Isfahān (o Eṣfahān o Ispahān, in persianoاِصفَهان , اِسپَهان) è una città nell'Iran centrale con 1.600.000 abitanti (stima 2007) sul fiume Zayandeh, 400 chilometri dal Golfo Persico a un'altezza di 1590 metri sopra il livello del mare, nelle montagne dello Zagros. È la capitale della provincia di Esfahan con 4.600.000 abitanti (stima 2006) e con una superficie di 107.027km².
Lo hinterland economico di Esfahān è la zona circostante in cui sono prodotti cotone, grano e tabacco. Le industrie tradizionali della città includono quella tessile - cotone, seta e lane, broccato e moquette - ma anche quella alimentare e metallurgica. Le industrie moderne, a parte la siderurgia, sono quelle legate alla raffinazione del petrolio.
Esfahān è ben nota per le bellezze architettoniche e per i suoi giardini pubblici. Secondo un adagio persiano "Esfahān è metà del mondo" (Esfahān nesf-e jahān). La città ha subito danni durante la guerra scatenata contro l'Iran dall'Iraq di Saddam Hussein, ma in seguito è tornata all'antico splendore anche grazie ad opere di restauro e di conservazione, tra cui quella italiana dell'Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO), guidata dall'architetto Eugenio Galdieri.[2]
Storia
Esfahān è una città molto antica, importante anche nell'Impero sasanide, fu conquistata dagli Arabi nel 642. Fece parte del Califfato abbaside finché Toghrul Beg, sovrano dei Grandi Selgiuchidi, la conquistò nel 1055 e la scelse come capitale del suo Sultanato. Perse la sua importanza con la fine del dominio selgiuchide in Persia.
Occupata da Mongoli, che in seguito ad una rivolta degli abitanti saccheggiarono la città e sterminarono la popolazione, e dagli Afghani. Nel 1930 lo scià Reza Pahlavi ordinò un ampio progetto di ricostruzione delle rovine.
Clima
Il clima a Esfahān è semi-arido con siccità estiva. La principale sorgente d'acqua è il fiume Zayandeh, la cui acqua in passato veniva utilizzata secondo precisi criteri[3]; tuttavia con l'aumento della popolazione e le esigenze dell'industria, l'acqua viene ora estratta dal fiume a monte di Esfahān, per cui nell'ultimo decennio il fiume è in secca in città.[4].
Vi è una notevole escursione termica, sia diurna che stagionale.
Dati riferiti agli ultimi due decenni del XX secolo[5][6]
Mesi
Stagioni
Anno
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
Set
Ott
Nov
Dic
Inv
Pri
Est
Aut
T. max. media (°C)
9
12
17
22
28
34
36
35
31
24
17
11
10,7
22,3
35
24
23
T. media (°C)
3,5
5,5
10,5
15,5
21,0
26,0
29,0
27,0
23,5
17,0
10,0
5,5
4,8
15,7
27,3
16,8
16,2
T. min. media (°C)
−2
0
5
9
14
19
21
20
15
9
4
−1
−1
9,3
20
9,3
9,4
Precipitazioni (mm)
17
14
18
19
9
1
1
0
0
4
10
20
51
46
2
14
113
Monumenti e luoghi d'interesse
la Moschea dello Scià.
Esfahān divenne importante nel Cinquecento sotto la dinastia safavide con lo scià ʿAbbās I il Grande, il quale diede l'impronta architettonica della città che tuttora vanta. Presenta vestigia straordinarie quali:
la Piazza Imām Khomeini, chiamata ufficialmente Meydān Naqsh-e Jahān (ovvero "Piazza Metà del Mondo") e un tempo Meydān-e Shāh ("Piazza dello Scià", sottintendendo ʿAbbās I). È una delle piazze più grandi del mondo e tutto il suo complesso è stato dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'umanità nel 1979.
la Moschea dello Scià (Meydān Naqsh-e jahān, in persianoمسجد شاه, "Masjid-e Shāh") è la principale moschea della città che sorge sul lato Sud di Piazza Naqsh-e jahān. Venne eretta a partire dal 1629 su ordine dello scià ʿAbbās I il Grande, è una delle più rinomate dell'Iran islamico.
il Palazzo Ali Qapu che sorge anch'esso sulla grande piazza, venne eretto all'inizio del XVII secolo come residenza degli Scià di Persia.
La cupola della Moschea dello Shaykh Loṭf Allāh vista dall'interno.
la Moschea dello sceicco Lotfollah venne eretta fra il 1602 ed il 1619, durante il regno dello scià 'Abbas I il Grande anch'essa sulla piazza sulla Piazza Naqsh-e jahān. La moschea venne così nominata in onore dello shaykh Loṭfollāh Maysī al-ʿĀmilī, un uomo dotto dell'epoca che su invito dello scià si stabilì in città.
la Moschea del Venerdì (Masjid Jāmiʿ) è probabilmente l'espressione architettonica più importante della dominazione selgiuchide in Persia (1038-1118).
il Si-o-se Pol, che significa "Ponte dei 33 archi", detto anche "ponte Allāhverdī-Khān" è uno degli undici ponti della città. Considerato uno dei più famosi esempi dei ponti costruiti dalla dinastia Safavidi all'inizio del XVII secolo.
il ponte Khaju
la Cattedrale di Vank, cuore della Chiesa apostolica armena in Iran.
I minareti oscillanti, una moschea che presenta due minareti la cui oscillazione del primo determina una risonanza nel secondo.
Chehel Sotoun un ottimo esempio di giardino persiano Patrimonio UNESCO.
Hasht Behesht, dimora di piacere degli scià safavidi.
Gran Bazar
Tschahār Bāgh, viale giardino
Madrasa Madar-i Shah, madrasa della madre dello Scià
Letteratura
Gilbert Sinoué ha scritto La via per Isfahan in cui si racconta di un viaggio nella città.
Nei primi del '900 Robert Byron ha scritto su Isfahan nel suo La via per l'Oxiana.
Parte del romanzo “Medicus” di Noah Gordon é ambientato nella Isfahan dell’XI secolo.
In Lettere persiane, romanzo epistolare di Montesquieu, i due protagonisti, Usbek e Rica, provengono da Isfahan, verso la quale spediscono e ricevono epistole.
Nicolas Bouvier, nel libro "La polvere del mondo", nel racconto i protagonisti fanno tappa proprio nella città di Isfahan (fonte A.D.M.).
particolare della cupola della Moschea dello Shaykh Loṭf Allāh.
Il famoso Si-o-se Pol (Ponte dei 33 archi), che scavalca lo Zayandeh rud, è considerato il più limpido esempio di ponte safavide.
Kelisa-e Vank ("Chiesa di Vank"), la cattedrale armena di Vank.
Pol-e Khaju, Ponte Khaju, costruito dallo scià ʿAbbas II intorno al 1650.
Pol-e Khaju, Ponte Khaju particolare dei portici.
Chehel Sotoun, costruito come palazzo reale alla fine del XVI secolo e ampliato dallo scià ʿAbbas II. Il palazzo ha 20 colonne ma viene chiamato Chehel Sutun "Quaranta Colonne" perché riflettendo nella piscina di fronte al palazzo le venti colonne si raddoppiano.
Chehel Sotoun, particolare delle colonne.
Bazar di Esfahan, venditori di samovar.
Bazar di Esfahan, venditore di spezie.
Note
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