Malandriano è una frazione del comune di Parma, appartenente al quartiere Cittadella.
Malandriano frazione | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Provincia | ![]() |
Comune | ![]() |
Territorio | |
Coordinate | 44°44′35.7″N 10°22′30.9″E |
Altitudine | 81 m s.l.m. |
Abitanti | 480[2] |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 43123 |
Prefisso | 0521 |
Fuso orario | UTC+1 |
Cartografia | |
Modifica dati su Wikidata · Manuale |
La località è situata 7,55 km a sud-est del centro della città.[1]
La frazione sorge in posizione pianeggiante in una zona ricca di sorgenti, per secoli utilizzate per alimentare l'acquedotto farnesiano di Parma.[3]
Le più antiche tracce della presenza umana nei pressi di Malandriano risalgono all'età del bronzo.[4]
La zona risultava abitata anche in epoca romana, come testimoniato dal rinvenimento di alcune monete[5] e dalla suddivisione del territorio che ricalca ancora in parte l'antica centuriazione.[6]
Nel Medioevo fu edificata la pieve di San Martino, menzionata forse già nel 1005 nell'Ordo Archipresbiterorum Plebium voluto dal vescovo di Parma Sigifredo II.[7]
Successivamente a difesa del borgo fu eretto un edificio fortificato, appartenente agli inizi del XV secolo ai Baratti di Castione; nel 1406 Ottobuono de' Terzi imprigionò a Guardasone il castellano, accusato di ribellione, e fece radere al suolo il maniero.[8]
Nel 1573 il duca Ottavio Farnese fece costruire, attingendo alle acque delle sorgenti di Malandriano, l'acquedotto di Parma, che rimase in funzione fino al 1900.[3]
Per effetto dei decreti napoleonici, nel 1806 la località divenne frazione del nuovo comune (o mairie) di Marore,[9] che fu sciolto nel 1870 e inglobato in quello di San Lazzaro Parmense, a sua volta assorbito da quello di Parma nel 1943.[10]
![]() | Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Martino (Parma). |
Menzionata forse già nel 1005, la pieve romanica, ormai in rovina, fu quasi completamente ricostruita in stile barocco verso la fine del XVII secolo; parzialmente modificata negli interni intorno alla metà del XX secolo, la chiesa conserva alcuni dipinti seicenteschi di pregio.[7]
Edificato in epoca ignota, il castello dei Baratti fu raso al suolo nel 1406 per volere di Ottobuono de' Terzi e mai più ricostruito.[8]
Altri progetti
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