-marchigiano, il suo territorio copre un'area di 24,07 km² e confina a nord con i comuni di Ostra Vetere e Ostra, a nord-est con Belvedere Ostrense, a est e a sud con Poggio San Marcello, a ovest con Serra de' Conti e Arcevia e a sud-ovest con Rosora. La campagna montecarottese si estende prevalentemente a nord-est e a sud-ovest del centro abitato e si suddivide in 23 contrade: Acquaviva, Bacucco, Bagnolo, Busche, Canapina, Coppari, Colle, Coste, Cupo delle Lame, Fonte Cisterna, Fonte del Coppo, Fonte San Giovanni, Fossato, Montali, Piandole, Romita, Sabbionare, Sant'Angelo, San Lorenzo, San Nicola, San Pietro, Selvettine, Taragli.
Il territorio comunale è attraversato da due principali corsi d'acqua a carattere torrentizio: Fossato, che da Poggio San Marcello sfocia nel fiume Esino, e San Fortunato che termina nel fiume Misa. Vi sono poi corsi d’acqua minori come Canepina, Lame, Coste, San Lorenzo e Selvettine. Tutti raccolgono le acque di scolo data la scarsità delle sorgenti.
Classificazione climatica: Secondo la classificazione climatica il centro abitato è situato in "zona E", 2168 GR/G 380 ALT[5].
Fascia climatica: secondo la classificazione redatta da Wladimir Köppen nel 1918 e aggiornata nel 1936, Montecarotto è inserito nel clima mediterraneo, caratterizzato da inverni freschi e piovosi ed estati calde e asciutte.
I dati registrati dalla Stazione meteorologica di Frontone, in base al periodo di riferimento (1975-2011), indicano che la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta attorno a +4,4 °C; quella del mese più caldo, luglio, raggiunge i +23,8 °C. Le precipitazioni annue sono superiori ai 994 mm, mediamente distribuite in 97 giorni, e presentano un picco primaverile ed autunnale, con un minimo relativo invernale[6].
Il mese più freddo resta gennaio 1981, con una media di +0,9 °C; il più caldo è invece agosto 2003, con +28,3 °C. I valori estremi di temperatura sono +44 °C del 6 luglio 1982 (con 39% di umidità) e -11,2 °C dell'8 gennaio 1985 e del 7 febbraio 1991. I primi quindici giorni del 1985 si confermano in assoluto i più rigidi del periodo esaminato, con una media delle minime di -5,9 °C. I quindici giorni più caldi vanno dal 5 al 19 agosto 2003, con una media delle massime di +35,11 °C.
L'anno più freddo resta il 1980 con +11,62 °C; il più caldo è il 2000, con una media di +15,23 °C. Il 1976 risulta il più piovoso dal 1975, con oltre 1.667 mm di pioggia, contro i 438 mm dell'anno più siccitoso, il 1998. Al 2010 va il primato per numero di giorni di pioggia, ben 142; all'ultimo posto ancora il 1998, con soli 57 giorni di precipitazioni. Oltre la media stagionale si posiziona il 2003 per numero di giorni di calura estiva (≥ +30 °C), ben 73; niente a che vedere con il 1976, con soli 7 giorni di caldo torrido.
L'altitudine, l'esposizione alle correnti balcaniche e a quelle siberiane fanno sì che le precipitazioni nevose diventino facilmente eccezionali, ben oltre cioè i 50 cm (ma possono arrivare anche a 150 cm). Negli ultimi cento anni non sono mancate nevicate eccezionali (superiori alla media per abbondanza e durata del fenomeno) e, tra queste, spiccano quelle degli inverni 1929 (l'anno del nevone), 1956, 1963, 1985[7], 2005[8] e 2012.
