Paramythia (in greco: Παραμυθιά, Paramythiá; in albanese: Ajdonati[1][2]) è una località della Grecia nella periferia dell'Epiro (unità periferica della Tesprozia) con 7.859 abitanti secondo i dati del censimento 2001.[3]
Dal 2011[4] in seguito al Programma Callicrate, Paramythia fa parte dal punto di vista amministrativo di un unico comune denominato Souli.
Geografia
Paramythia è ad un'altitudine di 750 m alle falde della montagna Korila (Κορύλα), tra i fiumi Acheronte e Kalamà.
Storia
Costruita in epoca antica, intorno nel 1000 a.C., è stata nel tempo attraversata da vari popoli che l'hanno colonizzata (illiri, antichi greci, romani, bizantini, normanni, slavi, turchi).
Il nome deriverebbe dalla chiesa della Madonna di Paramythia, che nel greco antico in uso nella liturgia significa consolazione (παρηγορήτισσα). Durante il periodo bizantino la città era conosciuta anche come Agios Donatos (Άγιος Δονάτος), riferibile a San Donato di Eurea, patrono della città. Questa è anche la base del toponimo albanese, nel passato utilizzato in ambito turco-ottomano (Vilayet di Giannina) in Ajdhonat/Ajdonat e Aydonat.
Società
È caratterizzata ancora oggi da una popolazione locale (çamët, da Ciamuria, il nome della regione per gli albanofoni) che parla la lingua albanese in ambito domestico, seppure la loro lingua rischia di scomparire per le pressioni ormai decennali della politica nazionale[5][6][7][8][9].
Politica
Il comune è suddiviso nelle seguenti comunità (i nomi dei villaggi tra parentesi):
Originario da una famiglia della comunità albanese di Paramythia è Giovanni Paramithiotti, primo presidente della squadra italiana di calcio Football Club Internazionale Milano.
Dal 1912, l'acquisizione del nuovo Stato greco dell'Epiro, ha fatto sì che si puntasse sulla assimilazione culturale della popolazione autoctona, in maggioranza albanese musulmana e cristiana ortodossa in minoranza. Dopo la pacifica convivenza iniziale, lo scambio delle popolazioni greco-turche del 1922 ha colpito enormemente la gente anche di Paramythia, definita turca in quanto musulmana o greca perché ortodossa, senza tener conto dell'identità etnica. Dal 1945, con la scusante della guerra italo-greca, la popolazione locale è stata sistematicamente eliminata dalla politica nazionalistica greca, il cosiddetto "genocidio dei cham" (cui morirono circa 20.000 persone, tra donne, bambini e anziani), una vera e propria pulizia etnica. Numerosissimi furono costretti a lasciare come esuli la propria terra e la propria casa per fuggire alla persecuzione perché accusati dai greci di collaborazionismo con gli italiani fascisti. La difficile e annosa questione rimane ancora irrisolta, divenuta ormai caso nazionale di incomprensione tra Grecia e Albania, ciò provocando non poco fervore e dispiacere per i locali e soprattutto per gli esuli e i loro figli, attualmente impossibilitati dall'Albania a potersi recare nelle loro terre e proprietà.
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