Sala Comacina (AFI: /ˈsa:la/; Sala in dialetto comasco, AFI: /ˈsala/) è un comune italiano di 483 abitanti della provincia di Como in Lombardia.
Sala Comacina comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Ivonne Mandelli (lista civica Insieme per Sala) dal 25-5-2014 |
Territorio | |
Coordinate | 45°58′N 9°10′E |
Altitudine | 213 m s.l.m. |
Superficie | 4,73 km² |
Abitanti | 483[1] (30-11-2020) |
Densità | 102,11 ab./km² |
Comuni confinanti | Colonno, Lezzeno, Tremezzina, Ponna |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 22010 |
Prefisso | 0344 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 013203 |
Cod. catastale | H679 |
Targa | CO |
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa)[2] |
Cl. climatica | zona E, 2 372 GG[3] |
Nome abitanti | salesi |
Patrono | san Bartolomeo apostolo |
Giorno festivo | 24 agosto |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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Il toponimo avrebbe in passato indicato la Sala, ossia il luogo ove venivano raccolte le tasse dovute ai Longobardi che avevano conquistato l'Isola comacina[4].
Sia durante alcuni scavi in località Colombera (1857) sia durante la costruzione del tratto di strada Regina tra Argegno e Sala (1905) sono state riportate alla luce alcune tombe di epoca romana[4].
Al tempo della guerra decennale, Sala era dotata di una fortificazione militare[5] facente parte del complesso difensivo dell'Isola Comacina[6].
Gli annessi agli Statuti di Como del 1335 riportano i “comunia et vicinantie de Salla et de Collono” tra le località che, all'interno della pieve d'Isola, avevano l'onere della manutenzione del tratto della via Regina compreso tra un determinato ponte di Colonno e la valle di Premonte.[7]
Sempre inserita nella stessa pieve fino alla fine del Ducato di Milano,[8] la località di Sala risulta formare un'unica entità comunale con la vicina Colonno anche nella prima metà del XVI secolo, periodo in cui il luogo viene così descritto da Paolo Giovio:[5]
«Salademum pagus occurit cum vetusta arce in adito negociosis piscatoribus frequens. Contra id salaniani litoris spatium porrigitur insula, protenso in ongitudinem dorso, cadaver antiquate urbia navigantibus ostentans» |
(Paolo Giovio, De chorographia Larii lacus) |
Nel 1555 Sala era parte del feudo d'Isola (che a sua volta era già stato un territorio di quello di Colico), il quale lo stesso anno era stato infeudato da Antonio Maria Quadrio e successivamente passò ai conti Alberti.[7] Nello stesso secolo, Sala disponeva ancora della propria fortificazione[4]. Nel 1640 Sala e il resto della pieve vennero concesse in feudo dal re Filippo IV all'abate Marco Gallio di Como.[7] Nel 1686, dopo la morte del marchese Giacomo Gallio rimasto senza discendenti, il feudo tornò nelle disponibilità della Regia Camera del Ducato di Milano.[7] Nel 1751 il comune risulta ancora soggetto a un pagamento quindecennale per la redenzione dall'infeudazione.[7] Nello stesso secolo, Sala ospitava una fabbrica di candele[4].
Un decreto di riorganizzazione amministrativa del Regno d'Italia napoleonico datato 1807 sancì, per il comune di Sala, l'annessione di Colonno e Ossuccio.[9]
Successivamente all'unità d'Italia, il comune si chiamò semplicemente "Sala" fino al 1863, anno in cui un Regio Decreto sancì l'attuale denominazione.[10]
Nel 1925 la frazione di San Bartolomeo venne trasferita dal comune di Sala a quello di Colonno. I due comuni, unitamente a quello di Ossuccio, dal 1928 al 1950 formarono un'unica entità amministrativa chiamata "Comune di Isola Comacina".[10][11]
Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 3 luglio 1962.