MONTECAROTTO (1975-2011) | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 6,6 | 7,4 | 11,4 | 15,1 | 20,7 | 24,9 | 27,6 | 27,7 | 22,6 | 16,8 | 11,0 | 7,4 | 7,1 | 15,7 | 26,7 | 16,8 | 16,6 |
T. min. media (°C) | 2,2 | 2,4 | 5,0 | 7,8 | 12,4 | 16,1 | 18,7 | 18,5 | 14,7 | 11,0 | 6,5 | 3,4 | 2,7 | 8,4 | 17,8 | 10,7 | 9,9 |
T. max. assoluta (°C) | 19 (1977) | 18,2 (1988) | 24,4 (1989) | 27,0 (2003) | 31,4 (1994) | 35,3 (2003) | 44,0 (1982) | 38,0 (2000) | 42,0 (1987) | 27,0 (2009) | 20,0 (1992) | 20,0 (1979) | 20,0 | 31,4 | 44,0 | 42,0 | 44,0 |
T. min. assoluta (°C) | −11,2 (1985) | −11,2 (1991) | −8,0 (2005) | −3,6 (2003) | 2,8 (1987) | 5,8 (2001) | 7,0 (1991) | 5,6 (1980) | 5,8 (1975) | −2,0 (1980) | −4,2 (1988) | −9,4 (1996) | −11,2 | −8,0 | 5,6 | −4,2 | −11,2 |
Giorni di calura (Tmax ≥ 30 °C) | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 4 | 12 | 10 | 1 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 26 | 1 | 27 |
Giorni di gelo (Tmin ≤ 0 °C) | 3 | 4 | 2 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 1 | 3 | 10 | 2 | 0 | 1 | 13 |
Precipitazioni (mm) | 58,4 | 70,9 | 84,3 | 84,6 | 77,9 | 74,2 | 61,7 | 78,0 | 86,2 | 94,5 | 115,6 | 107,9 | 237,2 | 246,8 | 213,9 | 296,3 | 994,2 |
Giorni di pioggia | 7 | 7 | 9 | 11 | 9 | 7 | 5 | 6 | 7 | 10 | 10 | 9 | 23 | 29 | 18 | 27 | 97 |
Giorni di nebbia | 8 | 7 | 5 | 4 | 2 | 1 | 1 | 1 | 2 | 6 | 8 | 8 | 23 | 11 | 3 | 16 | 53 |
Umidità relativa media (%) | 73,9 | 71,2 | 66,4 | 64,6 | 62,1 | 57,6 | 51,0 | 54,7 | 65,0 | 75,3 | 79,3 | 77,6 | 74,2 | 64,4 | 54,4 | 73,2 | 66,6 |
La storia di Montecarotto è per larga parte componente irresistibile dello sviluppo sociale, politico, economico dell'entroterra marchigiano. Il continuo affrancamento della popolazione adriatica da un assoggettamento esterno, ne traccia irreversibilmente quel processo storico che si esprime, coagulandosi, nella semplice autonomia politica, tipica delle comunità comunali, e trova nel castello la sua più naturale evoluzione: motivo di prestigio e di superiorità. A darci indicazioni sulle origini di Montecarotto è probabilmente il suo nome, dietro cui si cela la presenza di un'antica rocca distrutta. La necessità di dotarsi di una fortezza militare a cavallo tra il X e l'XI secolo è pertanto un primo indizio al quale risalire per comprendere le origini del luogo, e convalida l'ipotesi di un possibile ricorso a soluzioni difensive. L'esposizione al pericolo di cadere sotto nuovi domini spinse la popolazione locale a ricercare maggiori misure difensive, sostenute in parte dall'altitudine del luogo, suo baluardo naturale. La nascita di nuove tentazioni autonomistiche divenne un processo per certi versi atteso, grazie anche alla linea di confine che investiva l'antica rocca la quale, separando la diocesi di Senigallia da quella di Jesi, favorì negli anni il radicarsi di ambizioni egemoniche per il controllo del territorio circostante. Tuttavia, se la posizione collinare preservava la popolazione da incursioni e scorribande, in un quadro più ampio ancora largamente insicuro, spettò alle aristocrazie locali assicurare alla municipalità nuovi privilegi, politici innanzitutto ma anche economici, accompagnati da obblighi di referenza verso le autorità concedenti, in un continuo gioco fatto di concessioni politiche da un lato e revoche autonomiste dall'altro.
L'ascesa della borghesia nel XVIII secolo contribuì in maniera significativa a tramutare Montecarotto in uno dei centri dell'entroterra anconetano più vivaci sul piano economico, forte di alcune eccellenze come la produzione di organi e orologi, e tra le più interessanti identità municipali del panorama provinciale, già premiata nella corsa all'acquisizione del titolo di capoluogo di cantone del dipartimento del Metauro in epoca napoleonica. Il declino del potere pontificio e l'affermazione di un'autorità civile sempre più laica, in concomitanza con gli eventi risorgimentali, oltre a garantire maggiore prestigio politico all'oligarchia cittadina, da tempo convertita al liberalismo, assicurarono ulteriore slancio economico alla sua componente più vitale, il notabilato fondiario, quest'ultimo incapace tuttavia di resistere ai profondi mutamenti politici e sociali della seconda metà del Novecento. L'avvento dell'industrializzazione e la crisi della mezzadria, accompagnata da un inesorabile abbandono delle campagne, ma non dell'agricoltura, se da un lato premiarono il settore manifatturiero e incoraggiarono soluzioni cooperativistiche, dall'altro non impedirono il deflusso demografico (il cui fenomeno non si è ancora arrestato dagli anni '50). Testimonianze visibili del passato di Montecarotto sono oggi le principali architetture religiose volutamente maestose, i palazzi gentilizi, il teatro e un assetto urbano attestante un’interessante, benché superata, egemonia politica sul territorio.
