Tortorici (Turturici in siciliano) è un comune italiano di 5 734 abitanti[4] della città metropolitana di Messina in Sicilia.
Tortorici comune | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Città metropolitana | ![]() |
Amministrazione | |
Sindaco | Carmelo Rizzo Nervo[1][2] (lista civica) dal 13-11-2022 |
Territorio | |
Coordinate | 38°01′51″N 14°49′27″E |
Altitudine | 468 m s.l.m. |
Superficie | 70,5[3] km² |
Abitanti | 5 734[4] (30-6-2022) |
Densità | 81,33 ab./km² |
Frazioni | Batana, Bruca, Capreria, Cappuccini, Colla, Casitti, Fiumara, Grandusa, Grazia, Ilombati, Lembo, San Filippo, Martini, Masugna, Mercurio, Marù, Moira, Pagliara, Parisi, Piano Canne, Potame, Pullo, Randi, San Leonardo, Salvo, Sant'Andrea, Santa Nagra, Sceti, Sciortino, Serro Alloro, Serro Polino, S. Sergio, Torre |
Comuni confinanti | Bronte (CT), Castell'Umberto, Floresta, Galati Mamertino, Longi, Randazzo (CT), San Salvatore di Fitalia, Sinagra, Ucria |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 98078 |
Prefisso | 0941 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 083099 |
Cod. catastale | L308 |
Targa | ME |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[5] |
Nome abitanti | oricensi / tortoriciani |
Patrono | san Sebastiano |
Giorno festivo | 20 gennaio |
Cartografia | |
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Sito istituzionale | |
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Grazie alla presenza di numerosi boschi ricchi di noccioleti sparsi in tutte le 72 borgate, Tortorici viene soprannominata "Città della Nocciola", venendo inoltre ricordata come "Città delle Campane" e "Valle dell'Ingegno".
È un comune del Parco dei Nebrodi, che sorge in una suggestiva vallata, circondata da monti e colline disseminate di case.
Il centro è dominato da Monte San Pietro.
I nomi di origine greca di alcune delle sue 72 contrade (c.da Moira-destino; c.da Potame-fiume) fanno pensare ad origini antichissime che la leggenda collega ad Enea. Probabilmente fondata in epoca bizantina da popolazioni di origine greca, che dal VII, VIII secolo si spostarono prima nell’Africa del Nord e successivamente si trasferirono in Sicilia e nell’Italia Meridionale, a seguito dell’Occupazione araba dell’Africa Mediterranea.
Forse identificabile con la località di Mangabah sotto la dominazione araba, risorta durante il periodo normanno, citata già nel 1082 come Turri Polit ed in successivi documenti dal 1151 come Terra di Turris Tudich o Turris Tudith.
I primi documenti che la citano sono comunque della fine del secolo XI quando i Normanni istituiscono le diocesi di Troina e Patti.
Sotto gli Svevi Tortorici è dominio feudale dei Pollichino e quindi dei Moncada e Mastrilli.
È nel 1300 che Tortorici avvia la sua espansione, costruisce le chiese oltre la cinta muraria, come S. Nicolò ed il SS. Salvatore, spingendosi anche oltre il fiume con la costruzione delle Chiese di S. Maria de Platea, S. Domenica, e S. Maria extra menia. Oltre la medievale cinta muraria non sorgono solo chiese, ma anche case, palazzi, opifici, botteghe; Se l’arte della fusione del bronzo è quella che ha dato maggior prestigio e notorietà a Tortorici, fiorente è anche la lavorazione del rame, l’agricoltura e l’estrazione dell’oro.
La presenza di una forte borghesia, che trae le risorse dalle attività artigianali ed agricole, ma anche dalle attività professionali, fa maturare nei cittadini, la convinzione di doversi riscattare dalla servitù feudale, anche perché con la riforma amministrativa del 1583 che divideva la Sicilia in 44 Comarche, nei Nebrodi sono istituite le Comarche di Patti, Mistretta e Tortorici. Quest’ultima aveva giurisdizione su 14 comuni: Alcara, Castania, Ficarra, Galati, Longi, Martini, Militello, Naso, Raccuja, S. Salvatore, Sinagra, Ucria, S. Marco con le terre di Capri, Mirto e Frazzanò, con 29909 abitanti censiti.
Nel 1630 si libera però del giogo feudale divenendo città demaniale con diritto a sedere nel Parlamento siciliano e a potersi fregiare del titolo di “Fidelis et Victoriosa Civitas”.
La città vive i suoi momenti di maggiore splendore nei secoli XVI – XVII e XVIII. Fiorisce infatti un artigianato artistico le cui opere hanno sfidato i secoli. Maestri scalpellini nel 1602 hanno ricostruito la Chiesa di San Francesco (Monumento nazionale) con annessi campanile e convento dei francescani che aprirono una scuola di filosofia e teologia. È del 1700 la ricostruzione delle chiese di Santa Maria e San Nicolò, solo per citarne alcune delle 39 esistenti.
