Rapone è un comune italiano di 877 abitanti[1] della provincia di Potenza in Basilicata.
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Rapone comune | |||
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Localizzazione | |||
Stato | ![]() | ||
Regione | ![]() | ||
Provincia | ![]() | ||
Amministrazione | |||
Sindaco | Felicetta Lorenzo (lista civica Uniamo Rapone) dall'8-6-2009 (3º mandato dal 27-5-2019) | ||
Territorio | |||
Coordinate | 40°51′N 15°30′E | ||
Altitudine | 838 m s.l.m. | ||
Superficie | 29,51 km² | ||
Abitanti | 877[1] (31-12-2021) | ||
Densità | 29,72 ab./km² | ||
Frazioni | Mazzapone, Forestella, Pediglione, Piano la Corte | ||
Comuni confinanti | Calitri (AV), Castelgrande, Pescopagano, Ruvo del Monte, San Fele | ||
Altre informazioni | |||
Cod. postale | 85020 | ||
Prefisso | 0976 | ||
Fuso orario | UTC+1 | ||
Codice ISTAT | 076065 | ||
Cod. catastale | H187 | ||
Targa | PZ | ||
Cl. sismica | zona 1 (sismicità alta)[2] | ||
Cl. climatica | zona E, 2 433 GG[3] | ||
Nome abitanti | raponesi | ||
Patrono | san Vito | ||
Giorno festivo | 15 giugno | ||
Cartografia | |||
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Sito istituzionale | |||
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Il paese sorge in collina, a 838 m s.l.m., lungo la valle del fiume Ofanto. Il territorio del comune ha un'estensione di 29 km2.
Di origine antichissima, presenta segni di insediamenti risalenti al Paleolitico. Probabilmente fondato dagli abitanti di "Rapone vecchio", situato sopra la Serra delle Pietre, sulla destra dell'Ofanto, da lì trasferitisi a causa delle conseguenze della guerra greco-gotica che nell'area settentrionale della Basilicata e nell'Ofanto interno durò fino all'anno 555. Lo storico Giacomo Racioppi ritiene il toponimo bizantino; tuttavia c'è chi lo considera nel senso preciso di abitato nuovo, sorto dalla fatica e dalla sfortuna, dal greco "Ra-pono". Da allora il nuovo abitato cominciò ad essere riportato nei documenti normanno-angioini. Sotto i sovrani Guglielmo I e Guglielmo II e fino al 1169, Rapone appartenne, come suffeudo non ancora assegnato, alla contea di Conza, mentre nel periodo svevo è annoverato con i casali di Bella, Pierno e San Tommaso di Ruvo tra quelli incaricati da Federico II di provvedere alla riparazione del castello di San Fele dopo la morte avvenuta a Foggia nel 1241 di Isabella d'Inghilterra, terza moglie dell'imperatore. Il feudo di Rapone come quasi tutti i feudi e le terre del bacino interno dell'Ofanto fu coinvolto nei fatti dell'insurrezione ghibellina del 1268 contro gli Angioini in favore degli Svevi. Infatti in conseguenza di tali eventi Carlo I d'Angiò lo assegnò nel 1271 a Herveo de Chevreuse insieme a Cisterna, Pietrapalomba Rapolla. Il feudo di Rapone passò ad Altruda di Dragoni, la quale era andata in sposa a Giovanni Galardo con un matrimonio celebrato a Foggia alla presenza del cognato Guglielmo Galardo e dello stesso sovrano di Napoli. Col tipico sistema feudale dei secoli scorsi Rapone passò in mano a diverse famiglie: i Pipino, i Sanseverino, i Ruffo, i d'Alemagna e i Sinerchia che lo tennero insieme a Castelgrande e al feudo di Sant'Andrea sino alla confisca avvenuta a seguito della loro partecipazione alla congiura dei baroni ordita nel castello di Miglionico nel 1485. In seguito passò ai Carafa, i quali lo vendettero ai D'Anna che lo governarono sino all'abolizione della feudalità, avvenuta nel 1806.