Lo Stemma del comune[9] è di colore rosso con un monte all'italiana composto da tre cime di colore verde sormontate da un leone coronato d'oro; all'esterno dello scudo vi sono ornamenti da comune. Lo stemma venne attribuito al Comune di Montecarotto con Regio Decreto del 1930.
Il Gonfalone comunale è costituito da un drappo di colore rosso decorato di ricami d'argento su cui è posto lo stemma comunale con al centro un'iscrizione in argento "Comune di Montecarotto"; le parti in metallo ed i cordoni sono argentati; l'asta è ricoperta di velluto rosso con bullette argentate posizionate a spirale; le cravatte e i nastri sono vestiti dei colori nazionali con frange in argento. Il gonfalone è stato assegnato con Decreto Presidenziale del 3 dicembre del 1980.
Nel territorio e dipendenti dalla Parrocchia Santissima Annunziata di Montecarotto esistono numerose chiese.
Situata nella parte alta del paese, venne ricostruita a partire dal 1779 su progetto dell'architetto domenicano Pietro Belli, che ideò la chiesa di San Domenico di Ancona. La chiesa, a croce latina, è realizzata in un sobrio stile neoclassico con alcuni elementi barocchi al suo interno, come le due belle cappelle ai lati del transetto. Al suo interno, la parte più spettacolare è quella del presbiterio, dove si trova l'altare maggiore, che fu realizzato da Michele Rusconi da Lugano e, sopra il coro in noce, la tela dell'Annunciazione della Vergine (XVII secolo).
Chiesa di origine francescana la cui fondazione risale al 1612.
Chiesa la cui fondazione risale ai primi anni del Cinquecento.
Chiesa di costruzione settecentesca a navata unica, con all'interno un crocefisso opera del Bornoni (secolo XVII).
Della chiesa di Santa Maria del Popolo si hanno notizie per la prima volta negli atti delle visite pastorali della seconda metà del secolo XVI. Tali documenti ci dicono anche che era posta fuori dal castello e di giuspatronato di Gerolamo Gasparini. La chiesa venne poi probabilmente ricostruita in epoca settecentesca; è ad unica navata e conserva all'interno di una nicchia dietro l'altare un'antica statua lignea della Madonna (secolo XVII - XVIII) molto venerata dalla popolazione.
Nei secoli scorsi per tradizione il cappellano della chiesa veniva eletto mediante estrazione ogni anno tra i parroci della parrocchia. L'interno, di dimensioni contenute e a pianta rettangolare con la copertura costituita da una volta a botte decorata con stucchi. Le pareti laterali sono ornate con lesene alla cui sommità sono posti capitelli corinzi sormontati da archi, stucchi e da una cornice che corre per tutto il perimetro interno.
Della chiesa di San Pietro si hanno le prime notizie nella prima metà del Quattrocento. Sorgeva nel fondo omonimo, nella contrada di San Pietro così titolata per la presenza della chiesa, molto vicina al tempio tuttora esistente limitrofa al trivio Montecarotto, Moie, Ostra.
L'attuale costruzione è dei primi del Novecento, di dimensioni contenute ed a pianta rettangolare, ha una sola navata e la copertura è sostenuta da un'unica capriata in legno. L'interno è di semplice fattura con pareti intonacate; sulle pareti laterali a destra e a sinistra dell'altare si aprono due finestre monofore. In una nicchia alle spalle dell'altare si conserva una statua lignea di San Pietro. Sulla facciata sul culmine del tetto a capanna è posto un piccolo campanile a vela con una sola campana comandata tramite delle funi dall'interno della chiesa.
Della chiesa di Santa Maria della Neve si hanno notizie certe per la prima volta nei resoconti della vista pastorale effettuata dai delegati del cardinale Giacomo Corradi nel 1653. I delegati la menzionano come chiesa ben tenuta ed a un solo altare e vi si celebrava messa solo nei giorni festivi. La chiesa si trova in contrada Taragli di Montecarotto.