La presenza di oltre 70 preti elevava il tono culturale delle comunità ma rappresentava anche un freno alla soluzione delle furibonde e secolari lotte insorte fra queste due ultime chiese per questioni di matriciato. I mastri campanari costruivano campane di tutte le dimensioni che si trovano nelle chiese di quasi tutta la Sicilia.
Il pittore Giuseppe Tomasi invadeva, con i suoi dipinti dal forte taglio caravaggesco, tutte le chiese della Sicilia Orientale dove si possono ancora ammirare.
Opere finissime in oro, argento, bronzo, rame, ferro battuto, venivano incessantemente create per uso interno ed esportazione.
Nel settore dell’industria si costruivano mulini, “paraturi” (gualchiere per la lavorazione dell’albagio) e martelletti per la laminazione del rame. Si producevano seta e profumi. Con questi prodotti e con la sua cultura invadeva i 14 paesi che gli facevano capo.
Tanto splendore vi fu malgrado una alluvione apocalittica che nella notte del 6 giugno 1682 cancellò buona parte della città che, con seicento morti, da 980 fuochi si ridusse a 470 fuochi.
Con l’inizio del nostro secolo i Tortoriciani promuovono intense attività commerciali avvalendosi principalmente dell’allora pregiato prodotto delle nocciole che collocavano sul mercato di Catania dove acquistavano tutte le specie di mercanzie; però imboccano il cammino che li farà nobili decaduti. Vengono infatti spogliati di quasi tutti gli uffici pubblici che vengono concentrati nella vicina Sant’Agata Militello; i professionisti si allontanano per andare a ricoprire cariche pubbliche e tuttavia lontane; gli artigiani sopraffatti dai prodotti dell’industria, si allontanano in cerca di migliore fortuna; i contadini, dopo secoli, abbandonano la coltivazione dei noccioleti che coprono oltre la metà del territorio.
L’incomparabile bellezza del paesaggio, la natura incontaminata, la variegata vegetazione (noccioleti, castagneti, cerrete, faggete), la pluralità di laghi (Badessa, Trearie, Cartolari) unitamente all’umile Petagnaea gussonei che ha imposto nel vallone Calagni la costituzione di una riserva naturale, fanno di Tortorici ancora un paese di forte attrazione, dove si può godere delle bellezze naturali e si possono ammirare i monumenti e le opere pervenuti dal passato.
Accanto a Chiese e Monumenti, esiste un suggestivo centro storico fatto di un dedalo di viuzze nelle quali è possibile ammirare le chiavi di volta delle porte in pietra finemente istoriata. Esiste ancora il Mulino delle Ferriere (di proprietà comunale) costruito nel 1684, attivo fino al 1950, che fino al 1932 – data di chiusura delle controversie con l’usuraio Pallavicino e suoi aventi causa – costituiva una delle garanzie per il pagamento del debito di 14.000 once contratto tre secoli prima.[6]
Lo stemma è stato concesso con decreto del presidente della Repubblica dell'8 novembre 1982[7]:
«D’oro ad un’aquila bicipite di nero; in cuore uno scudetto d’argento caricato da due tortore affrontate ferme sulla chioma di un albero al naturale sradicato. Ornamenti esteriori da Comune[8].» |
Il gonfalone, concesso con lo stesso atto[7], è un:
«Drappo di bianco, riccamente ornato di ricami d’argento e caricato dallo stemma comunale con la iscrizione centrata in argento: Comune di Tortorici. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L’asta verticale è ricoperta di velluto bianco con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia è rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’argento[8].» |
Abitanti censiti[9]
La lunga festa in onore di S. Sebastiano inizia il primo gennaio con il suono della campana e l'esposizione del Santo alla Città.
La prima manifestazione è la Bula che cade il sabato più vicino alla festa. La domenica precedente la Festa, in mattinata, al rientro dalla processione di S. Antonio Abate, i devoti danno inizio alla Sfilata dell'Alloro lungo le vie della Città fino alla Chiesa di S. Maria Assunta. Durante la lunga processione verso la Chiesa Madre, suonatori di Zampogna, Fisarmonica e Tamburelli accompagnano i devoti, creando un'atmosfera di gioia e armonia e suscitando sempre più interesse da parte di curiosi e cultori delle tradizioni.
