Torre Archirafi (A Turri in siciliano) è un piccolo borgo marinaro, frazione di Riposto e congiunto ad essa da sud dal lungomare Edoardo Pantano. Dall'abitato, nelle giornate terse è possibile ammirare un paesaggio che spazia dall'Etna e le sue pendici fino a Taormina, con le prime propaggini dei Peloritani, quindi alla costa reggina della Calabria.
Torre Archirafi frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Comune | ![]() |
Territorio | |
Coordinate | 37°42′31″N 15°13′03″E |
Altitudine | 3 m s.l.m. |
Abitanti | 2 304 |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 95010 |
Prefisso | 095 |
Fuso orario | UTC+1 |
Nome abitanti | turroti |
Patrono | santa Maria del Rosario |
Cartografia | |
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Torre Archirafi è inoltre il punto di partenza di un percorso cicloturistico che termina nei pressi del fiume Alcantara.
L'antica torre difensiva è risalente al XIV secolo secondo una lettera di re Martino del 1406[1], nella quale ne ordina la ristrutturazione, e si trovava nella spiaggia di Mascali, dinnanzi la chiesa del borgo marittimo di Torre Archirafi[2]. Giovanni Natoli Ruffo, figlio primogenito del principe Francesco Natoli Alifia e di Caterina Ruffo di Calabria, fu il primo duca d'Archirafi, feudo concesso per regale concessione da parte di re Carlo III di Borbone il 24 maggio 1741[3]. Restaurò la chiesa parrocchiale a cui diede il nome di Santa Maria della Lettera per l'indulto dell'arcivescovo di Messina[4][5].
Secondo il Villabianca la torre, distrutta dall'impeto del mare, fu ricostruita nel 1762 in un luogo più sicuro[6], tuttavia nessuna nuova torre risulta costruita in quell'anno, né la vecchia fu mai restaurata come dimostra un dipinto di fine settecento che la ritrae in rovina[2]. Alla morte di Giovanni Natoli Ruffo, avvenuta nel 1769, gli succedette il cognato Francesco Moncada Natoli, che l'anno successivo rivendette la ducea e le proprietà a Placido Vanni Sitajolo dei Marchesi di Roccabianca[2].
Il borgo, a partire dalla sua fondazione, iniziò a popolarsi di gente proveniente soprattutto da Acireale, Messina e Paternò. Nel 1815, con il distacco di Giarre dalla Contea di Mascali, Torre Archirafi divenne parte del nuovo Comune sino a quando nel 1841 "Riposto e il borgo La Torre” ebbero anch'esse un proprio municipio.
L'abitato, nonostante l'espansione edilizia degli ultimi decenni, ha mantenuto abbastanza integro l'antico centro storico, il cui cuore è rappresentato dalla chiesa madre e dal settecentesco Palazzo dei Principi Natoli, entrambi prospicienti il mare.
La Chiesa di Santa Maria del Rosario, nata come cappella, fu inizialmente dedicata alla Madonna della Lettera, culto introdotto nella zona dai messinesi. Ridedicata alla Madonna del Rosario, è stata più volte restaurata sino a raggiungere l'aspetto attuale nella seconda metà dell'Ottocento. È sede parrocchiale dal 1922.
La Torre Modò è risalente alla fine del XVI secolo, ma presenta una tipologia edilizia non riconducibile al modello camillianeo e quindi appare verosimile una origine medievale essendo visibili alcuni conci di terracotta databili all'epoca bizantina o araba, tra il VI e il X secolo.
La torre di Archirafi, oggi non più esistente, faceva parte del sistema delle Torri costiere della Sicilia, costruita per il respingimento delle incursioni angioine, successivamente svolse il ruolo di torre d'avviso contro le scorrerie turche ed i corsari barbareschi. Nel 1578 le spese della torre erano a carico del vescovo di Catania, per come riportato dalla relazione redatta da Tiburzio Spannocchi, che la denomina come "la torre de li archelafi".
Nel 1584 su indicazione dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani essa fu oggetto di un progetto di restauro: "è assai antica et per il batter del mare nei pedamenti… è alquanto scalzata, et saria di bisogno rimediarla… ha rispondenza con la Torre di Capo delle Molina et verso il Castello della Mola". La torre descritta dal Camilliani era importante per l'economia del luogo, una grande torre ad impianto circolare con merli aggettanti, ed era ricompresa all'interno delle mura di un baglio.
Venne ancora citata da diverse fonti nel 1617, 1709 e 1720. Nel 1721 il feldmaresciallo Samuel Von Schmettau[7] promosse una rilevazione di campagna topografica in Sicilia e la torre vi comparve.
Nel 1809 la Deputazione del Regno di Sicilia richiese alla giurisdizione amministrativa di Mascali informazioni sulle torri di quella contea da cui si desume che ora era in carico alla comune.
In seguito la torre sprofondò per via dei bradisismi che interessano questo tratto di costa, ed alla fine del XIX secolo il Di Maggio[8] cita che la costruzione di una strada costiera portò alla sua parziale demolizione ed infine nel 1972 Mazzarella e Zanca[9] raccontano che una mareggiata ne distrusse gli ultimi resti fino a farla scomparire. Tuttavia in una cartolina degli anni '50 non si nota alcun rudere sulla spiaggia. Gli ultimi resti storicamente accertati risalgono al sopralluogo dell'architetto palermitano Vincenzo Musso, nella sua Relazione per il territorio di Mascali e Giarre del 23 novembre 1816, in cui annotò che rimanevano soltanto «gli avanzi della famosa Torre degli Archirafi monumento di antichità da cui [il borgo] prende il nome».
Nelle estati dei primi anni '80 Torre Archirafi divenne luogo d'interesse per diverse testate di cronaca del mistero (su tutte Cronaca Vera) a causa di presunti avvistamenti del sugghiu, un mostro tipico delle leggende siciliane[10][11].
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