La chiesa ha pianta rettangolare ad un'unica navata, è di dimensioni contenute e ha la facciata a capanna, Il tetto è sorretto da un'unica capriata lignea. L'interno è semplice con pareti intonacate, sulle pareti laterali si aprono due piccole finestre rettangolari. Sulla parte posteriore al culmine del tetto è posto un piccolo campanile a vela con due campane che vengono comandate tramite funi da un locale con funzioni di sagrestia attiguo alla chiesa.
Nel corso dei secoli molte altre chiese sia rurali che situate entro le mura o nei borghi prossimi sono scomparse. Di esse sappiamo quanto ci dicono i documenti d'archivio.
Numerose sono le edicole dedicate ai santi protettori di contrade che nei secoli sono state costruite a testimonianza della devozione popolare.
La cinta muraria risale al 1509 su disegno dell'architetto Albertino Di Giacomo da Cremona che intese ampliare il vecchio impianto medievale. Le mura corrono per 625,50 m secondo una pianta a quadrilatero trapezoidale allungato nella direzione Est-Ovest, delimitando la parte più alta del colle dedicata alla chiesa Parrocchiale della SS.ma Annunziata.
Le mura hanno subito negli anni numerosi interventi, il più marcato dei quali è stato l'allargamento dell'ingresso principale per agevolare il passaggio dei carri nei giorni del mercato, senza danneggiare dignità monumentale e valenza decorativa dell'intorno.
Di questa parte, venne demolita la porzione che univa ortogonalmente il torrione dell'orologio (all'epoca meno ornato) al lato che volge a Mezzogiorno. Da questo tratto si accedeva al paese attraverso la porta d'ingresso (le altre due aperture, una a Nord e l'altra ad Ovest, sono frutto di interventi successivi) con la torre civica (su cui erano originariamente collocati l'orologio e le campane) e l'antico palazzo priorale.
Della cinta muraria è ancora visibile la scarpata, mentre le cortine sono state coperte dalle abitazioni. Restano ancora visibili cinque torrioni, tra i quali spiccano per stato conservativo quelli del lato orientale: uno cilindrico, con base appena scarpata, doppio ordine di beccatelli e sporto merlato alla ghibellina e l'altro pentagonale, con scarpa evidente e sporto non merlato su robusti beccatelli.
Non meno imponente è il torrione cilindrico dell'angolo nord-ovest con alta scarpa, doppio cordone e tracce di beccatelli. Ben conservata è la porta del lato Ovest; abbattuta invece quella del lato orientale che fiancheggiava a breve distanza verso Sud il torrione dell'orologio, visibile nel quadro del 1865 conservato in municipio del pittore cuprense Antonio Bonci.
Il torrione dell'orologio resta il monumento più in vista del paese e, anche, sua immagine più ricorrente. Posta nel lato orientale della cinta muraria, la torre venne integralmente rivestita nel 1903, quando si decise di unire la piazza esterna (oggi Piazza della Vittoria) all'area interna (l'odierna Piazza del Teatro). Al piano superiore, con accesso attraverso il camminamento di ronda, è custodito il quadrante dell'orologio, l'asta di collegamento, il pendolo e i pesi per la ricarica manuale delle lancette fin dal 1849, come volle il progettista e costruttore Pietro Mei.
Da questo primo locale si accede a un piano superiore che custodisce il “cuore” dell'orologio, sul quale è ancora leggibile la matricola: «P. Mei 1849 Montecarotto nº 22». Continuando nella salita si arriva all'esterno della torre e alle campane, chiamate a ricevere l'urto del battente su comando dell'orologio ogni quindici minuti. Quotidianamente un addetto del Comune provvede alla sua ricarica per non interromperne la funzione pubblica originaria.
La grande sala del vecchio palazzo Priorale fungeva anche da teatro, divenuta inagibile a causa di un'abbondante nevicata che fece crollare il tetto. Documenti del 1809 attestano la presenza di un altro locale adibito a spettacoli pubblici durante le principali ricorrenze, come il carnevale animato da dilettanti locali e piccole compagnie di professionisti. Questo edificio era ubicato nel cuore dell'attuale piazza del mercato.
Nella seconda metà dell'Ottocento venne poi realizzato l'attuale Teatro comunale su progetto dell'architetto jesino Raffaele Grilli. L'impianto venne inaugurato l'8 settembre del 1877 con "l'opera in musica Maria di Rohan" del maestro Donizetti, al prezzo di lire una.
Costretto ad un lungo restauro per dichiarata inagibilità, il teatro è stato riaperto al pubblico il 9 settembre del 2001 con uno spettacolo tenuto in occasione del Festival Pergolesi Spontini[10]. I locali sottostanti il teatro dal 2006 ospitano il Museo Civico e della Mail Art.