La festa vera e propria si celebra ogni anno, puntualmente, il 20 gennaio; i devoti che hanno un voto da sciogliere, vanno "nudi" al Santo: gli uomini, in segno penitenziale vestono di bianco con camicia e pantalone, un fazzoletto piegato a forma di triangolo al cinto e piedi nudi; le donne, anche loro a piedi nudi, indossano camicie e gonne bianche, con un fazzoletto che copre la testa. Esse precedono e seguono, nella processione o nella questua, il Santo. Il rito religioso si celebra nella Chiesa di S. Maria Assunta, con la partecipazione delle autorità locali e rinnovando una secolare tradizione che prende il nome di Senato: i Giurati nel '600, i Senatori nel '700 e i Sindaci dal '800 in poi, preceduti dai mazzieri si recano in Chiesa consegnando, in segno di omaggio al Santo, le chiavi della città. A mezzogiorno inizia la Processione per le vie della Città. L'artistica "Vara" è portata solo dai nudi, e rappresenta un privilegio ma anche un obbligo penitenziale. La prima tappa della Processione è nel Fiume Calagni dove i devoti fanno sostare la vara invocando la grazia, questo rito rappresenta il complesso rapporto della Città di Tortorici con i fiumi, che da sempre hanno fornito acqua per i bisogni alimentari, per l'irrigazione dei campi, per far funzionare mulini, ma che spesso, però, con le inondazioni o i diluvi, hanno distrutto o danneggiato il territorio. Il Santo viene invocato per scongiurare i danni. Dopo la sosta nel Fiume Calagni inizia la « questua », il Santo viene portato per le vie della Città rientrando nella Chiesa di S. Nicolò dove permane fino all'ottava.
Nella domenica successiva al 20 gennaio, si svolge "l'ottava": la Statua del Santo viene portata nuovamente in processione, sino all'arrivo nella Chiesa Madre. Proprio qui, il giorno successivo, viene celebrato "u pirdunu" (in italiano, il perdono), in cui viene chiesto a San Sebastiano il perdono per i peccati commessi il giorno della Festa.
Soprannominata "Valle dell'Ingegno", Tortorici ha mantenuto per secoli il primato in un'attività molto speciale: la fonditura di Campane. Le opere prodotte sono state esportate in tutta la Sicilia a partire dal 1500, ma, nel 1682 un'alluvione distrusse opere e gran parte della città. Da allora, Tortorici ha cercato di riprendere l'attività di un tempo con scarsi risultati[10]. In particolare, una poesia tradizionale recita:
(SCN)
«Turtura nun canti chiù supra la Nuci, |
(IT)
«Tortora non canti più sopra quel Noce, |
(Poesia tradizionale Tortoriciana) |
A partire dagli anni '80, uno studioso di Musica Etnica, il maestro Gemino Calà, ha condotto numerosi studi sulle musiche tradizionali di Tortorici. In particolare egli ha creato un nuovo arrangiamento musicale, basandosi sull'antico canto: " 'A Nuciddara". Il testo è stato tramandato nel corso dei secoli dai Tortoriciani, che, tra i noccioleti, allietavano le giornate di raccolta intonando versi di questo canto[11].
Un ballo tipico è invece il "Lanzet", che risale ad antichissime tradizioni pastorali e continua ad essere tramandato ancora oggi tra gli abitanti di Tortorici[12].
Tortorici è composta da 72 borgate, tra le quali ricordiamo: San Filippo, Fiumara, Serro Polino, San Costantino, Margio di Carlo, Capreria, Sceti, Serro Petrolo, Mercurio, Sciortino, Moira, Torre, Sant'Andrea, San Luigi, Grandusa, Colla, Masugna, Lembo, Santa Nagra, Parisi, Pagliara, Batana, Ilombati, Marù, Acqua di Sale, Cappuccini, Potame, Serro Alloro, San Leonardo, San Bartolomeo, Santa Rosalia, Sciara, Bruca, Randi e Grazia. Tra le più grandi, che costituiscono i centri più popolosi, troviamo Sceti, Moira, Serro Alloro, Sciortino, Mercurio e Pagliara.
Di seguito è presentata una tabella relativa alle amministrazioni che si sono succedute in questo comune.
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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24 novembre 1987 | 25 giugno 1990 | Sebastiano Antonino Lupica | Democrazia Cristiana | Sindaco | [13] |
25 giugno 1990 | 20 febbraio 1991 | Rosario Antonino Parasitili Collazzo | Democrazia Cristiana | Sindaco | [13] |
20 febbraio 1991 | 4 gennaio 1992 | Onofrio Zaccone | Comm. pref. | [13] | |
25 gennaio 1992 | 8 giugno 1993 | Sebastiano Antonino Lupica | Democrazia Cristiana | Sindaco | [13] |
8 giugno 1993 | 4 dicembre 1995 | Rosario Antonino Parasitili Collazzo | Democrazia Cristiana | Sindaco | [13] |
4 dicembre 1995 | 29 novembre 1999 | Carmelo Rizzo Nervo | lista civica | Sindaco | [13] |
29 novembre 1999 | 14 giugno 2004 | Carmelo Rizzo Nervo | lista civica | Sindaco | [13] |
16 giugno 2004 | 8 giugno 2009 | Maurilio Foti | lista civica | Sindaco | [13] |
8 giugno 2009 | 25 maggio 2014 | Carmelo Rizzo Nervo | lista civica | Sindaco | [13] |
25 maggio 2014 | 28 aprile 2019 | Carmelo Rizzo Nervo | Sindaco | [13] | |
29 aprile 2019 | in carica | Emanuele Galati Sardo | lista civica | Sindaco | [13] |
Il comune di Tortorici fa parte delle seguenti organizzazioni sovracomunali: regione agraria n.2 (Nebrodi nord-occidentali)[14].
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