Scaria è una frazione del comune comasco di Alta Valle Intelvi posta in valle a nordest del centro abitato.
Scaria frazione | |
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Localizzazione | |
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Comune | ![]() |
Territorio | |
Coordinate | 45°59′13″N 9°02′45″E |
Altitudine | 789 m s.l.m. |
Abitanti | |
Altre informazioni | |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 013939 |
Cod. catastale | I509 |
Nome abitanti | scariesi |
Patrono | santi Nazaro e Celso |
Giorno festivo | 28 luglio |
Cartografia | |
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Come testimoniato dalla scoperta di alcuni massi incisi ad coppelle, la località, piccolo villaggio agricolo di antica origine della Valle Intelvi, doveva essere abitata già in epoca preistorica. All'età romana risalgono invece alcune tombe riportate alla luce sul territorio.[1]
Un ordine di Napoleone permise a Scaria di annettere Lanzo, Ramponio e Verna, ma gli austriaci annullarono la decisione al loro ritorno nel 1815 con il Regno Lombardo-Veneto[2].
Nel 1853 la popolazione era costituita da 353 abitanti[2], dopo l'unità d'Italia, il paese non diede segni di crescita demografica. Nel 1928 il fascismo decise la soppressione del comune unendolo a Lanzo d'Intelvi[3], che a sua volta nel 2017 è confluito nel nuovo comune di Alta Valle Intelvi a seguito dell'esito del referendum popolare che si è svolto il 20 novembre 2016[4].
Fuori paese si trova la chiesa dei Santi Nazaro e Celso,[5][6] di origine romanica,[7] edificio che in origine esercitava le funzioni di chiesa parrocchiale.[8]
Risalente al XII secolo[1] ma rimaneggiata tra i secoli XVI e XVII[9][10], la chiesa conserva una decorazione pittorica cinque-seicentesca[1]. Al periodo medievale risale una croce metallica impreziosita da gemme, ritrovata nei pressi della chiesa.[11]
Sul lato meridionale esterno, affreschi seicenteschi ornano la parete verso il cimitero dove erano sepolti i fratelli Carloni, illustri figli di Scaria. Innestato sullo stesso lato è il campanile, probabile rielaborazione di una precedente torre[1].
Il portico laterale fu aggiunto nel XVII secolo.[10]
All'esterno, il retro della chiesa ospita un'abside a sezione quadrata, innestata su un'analoga struttura a pianta semicircolare.[1] Internamente, l'abside è abbellita da una Madonna in trono, verso la quale confluisce una schiera di santi e d'apostoli, affreschi di Giovanni Andrea De Magistris (1516)[12] e di Giovanni Battista Tarilli[13] di Cureglia.
Dotata di campanile di origine rinascimentale, la parrocchiale di S. Maria,[14] risalente al XV secolo ma ampliata nel successivo[15][9], introduce in una delle chiese più belle della Val d'Intelvi, un ambiente in cui architettura, scultura e pittura si fondono in una perfetta armonia.
Gli interni della chiesa sono il frutto di un totale rinnovamento voluto dai fratelli Diego Francesco e Carlo Innocenzo Carloni.[1][15] Discendenti da una famiglia di artisti essi eseguirono i lavori di ristrutturazione e restauro per circa 50 anni (grossomodo tra il 1709 e il 1752[10]). Carlo si occupò degli affreschi e dei quadri, mentre il fratello Diego dei rilievi e delle statue a stucco.[1][10] Con ogni probabilità, questi lavori si conclusero nel 1753[15]. La chiesa di S. Maria ha un'unica navata fiancheggiata da quattro cappelle. Il presbiterio è riccamente ornato da un ciclo di affreschi dedicato all'incoronazione della Vergine da parte di Dio Padre e di Gesù, in compagnia di una schiera di angeli e santi tra i quali si identificano Sant'Ambrogio e San Carlo Borromeo[15]. Una fastosa e scenografica macchina decorativa tardobarocca.
Il museo[16] è attivo dal 1966.[10] Tra le opere ivi conservate si menzionano nove statue lignee scolpite da Ercole Ferrata,[17] un ritratto di quest'ultimo attribuito a Carlo Maratta,[10] alcuni affreschi realizzati dai Tarilli (opere originariamente collocate all'interno della chiesa di S. Maria),[18] una pittura di Carlo Innocenzo Carloni[10] e una serie di oggetti liturgici (tra cui due croci astili medievali: una del XII secolo,[1] l'altra più recente di circa tre secoli)[10].
Altri progetti
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