Palazzo nobiliare situato nel centro storico, poggiante sul tratto terminale del settore sud delle mura castellane con ingresso lungo via Guglielmo Marconi. Con la morte dell'ultimo erede della dinastia Baldoni, Corrado, l'edificio è passato alla curia vescovile di Jesi per volontà testamentaria nel 1991. Benché interamente spogliato degli arredi interni mobili, il palazzo conserva ancora un giardino pensile di grande pregio che offre all'intorno decoro e rara bellezza.
Il monumento è stato costruito in periodi diversi del Novecento, amalgamando architetture storiche e scenografie naturali in una suggestiva unità fisica e ideale.
Realizzato nei primi anni trenta, il monumento è opera dello scultore veneziano Vito Pardo, autore anche del celebre Monumento nazionale delle Marche a Castelfidardo. Gli elementi che lo compongono sono stati pensati come arricchimento della facciata della chiesa di San Francesco, con decorazioni simboliche e stemmi delle forze armate, in virtù del largo impegno dei militari italiani nel primo conflitto mondiale. Il monumento culmina nella parte terminale del campanile, da allora elevato di diversi metri mediante la realizzazione di una cuspide piramidale che mostra quattro croci in vetro, una per ogni punto cardinale.
La parte più recente, e che si offre per prima agli occhi del visitatore, è costituita dal Monumento ai caduti di tutte le guerre. L'opera inaugurata nel 1971 è stata realizzata lungo il pendio che porta da via XX Settembre alla sommità del colle della chiesa di San Francesco. La stele di bronzo che svetta dal complesso di travertino indica la continuità con la facciata del tempio su cui è posto il primo monumento dedicato ai caduti della Grande Guerra, progettato da Vito Pardo e costruito nei primi anni trenta.
L'accesso al complesso è dato da una scalinata che congiunge fisicamente e idealmente i due monumenti, posti su quote diverse del colle e uniti da una salita che intende evocare sentimenti di ascesi ai valori di patria e del più alto sacrificio di un soldato. Il monumento ai caduti di tutte le guerre parte dalle battaglie del Risorgimento e arriva ai due conflitti mondiali, passando per le guerre coloniali.
Ai lati dell'altare vi sono altri due volumi, sui quali poggiano dei pannelli in bronzo con rilievi stilizzati di combattenti, in memoria dei soldati italiani deceduti in battaglia. L'opera è stata realizzata su disegno del professor Schiavoni di Arcevia, che riprese l'idea originale di Vito Pardo, di costruire cioè una grande scalinata che abbracciasse la collina della chiesa di San Francesco.
Lungo la scalinata, un cippo ricorda il luogo dove perse la vita nel luglio del 1944 il giovane Tarcisio Tassi, guida partigiana, caduto durante gli scontri della Battaglia di Montecarotto. Il monumento è raggiungibile da via XX Settembre mediante un'ampia scalinata lastricata che porta ad un'ara, sulla cui sommità spicca una stele di bronzo, poggiante su un parallelepipedo di travertino.
Area naturalistica ricca di flora e fauna, al cui interno scorre il torrente Fossato. L'area è situata nella piega collinare che delimita il confine tra il comune di Montecarotto e quello di Poggio San Marcello. La morfologia del territorio, nata dalla stretta vicinanza dei versanti collinari, crea un bacino idrografico particolarmente ricco di acque superficiali in autunno e in primavera. Il torrente corre per 9,5 km prima di terminare nel fiume Esino, il principale corso fluviale della vallata provinciale. Il parco conserva ancora i ruderi dell'antico mulino che traeva forza motrice dalle acque del torrente. La natura rigogliosa dell'area si dota di rare specie di fiori, tra le quali la felce e la dracontea (Dracunculus Vulgaris). Nel 2014 la Giunta regionale ha inserito il Parco naturale del Trabocco tra le Aree floristiche protette delle Marche[11].
Abitanti censiti[12]
Secondo i rilevamenti dell'ISTAT, i cittadini stranieri residenti a Montecarotto al 1º gennaio 2021 risultavano 181, divisi in 78 maschi e 103 femmine, pari all'9,8% della popolazione residente. Gli stranieri provenienti da paesi dell'Unione europea erano 70 e 111 gli extracomunitari. Le nazionalità più numerose erano[13]:
Il dialetto montecarottese risente di influssi derivanti dai dialetti umbro-laziali, dal dialetto toscano e con alcune cadenze dell'area settentrionale della regione. Montecarotto viene attraversata dall'isoglossa[14] 517 che fa da spartiacque tra i dialetti con influssi settentrionali e quelli più marcatamente meridionali. Il confine naturale di questa sommaria suddivisione è la direttrice Ancona-Roma che nell'area marchigiana possiamo identificarla con il fiume Esino. Di seguito alcuni proverbi e modi di dire in forma dialettale:
Nel territorio comunale esiste un'unica parrocchia che appartiene alla diocesi di Jesi. La religione maggiormente praticata a Montecarotto è la Cristiana cattolica.
