Sant'Angelo è una frazione del comune di Mercato San Severino, in provincia di Salerno.[1]
Sant'Angelo frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Comune | ![]() |
Territorio | |
Coordinate | 40°47′N 14°45′E |
Altitudine | 250 m s.l.m. |
Abitanti | 2 000 ca |
Frazioni confinanti | Curteri, Acquarola, San Vincenzo,Valle. |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 84085 |
Prefisso | 089 |
Fuso orario | UTC+1 |
Nome abitanti | sandangelesi |
Patrono | san Michele Arcangelo |
Cartografia | |
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Sant'Angelo in Macerata, sulla strada provinciale SP4 Mercato San Severino - Nocera Superiore (Camerelle), comprende nel suo territorio, gli antichi casali di Carratù e Marcella (Via Marcello - Via Torrione), con la Torre romana di Marcello, e le località di Abbadessa, Bagnarosoli, Casa Giordano, Santa Croce e Valle-Marigliano.
Confina con le frazioni di Curteri, San Vincenzo e Acquarola.
La denominazione "Macerata" (ad maceratam) deriva dalla macerazione della canapa e del lino, attività redditizia in questi luoghi, nei secoli scorsi.
Le prime notizie sulla chiesa locale risalgono al 980.
La chiesa di Maria SS. del Carmine, oggi del Rosario, è gestita dalla confraternita laicale omonima e si data alla prima metà del VI secolo. Essa presenta un'antica navata priva di cappelle e coperta da una volta a botte. Organo e campanile della chiesa sono del '700. Di recente sono stati scoperti interessanti affreschi, per lungo tempo nascosti da calce bianca.
La chiesa parrocchiale, dedicata all'Arcangelo Michele, fu fondata in età longobarda e ristrutturata dopo il 1688. Nel 2012 il parroco Don Antonio Sorrentino ha ristrutturato la facciata della chiesa e ricostruito il campanile.
La chiesa di S. Giovanni Battista con un importante monte di pietà, è barocca ad unica navata con volta lavorata a stucco. Vi si conservano tele di Michele Angelo Iannacci, pittore napoletano del XVIII secolo.
Il Romitorio della Santa Croce, su amena collina, è stato ristrutturato di recente.
La Torre romana di Marcello, rimaneggiata nel Medio Evo, è l'unica testimonianza dell'Oppidum Rota.