Stemma e gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 23 luglio 2004.[4]
«Di azzurro, al braccio destro posto in fascia, movente dal lembo sinistro, vestito di rosso, la mano e il polso di carnagione, la mano afferrante lo stiletto di argento, guarnito d'oro, posto in palo, con la punta all'insù, esso braccio accompagnato in capo dal sole orizzontale destro, d'oro, e in punta dalle due montagne, fondate in punta, di verde, la montagna a sinistra con il declivio destro parzialmente celato dalla montagna a destra. Ornamenti esteriori da Comune.» |
«Drappo di bianco con la bordatura di azzurro.» |
Abitanti censiti[5]
Al 31 dicembre 2018 risultano residenti sul territorio comunale 16 cittadini stranieri.[6]
Conoscere la realtà di un qualsiasi borgo, anche del più piccolo, comporta sì la conoscenza della sua posizione geografica, dei suoi panorami naturali e storici, delle informazioni sui suoi abitanti, sulla sua economia, ma comporta anche la conoscenza delle sue tradizioni culturali e le fiabe, al loro interno, occupano sicuramente un posto di rilievo. È un dato di fatto che la fiaba rappresenta il mondo interiore dell'individuo, le sue angosce, le sue paure, le sue pulsazioni più recondite e i suoi desideri. La fiaba popolare soprattutto, con i suoi personaggi fantastici, allo stesso tempo sinistri e avvincenti, con la complessità della sua magia conduce il lettore ad immergersi in una realtà inquietante che intriga e spaventa. Secondo quanto scrive lo studioso lucano Giuseppe Nicola Molfese nel suo libro "Ceneri di civiltà contadina in Basilicata", nella Lucania e nell'Italia meridionale tutta, "la magia è una credenza che avvince ed incuriosisce e detiene un posto di notevole importanza nelle quotidiane manifestazioni della vita".[7]
Nel voler tramandare i racconti fiabeschi il comune di Rapone, aderendo al progetto PIOT (Progetti Integrati di Offerta Turistica) è stato denominato "Paese delle Fiabe" con l'obiettivo di far conoscere il proprio territorio accostandolo agli affascinanti racconti popolari; a tale scopo è stato istituito anche il museo multimediale e interattivo "C.E.R.A...una volta", immerso nel verde della Contrada Forestella e dedicato proprio al racconto virtuale della cultura contadina. Il Centro di Educazione Rurale Ambientale, attraverso proiezioni video, postazioni multisensoriali ed installazioni interattive, offre al visitatore l'opportunità di vivere momenti di vita contadina reale, di assistere alle sue quotidiane e scandite attività oltre che ascoltare le fiabe popolari, direttamente dalla voce di coloro che sfortunatamente hanno fatto l'esperienza di incontrare alcuni dei protagonisti di queste storie.
Rapone sembra proprio essere la cornice perfetta entro cui si inseriscono le oscure creature fiabesche: nella fitta vegetazione del suo bosco, tra i suoi stretti vicoli, si può immaginare di incontrare figure come "a Mana Longh", "u Scorciaman", "a Masciara", "u Lup Comunal", "u Scazzamauriedd". Conosciamole attraverso la descrizione dei loro aspetti più peculiari, così come ci sono stati tramandati di generazione in generazione, dal racconto diretto dei nostri avi alle testimonianze scritte e raccolte nei numerosi testi di antropologia culturale e tradizioni popolari sulla terra di Lucania.
Secondo la tradizione popolare, "Mana Longa" e "Scorciamana" sono raffigurate come serpenti malvagi: il primo con lunghe mani abita nei pozzi da dove può afferrare chiunque si affacci per guardare giù, il secondo con denti affilati e aguzzi popola case abbandonate e vecchi ruderi, pronto a mangiare la pelle delle mani di chi si avvicina. La loro storia veniva raccontata essenzialmente ai piccoli proprio allo scopo di evitare che si recassero in luoghi pericolosi, spinti dalla curiosità. La fiaba di "a Mana Longa" e "u Scorciamana" pertanto riflette la paura degli adulti nei confronti dei bambini, inconsapevoli della pericolosità di luoghi sconosciuti, il rappresentarli come delle serpi è un chiaro riferimento alla figura biblica del serpente tentatore nel paradiso terrestre: ed ecco qui l'intreccio del sacro e profano, tipico dell'animo popolare che crede in Dio, il bene, ma anche in esseri magici e misteriosi, il male.