Gli stranieri invece sono in prevalenza induisti, sikh e musulmani. Nel paese vi sono anche diverse famiglie italiane di religione evangelica luterana.
Festa locale[15] dedicata alla degustazione del vino Verdicchio dei Castelli di Jesi. Nata nel 1972[16] con il nome di Sagra del pesce e del verdicchio con ricorrenza annuale e con durata variabile, per quasi vent'anni la festa ha avuto per tema la promozione del bianco locale, prodotto allora poco conosciuto oltre regione, in cooperazione con il mondo ittico provinciale. Mutata per un breve periodo in Palio del Verdicchio (incontro ludico tra i paesi produttori del Verdicchio), la festa divenne nel 1994 Mostra dei vini marchigiani, vetrina cioè dei prodotti enologici regionali e luogo di confronto tra le aziende marchigiane. L'evento coinvolse per oltre dieci anni un numero elevato di produttori regionali. Per cinque giorni le vie del centro storico si animano di numerose proposte culturali. Spiccano ancora le scelte eno-gastronomiche, alle quali si aggiungono numerosi eventi fatti di mostre pittoriche e fotografiche, visite guidate nelle architetture storiche, spettacoli musicali e artisti di strada. L'evento si rinnova annualmente a cavallo tra giugno e luglio[17].
Momento propiziatorio della tradizione contadina marchigiana, assimilabile alla Befanata della Toscana e alla Pasquarella del Lazio, contraddistinto dai canti rituali di questua che si ripetono nel giorno dell'Epifania per le vie del centro abitato. La tradizione vuole che il canto di Pasquella venga portato da squadre di cantori casa per casa come augurio di salute, di benessere e di abbondanza, in cambio di piccole offerte di denaro, cibo e vino.
Tale usanza, smarrita con la fine della mezzadria, è stata rivalutata a Montecarotto a partire dal 1985[18] e da allora riproposta annualmente grazie alla partecipazione di gruppi di cantori del territorio, a partire dal gruppo di canto popolare La Macina di Monsano[19]. Durante la festa, ai visitatori vengono offerte castagne arrosto e vin brulé.
Antica festa religiosa in onore del patrono San Placido la cui ricorrenza cade il 5 ottobre. La festività risale al 1686, da quando cioè vennero traslate le reliquie del martire dalla catacomba romana di Calepodio e trasferite a Montecarotto[20]. Dal 1982 la festa è anticipata da una fiera-mercato che si snoda lungo le vie principali del paese[21].
La Biblioteca Comunale[22][23] è ubicata al piano terra della Scuola Media Statale Gallo Galli, in Piazza della Vittoria 3. Oltre alla dotazione cartacea, è possibile consultare diverso materiale analogico e digitale. Il catalogo dei titoli è disponibile su internet tramite il sito web istituzionale del Comune.
Sono presenti sedi scolastiche per la formazione di base: Scuola dell'infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado. Le scuole fanno parte dell'Istituto Comprensivo di Arcevia[24] di cui fanno parte oltre a Montecarotto anche i comuni di Arcevia e di Serra de' Conti e sono:
Il MAM (Museo d'Arte Moderna e della Mail Art), dopo anni di chiusura per carenza di spazi adeguati, nel 2006 è stato trasferito e riaperto nei locali che un tempo ospitavano le cantine del Teatro comunale. Un restauro ha riportato i locali all'antico aspetto: le volte a botte, le vecchie pietre della muratura e le arcate che sostengono il teatro soprastante.
La raccolta, inaugurata nel 1985 ed esposta precedentemente presso il palazzo Baldoni ed il foyer del teatro, è incentrata sull'arte destinata ad essere trasmessa per posta. Le prime forme di arte postale risalgono agli inizi del XX secolo, praticate dal movimento Futurista, dal Dada e da quello Surrealista. Nel secondo dopoguerra l'espressione artistica riprese a viaggiare grazie a Ray Johnson e alla sua scuola per corrispondenza sull'arte concettuale, fondata a New York nel 1962.