«D'argento, alla rocca di rosso fortificata ai lati da quattro torrioni merlati di tre alla ghibellina, aperta, e caricata nella parte inferiore da due spadoni d'argento, manicati d'oro, posti in croce di S. Andrea, fondata su una striscia di terra al naturale, nascente da uno specchio d'acqua, ondato d'azzurro e d'argento; nel canton sinistro del capo un mitria di verde. Ornamenti esteriori da Comune.» |
Il castello rosso rappresenta quello che esisteva nel Medioevo, posto su una striscia di terra al naturale simbolica dell'Isola Comacina, presso le acque del Lario. Le due spade simboleggiano le lotte feroci combattute per il possesso del castello e del territorio, tra Milanesi e Comaschi. La mitra verde ricorda che il paese fu tra i possedimenti del vescovo di Como, Leone Lambertenghi che ne ottenne l'investitura feudale dall'imperatore Adolfo di Nassau il 13 novembre 1296.
Il gonfalone è un drappo partito di rosso e di bianco.
La chiesa di San Bartolomeo,[12] già esistente come edificio romanico[4] durante il Medioevo,[12][13] fu oggetto d'importanti ristrutturazioni nel 1703 (rifacimento dell'abside[12]) e nel 1848[14] (anno in cui la chiesa divenne sede di una parrocchia[15]).
Al Quattrocento risale un Crocefisso in rilievo nella parete esterna dell'abside, mentre almeno un secolo più antichi sono tre affreschi attualmente presenti all'interno del presbiterio ma - almeno fino alla metà dell'Ottocento[16] - situati anch'essi all'esterno, tra i quali un San Cristoforo e un Sant'Antonio Abate.[12][4]
Il presbiterio conserva inoltre una pala d'altare di Giovanni Mauro della Rovere, raffigurante una Madonna con Bambino e Santi e realizzata negli anni 1640, oltre a un coro in legno dello stesso periodo.[12] La volta ospita invece un affresco di Carlo Innocenzo Carloni[17], dipinto raffigurante una Gloria di San Bartolomeo .[12][4]
Sempre nel presbiterio trova posto un altare maggiore barocco.[17] Quest'ultimo stile artistico caratterizza inoltre in una serie di opere collocate lungo le pareti dell'unica navata, le cappelle laterali e la sacrestia:[12]
Alla fine del Settecento risalgono invece l'altare, le statue e le tele conservate nella seconda cappella a sinistra, dedicata alla Madonna del rosario.[12] Sul lato opposto, la prima campata ospita un Sant'Alessandro Saulidel XVII secolo, stesso periodo a cui risale una Orazione nel Getsemani conservata nell'altare con colonne tortili della prima cappella, ove trova posto anche un'Immacolata dai tratti maratteschi. Caratteristiche che si ritrovano anche nella pala della seconda cappella di destra, raffigurante Il redentore coi santissimi Carlo e Giorgio e nell'altare del presbiterio, ispirato alle opere del Borromini.[12]
La chiesa conserva inoltre un organo "Franzetti" del 1874 di complessivamente 530 canne.[12]
Una punta in prossimità della foce del torrente Premonte ospita Villa Beccaria (seconda metà[17] del XVIII secolo).[18]
Inserita in un parco progettato da Giuseppe Balzaretti, la villa appartenne, tra gli altri, a Giulio Beccaria (figlio di Cesare e zio del Manzoni)[18] e a Cesare Cantù.[19] La residenza è anche nota come "Villa Rachele",[20] nome che rimanda a quello di due donne che, nel corso del tempo, divennero proprietarie dell'edificio. Se in un primo momento la villa finì nella mani di Rachele Beccaria - figlia del già citato Giulio - successivamente venne ereditata da Rachele de Marchi, consorte di Emilio de Marchi, il quale presso la villa scrisse la sua opera Col fuoco non si scherza.[18]
Nel 1860, la villa fu soggetta a un intervento di ristrutturazione.[17]
Abitanti censiti[23]
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Altri progetti
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