Tra le signore del piccolo borgo di Rapone la Masciarà passeggia liberamente, non destando alcun sospetto e chiedendo ai passanti un pezzo di formaggio o di pane o qualsiasi altra cosa, questi ultimi ignari che un loro diniego può essere causa di sciagura. La tradizione dice che la Masciarà è un personaggio vendicativo e pertanto un rifiuto alla sua richiesta fa sì che il passante possa ritrovarsela, di notte, ai piedi del letto pronta a pizzicarlo o ad affatturarlo. Esistono però dei rimedi per evitare che la Masciarà faccia del male o addirittura, unta di olio, entri in casa passando sotto la porta[8]: mettere sotto il cuscino un paio di forbici o davanti all'uscio una scopa di saggina o un sacchetto di granelli di sabbia. La Masciarà è terrorizzata dalle forbici perché di ferro, materiale di cui ha paura, e, riguardo alla scopa o la sabbia, prima di entrare, è costretta a contare i suoi fili o i granelli, un'operazione che comporta molto tempo e quindi il sopraggiungere del giorno quando la creatura malvagia non può più fare del male.
Chi nasce la notte della vigilia di natale, a mezzanotte, secondo la tradizione popolare, è condannato ad essere il famigerato "lup Comunalo"; nelle notti di luna piena l'uomo perde le sembianze umane e si trasforma in "lupo mannaro", ossia il licantropo, capace di azzannare e uccidere qualsiasi persona incontri per strada. Ma anche in questo caso c'è un rimedio: se la persona che si imbatte nella bestia feroce riesce coraggiosamente a pungerlo con un bastone di ferro, il lupo mannaro ferito, perde sangue e ritorna essere umano.
L'ultimo personaggio fiabesco della tradizione popolare raponese è "u Scazzamaurieddo", il diavoletto dal cappellino rosso che ricorda il folletto irlandese del Leprechaun con cui ha in comune sicuramente l'attitudine a fare scherzi e dispetti, sebbene quelli dello Scazzamaurieddo sembrano più malefici. Infatti la fiaba racconta di una strana creatura che di notte compare nelle case e si siede sulla pancia delle persone diventando sempre più pesante al punto da far scoppiare il malcapitato a meno che questi non riesce a togliergli il cappello e a non restituirglielo più. Pur di averlo indietro il diavoletto è disposto a dargli un tesoro immenso di cui la persona può impossessarsene solo se ha un pezzo di ferro in mano che, poggiato sul tesoro, lo rende proprietario. Se ciò non accade lo spiritello fulmineamente scompare insieme al tesoro.[9].
Rapone è inserito nel percorso del Cammino delle fiabe e delle stelle[10] che attraversa anche i Comuni di Castelgrande, Bella e Balvano[11].
L'abitato, essendo circondato da boschi e da terreni adatti per i pascoli, è costellato da varie aziende silvo-pastorali, in particolare per l'allevamento degli ovini e per la produzione di ottimi formaggi. Nel paese è molto praticato anche l'artigianato del legno e del ferro battuto.[12]
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Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
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1995 | 2004 | Angelo Cappiello | centro | Sindaco | |
2004 | 2009 | Patrizia Gamma | La Margherita | Sindaco | |
2009 | in carica | Felicetta Lorenzo | lista civica | Sindaco | |
Dal 1995 il territorio di Rapone, zona montagna, ospita e condivide con San Fele la Prova Speciale più importante, perché più lunga e selettiva, del Rally Puglia & Lucania che nell'ottobre 2013 giunse alla sua 25ª Edizione. Tale gara costituisce il più importante appuntamento sportivo della Basilicata avendo validità per i Campionati Italiani "Trofeo Rally Terra" e "Cross Country Rally" ed il Campionato F.I.A. Central European Zone di quest'ultima specialità, riconducibile al modello DAKAR.
La squadra di calcio del paese è l'A.S.D. Atletico Rapone, fondata nel 2017 dalle ceneri della vecchia A.S.D. Calcio Rapone e militante nel campionato di Promozione. Al suo primo anno in ambito calcistico, l'Atletico Rapone si classificò come seconda nella coppa "Mimmo De Lucia" di Seconda Categoria, perdendo la finalissima allo stadio comunale di Avigliano (PZ) contro il Real Balvano per 2-0. L'anno successivo vince il campionato di Prima Categoria all'ultima giornata contro il Banzi meritando così la promozione diretta nel torneo cadetto regionale. Record storico per la comunità raponese in quanto non ha mai raggiunto il campionato di Promozione. Nella stagione 19-20 il Rapone ha concluso all'8ºposto la stagione interrotta a causa del Covid-19.
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