Specialità gastronomiche locali sono: tagliatelle casalinghe tirate con il lasagnolo (da lasagne), coniglio in porchetta, l'oca arrosto su forno a legna, maialino in porchetta e il lonzino di fico, con impasto cotto di fichi maturi non sbucciati e mandorle. In qualche famiglia, nei giorni festivi è ancora possibile assaggiare il caratteristico tortone, dolce a base di farina di mais e farina di grano, uva passera, mele, olio di oliva e sapa, inoltre una particolare leccornia dolce, spumette a base di chiara d'uovo, mandorle e zucchero.
Nei forni artigiani del paese si possono trovare anche altre specialità gastronomiche, come il pan di serra con grano biologico a lievitazione naturale, la pizza al formaggio tipica del periodo pasquale, i maritozzi pennellati con chiara d'uovo e zucchero, le polacche ripiene di marmellata o di cioccolato, le paste all'ammoniaca e il caratteristico parpagnacco con la scorza di limone e il torrone al caffè. Si trova la pizza ai grasselli, detta in dialetto grascelli, parte del maiale affumicata e tagliata a cubetti.
Anche le macellerie sono rimaste fedeli alla tradizione marchigiana: producono salumi marchigiani come il ciauscolo che risente della tradizione culinaria norcina, le salsicce di fegato dette anche mazzafegato e i soprattutto ciarimboli, parte del budello di maiale private di grasso.
Il vino è sempre stato uno dei prodotti tipici di Montecarotto, a partire dal Verdicchio declinabile secondo le sue eccellenze: vino DOCG Castelli di Jesi Verdicchio riserva:
Inoltre si producono:
Lo crescita economia del luogo dal secondo dopoguerra dipese soprattutto dallo sviluppo delle attività manifatturiere e artigianali, pur in mancanza di uno sbocco a valle che ne avrebbe probabilmente agevolato una crescita maggiore. Di notevole importanza resta la produzione del Verdicchio.
Montecarotto fa parte delle seguenti associazioni:
Oggi Montecarotto è conosciuto principalmente per la produzione di vino Verdicchio prodotto nelle aziende e le cooperative vinicole per la produzione di vino DOC[25]. La vocazione all'agricoltura di qualità di Montecarotto è testimoniata anche dalla coltivazione dell'olivo e dall'esistenza di frantoi che producono olio d'oliva specialmente del cultivar raggia, si producono inoltre formaggi, ricotte di pecora e marmellate.
Anche l'attività manifatturiera ha avuto in questi ultimi anni uno sviluppo: sono state create aziende per la lavorazione della gomma, la produzione di macchine agricole e componenti meccanici. È presente inoltre un tessuto di aziende artigiane che spazia dal settore del mobile, alla carpenteria metallica e all'impiantistica.
Non mancano nel territorio comunale e in quello circostante diverse strutture ricettive aperte tutto l'anno, in particolare agriturismi, country house e bed and breakfast[26].
Il comune di Castelbellino è sede della stazione ferroviaria Montecarotto-Castelbellino posta sulla linea: Ancona-Roma (collegamenti nazionali e regionali)
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
1860 | 1861 | Giuseppe Capretti | Liberale | Presidente | |
1861 | 1865 | Sante Bartoloni | Liberale | Sindaco | |
1865 | 1883 | Leone Baldoni | Liberale | Sindaco | |
1883 | 1885 | Domenico Capretti | Liberale | Sindaco | |
1885 | 1890 | Leone Baldoni | Liberale | Sindaco | |
1890 | 1897 | Achille Baldoni | Liberale | Sindaco | |
1897 | 1898 | Riccardo Baldoni | Liberale | Sindaco | |
1898 | 1898 | Angelo Golini | Commissario prefettizio | ||
1898 | 1903 | Tito Mei | Liberale | Sindaco | |
1903 | 1904 | Floriano Fiorani | Liberale | Sindaco | |
1904 | 1906 | Guglielmo Tentelli | Liberale | Sindaco | |
1906 | 1909 | Arduino Baldoni | Liberale | Sindaco | |
1909 | 1909 | Umberto Ricci | Commissario prefettizio | ||
1909 | 1913 | Edoardo Bartoloni | Liberale | Sindaco | |
1913 | 1913 | Roberto Marcellini | Commissario prefettizio | ||
1913 | 1914 | Crescentino Gasparini | Liberale | Sindaco | |
1914 | 1920 | Riccardo Bevilacqua | Liberale | Sindaco | |
1920 | 1920 | N. Vissarri e Conte Arnaldo Woodly Lasak | Commissario prefettizio | ||
1920 | 1922 | Vittorio Marri | Socialista | Sindaco | |
1922 | 1922 | Gualtiero Dionisi Vici | Commissario prefettizio | ||
1922 | 1923 | Carlo Baldoni e poi Gualtiero Dionisi Vici | Commissario prefettizio | ||
1923 | 1925 | Tullio Bevilacqua | PNF | Sindaco | |
1925 | 1926 | Rodolfo Fioretti | PNF | Commissario prefettizio | |
1926 | 1926 | Ubaldo Urbani | PNF | Podestà | |
1926 | 1927 | Mse. Pietro Mereghi | PNF | Commissario prefettizio | |
1927 | 1928 | Col. Gustavo Moscarella | PNF | Podestà | |
1928 | 1928 | Angelo Giabboni | PNF | Commissario prefettizio | |
1928 | 1933 | Carlo Mariotti | PNF | Podestà | |
1933 | 1937 | Ottorino Bartoloni | PNF | Podestà | |
1937 | 1939 | Amalio Carissimi | PNF | Commissario Prefettizio | |
1939 | 1943 | Amalio Carissimi | PNF | Podestà | |
1943 | 1944 | Attilio Cappellini | Commissario prefettizio | ||
1944 | 1945 | Romolo Chiacchiarini | CLN | Sindaco | |
1945 | 1946 | Pietro Gasparini | CLN | Sindaco | |
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
1946 | 1957 | Felice Mingo | PCI | Sindaco | |
1957 | 1960 | Umberto Venanzi | PCI | Sindaco | |
1960 | 1964 | Mario Febo | DC | Sindaco | |
1964 | 1970 | Alfio Perini | PCI | Sindaco | |
1970 | 1975 | Artemio Procicchiani | PCI | Sindaco | |
1975 | 1980 | Mariano Petrolati | PCI | Sindaco | |
1980 | 1982 | Mariano Petrolati | PCI | Sindaco | Dimessosi a seguito di un contrasto nella maggioranza |
1982 | 1985 | Alfiero Cappellini | PCI | Vice Sindaco | |
1985 | 1990 | Alfiero Cappellini | PCI | Sindaco | |
1990 | 1995 | Alfiero Cappellini | PCI | Sindaco | |
1995 | 1999 | Paola Soverchia | Progressisti per Montecarotto | Sindaco | |
1999 | 2004 | Mirella Mazzarini | L’Ulivo | Sindaco | |
2004 | 2009 | Mirella Mazzarini | L'Ulivo | Sindaco | |
2009 | 2014 | Mirco Brega | Partito Democratico | Sindaco | |
2014 | 2019 | Mirco Brega | Democratici per Montecarotto | Sindaco | |
2019 | in carica | Giuseppe Paoloni | Montecarotto in Comune | Sindaco | |
Montecarotto, insieme ai comuni di Castelbellino, Castelplanio, Maiolati Spontini, Monte Roberto, Poggio San Marcello, San Paolo di Jesi, aderisce all'Unione dei Comuni della Media Vallesina[29].
U.S.D. MonSerra Calcio - Prima Categoria Marche (Girone B) (che rappresenta anche Serra de' Conti)[30]
A.S. Monserra Volley
A.S.D. Monserra Pattinaggio
C.T.M. Circolo Tennis Montecarotto[31]
I principali impianti sportivi consentono la pratica delle più comuni discipline, quali tennis, calcio, pallavolo, basket, calcetto, pattinaggio e bocce. Tutti gli impianti sono dotati di illuminazione notturna.
L'11 maggio 2012 la 6ª tappa del Giro d'Italia ha corso lungo le strade di Montecarotto. Al traguardo la vittoria è andata al colombiano Miguel Angel Rubiano Chavez e la maglia rosa è passata per la prima volta ad Adriano Malori della squadra del filottranese Michele Scarponi, vincitore del giro 2011.
Negli anni cinquanta del Novecento il comune di Roma inaugurò "via Montecarotto" nel quartiere di San Basilio, sito nell'estrema periferia nord-est della capitale. La strada si trova più precisamente nella borgata di San Cleto, area popolare cresciuta a seguito di un flusso migratorio composto in prevalenza da marchigiani e umbri che da allora la abitarono. La via è rimasta tristemente famosa da quando divenne teatro di scontri nel settembre del 1974[33] tra la polizia e nuclei familiari i quali, spinti dalla necessità, avevano abusivamente occupato più di cento abitazioni appartenenti all'Istituto Autonomo Case Popolari.
Anche nel vicino comune di Jesi è presente una strada intitolata a Montecarotto.
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